LE INSURTECH RESTANO IL FUTURO
Nonostante le recenti, in taluni casi anche gravi, problematiche che hanno afflitto alcune insurtech, Giuseppe Barbati di Acrisure Italia si dice convinto che ci siano potenzialità di crescita con modelli economicamente strutturati e sostenibili, e con piani di sviluppo che mirino alla solidità di medio lungo periodo: non più la sola vocazione alla disruption degli inizi, ma la pianificazione e la sostenibilità di un settore che non deve dimenticare la funzione sociale dell’assicurazione
09/09/2024
Le insurtech non se la stanno passando benissimo. Sono tante infatti le realtà del mercato che in tutto il mondo si sono ritrovate costrette negli ultimi mesi a dover fare i conti con qualche difficoltà finanziaria: perdite di bilancio, crisi di liquidità, mancanza di investimenti, persino ipotesi di vendita e dismissione, a volte anche la necessità di rivedere completamente il modello di business. Il caso più eclatante, se non altro per quello che la società ha rappresentato (e tuttora rappresenta) per il mondo delle insurtech, è forse quello di Lemonade. Lo scorso marzo, all’indomani della pubblicazione dei risultati di bilancio che hanno certificato nel 2023 un rosso da circa 237 milioni di dollari, il co-fondatore e ceo Daniel Schreiber è intervenuto sulle colonne del Financial Times per zittire i “brontoloni” (naysayers nella versione originale) e assicurare che la sua società non è in crisi di liquidità. “Non stiamo bruciando fondi, i livelli di liquidità stanno salendo”, ha affermato. Dall’ipo di quattro anni fa a giugno 2024 i titoli di Lemonade hanno perso oltre il 70% del proprio valore di borsa.
È inevitabile che notizie di questo genere facciano rapidamente il giro del mondo. Troppo ampia e diffusa la narrazione che ha accompagnato lo sviluppo di questi campioni di innovazione. E troppo alte forse anche le aspettative che sono state alimentate presso il grande pubblico. “Un business online, con una clientela 100% digitale, comporta, tra le altre cose, un rischio reputazionale che forse non è stato adeguatamente valutato e gestito”, osserva Giuseppe Barbati, managing director di Acrisure Italia. “Tutto deve funzionare alla perfezione, perché qui non c’è il filtro che in un modello tradizionale è garantito da agenti e broker: qui – prosegue – ogni lamentela finisce online, nelle recensioni e nei commenti sui social media, quindi all’attenzione di tutti, anche di potenziali clienti e investitori, cosa che può alimentare le difficoltà che abbiamo visto negli ultimi mesi”. Su Internet, come recitava una famosa vignetta del New Yorker, nessuno sa che sei un cane, ma tutti possono sapere se il tuo servizio non soddisfa le aspettative dei clienti.
L’AMBIZIONE DELLA DISRUPTION
“Penso che simili momenti di difficoltà siano del tutto normali, direi quasi ciclici, per un settore che fa dell’innovazione tecnologica il suo tratto distintivo e che, di conseguenza, ha costantemente bisogno di nuovi fondi per alimentare le sue attività di ricerca”, dice Barbati.Eppure, secondo il top manager, questa volta c’è qualcosa di diverso. Questa peculiare fase di mercato non passerà senza lasciare qualche segno. E le imprese del settore usciranno da questa situazione profondamente cambiate, anche ridimensionate nei loro propositi di disruption. Insomma, nessuna crisi delle insurtech, ma un percorso evolutivo verso una nuova normalità in cui, secondo Barbati, non ci sarà molto spazio per l’ambizione di diventare un assicuratore a tutto tondo. “Per fare il lavoro di una compagnia tradizionale bisogna disporre delle capacità e delle competenze di una compagnia tradizionale: credo che questo assunto – osserva il manager – sia stato un po’ trascurato”.
TUTTI ATTORNO ALLO STESSO TAVOLO
E allora come se ne esce? Magari adottando un modello di business che, una volta abbandonati tutti i propositi di disruption, si ponga l’obiettivo di rendere i propri progetti sostenibili a lungo termine e di sfruttare le nuove tecnologie per offrire un servizio a valore aggiunto a chi opera da anni nel settore e, di conseguenza, anche al cliente finale.
La parola d’ordine, in questo contesto, è una sola: partnership. Per illustrare il concetto, Barbati cita l’esempio della strategia adottata dalla sua società. “Nel 2020 Acrisure ha acquisito Tulco, una realtà specializzata in intelligenza artificiale e analisi del dato. L’operazione – ricorda il manager – ci ha consentito di sviluppare piattaforme che sono oggi in grado di elaborare un’enorme quantità di dati per fornirci indicazioni puntuali sulle caratteristiche dei clienti e sulle possibili strategie di vendita e pricing”. Le attività hanno preso pieno regime nel mercato statunitense e gli effetti dell’operazione sono già ben visibili. “Acrisure è il broker che a livello mondiale ha registrato la crescita maggiore negli ultimi cinque anni. Mettere compagnie, intermediari e insurtech attorno allo stesso tavolo – sostiene il manager – è certamente il modello più efficace per sviluppare soluzioni utili per il cliente finale”.
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UN POTENZIALE ANCORA ELEVATO
Acrisure continua dunque a puntare forte sulle insurtech. “La società stessa si presenta come un’insurtech”, osserva Barbati. Del resto, prosegue, “siamo convinti che, con le giuste soluzioni e un’accorta pianificazione, le insurtech rappresentino un’opportunità per il futuro di questo mercato”. Almeno in alcuni specifici ambiti di business.
Barbati, a tal proposito, cita l’esempio della telematica. “Non credo