UN GAP DA COLMARE
Nelle classifiche che misurano l'educazione finanziaria, i giovani italiani (ma anche i non più giovani) compaiono tra gli ultimi posti in Europa. Per questo, il Forum Ania - consumatori ha deciso che la sensibilizzazione su questo tema doveva partire dalla scuola, promuovendo il programma Io & i rischi che, in cinque anni, ha già raggiunto oltre 90 mila ragazzi
02/03/2017
“Ipotizza di avere 100 euro in un conto in banca, con un tasso di interesse nominale annuo del 2%. Quanto ci sarà sul conto dopo cinque anni se non versi altri soldi né li ritiri?”. Questa domanda è stata sottoposta a un campione di circa 1.500 ragazzi delle scuole superiori che tra il 2014 e il 2016 hanno partecipato a Io & i rischi, il progetto di educazione assicurativa e finanziaria ideato dal Forum Ania-Consumatori. A rispondere positivamente è stato il 76,7% del campione. Secondo l’analisi svolta dai ricercatori del centro studi Baffi Carefin (Università Bocconi), Patrizia Contaldo e Francesco Saita (quest’ultimo direttore), la percentuale significativa di risposte errate evidenzia il gap da colmare, soprattutto se si pensa alla necessità di questi adolescenti di costruire il proprio percorso previdenziale. Iniziative come quella messa in campo dal Forum Ania-Consumatori hanno proprio l’obiettivo di ridurre il divario che separa i ragazzi italiani da una piena consapevolezza di cosa significhi gestire i rischi e pianificare il proprio futuro finanziario.
Su come parlare agli studenti (ma non solo) di questi argomenti si è discusso nel corso di una tavola rotonda, moderata dal direttore di Insurance Review, Maria Rosa Alaggio, che ha visto la partecipazione di Giacomo Carbonari, segretario generale del Forum Ania-Consumatori, Gianluca Di Ascenzo presidente del Codacons, Roberto Fini, presidente dell’Aeee (Associazione europea educazione economica), nonché dei già citati Francesco Saita e Patrizia Contaldo.
I GIOVANI ITALIANI IN FONDO ALLA CLASSIFICA
Come ha ricordato Giacomo Carbonari, l’iniziativa Io & i rischi è nata proprio con l’obiettivo di far aumentare il più possibile il livello di consapevolezza su temi come prevenzione, mutualità e pianificazione del proprio futuro. L’analisi di Baffi Carefin sull’efficacia del trattamento e sulla valutazione di Io & i rischi “è stata molto importante, perché è riuscita a osservare il modo con cui l’iniziativa impatta su ragazzi e docenti, consentendoci di perfezionare alcuni aspetti, ed essere ancora più efficaci”.
I dati dicono che c’è una forte necessità di progetti come quello sviluppato dal Forum Ania-Consumatori. Gli indici internazionali di alfabetizzazione finanziaria vedono i ragazzi italiani posizionarsi nelle parti basse della classifica. Roberto Fini ha citato gli ultimi risultati emersi dal Pisa (Programme for international student assessment), l’indagine internazionale dell’Ocse che valuta ogni tre anni il livello di istruzione degli adolescenti dei principali Paesi industrializzati. Sulla alfabetizzazione finanziaria, i giovani italiani appaiono al penultimo posto tra i Paesi europei: dopo di noi, c’è solo la Polonia. “Nel nostro Paese – ha rilevato Fini – ci sono anche fortissime differenze territoriali: le regioni del Nord sono a livelli alti, quelle del Sud sono a livelli di sottosviluppo. I risultati del Pisa ci dicono che non c’è grande differenza tra competenze apprese a scuola e quelle apprese al di fuori. Solo al 20% degli studenti sono impartite competenze economiche a livello curricolare. L’economia, intesa come materia scolastica, non fornisce un valore aggiunto particolarmente forte, mentre è forte quando viene apportato da questi progetti extra-curricolari”.
LA RACCOLTA DI INFORMAZIONI È FAI DA TE
L’indagine di Baffi Carefin ha analizzato il ruolo giocato dalla scuola e dalla famiglia. “A partire dai 14 anni – ha spiegato Patrizia Contaldo –, scuola e famiglia hanno meno peso: i ragazzi danno più importanza alle informazioni raccolte attraverso i giornali e internet”. I giovani hanno un modo di approcciarsi all’informazione molto differente rispetto al passato, da un certo punto di vista più ampio rispetto al semplice approccio del quotidiano cartaceo: “i giovani – ha osservato Contaldo – si creano una propria personale rassegna stampa. Questo però ha il limite di avere una eccessiva selezione rispetto alla varietà che si può trovare all’interno di un quotidiano tradizionale, dove sono presenti notizie di ogni genere”. Quindi, se ci si informa prevalentemente seguendo i propri interessi, diventa sempre più difficile catturare l’attenzione dei ragazzi su temi complessi e apparentemente di scarso appeal.
DUE PASSAGGI CHIAVE
A livello europeo esistono molti esperimenti di educazione finanziaria. Tuttavia, secondo Francesco Saita, occorre prima considerare i differenti punti di partenza di ogni singolo Paese. “Esistono aspetti strutturali molto diversi in ogni nazione, come quelli riguardanti i sistemi pensionistici. In Regno Unito, ad esempio, la previdenza funziona in modo diverso rispetto all’Italia, e quindi è probabile che l’argomento pensionistico si respiri da sempre in famiglia”. Va tuttavia sottolineato che ora anche da noi sta cambiando il contesto e dunque “non si può più prendere come riferimento previdenziale l’esperienza familiare di genitori e nonni”. Serve, quindi, un approccio diverso rispetto a quello respirato in famiglia. Saita individua due passaggi chiave: “il primo passo è avvicinare i giovani al tema perché si comprenda un bisogno; il secondo è capire come far acquisire informazioni in modo strutturato e serio. In questo senso, il ruolo della scuola è molto importante”.
BOCCIATI ANCHE GLI ADULTI
Estendendo il campo di osservazione su tutta la popolazione italiana, il livello di alfabetizzazione finanziaria è forse ancora più preoccupante. Gianluca Di Ascenzo ha citato alcuni sondaggi svolti dalla Consob, da cui è emerso che “temi come la comprensione della rischiosità di un investimento, la diversificazione o il rapporto tra rendimento e rischio sono assolutamente sconosciuti a circa metà popolazione. Questo ci dice che le attività svolte in questi anni dalle associazioni non sono state così efficaci come avremmo voluto”. Qualcosa, però, forse si sta muovendo: attualmente, in Parlamento, sono in discussione due ddl sull’educazione finanziaria che, ispirandosi al modello anglosassone, intendono creare un comitato o un’agenzia che possa coordinare tutte le iniziative di educazione finanziaria per renderle sistematiche e più efficaci. Tuttavia questa materia non sembra rientrare nelle priorità dell’agenda politica, ed è fortemente condizionata da riflessioni e dibattiti sulla capacità di copertura economica. “Il fabbisogno di educazione finanziaria – ha evidenziato Di Ascenzo – è presente tanto nei giovani quanto negli adulti. La scarsa alfabetizzazione, del resto, la osserviamo non solo in ambito finanziario, ma anche relativamente al codice del consumo, cioè su tematiche che riguardano la realtà quotidiana. Come associazione dei consumatori, ancora oggi ci troviamo ad assistere in sede giudiziaria a risparmiatori che hanno investito il 100% del proprio patrimonio su un unico prodotto”. Se il consumatore a oggi non è consapevole di questa rischiosità in taluni strumenti, non sa nemmeno come si debba gestire il proprio patrimonio.
Di Ascenzo ha quindi citato ancora una volta i dati dell’ultimo rapporto Consob, da cui è emerso che solo il 30% dei consumatori ha coscienza di quanto spenda per la propria gestione familiare; l’altro 70% ha affermato di confidare nella propria memoria.
SPIEGARE LA COMPLESSITÀ IN MODO COMPRENSIBILE
“È chiaro che quando si parla di far evolvere una cultura diffusa nei confronti di un aspetto importante come la pianificazione del proprio futuro – ha affermato Carbonari – ci vuole molto tempo e servono diversi attori: scuola, famiglia, politica sono tra i primi chiamati a promuovere questa azione. Ma la grande leva può essere rappresentata dai media, che ci permettono di veicolare queste informazioni, facendosi carico di spiegare in modo comprensibile un tema abbastanza complesso”. Dalla ricerca emerge che, quando sollecitato, l’interesse c’è. E arrivano anche i risultati. “Ci preoccupava l’aspetto relativo alla chiarezza delle informazioni – ha rivelato Giacomo Carbonari – ma la ricerca realizzata da Baffi Carefin ha evidenziato che, sotto questo aspetto, gli studenti sono rimasti soddisfatti. Un altro interessante aspetto emerso è che i ragazzi iniziano a interrogarsi su come agire per mettere al sicuro il proprio futuro. È forse il segnale di comprensione del cambiamento. I ragazzi hanno intuito che il loro futuro sarà diverso da quello dei loro genitori”.
Quali azioni concrete possono quindi essere messe in campo per rafforzare i contenuti del progetto? “Relativamente alla parte finanziaria – ha spiegato Francesco Saita – è necessario tener presente il livello di partenza basso che coinvolge giovani e adulti su un tema su cui non c’è interazione in famiglia. Per quanto riguarda i metodi, si può pensare a implementare la proposta di video, uno strumento che più di altri può conquistare l’interesse delle persone”.
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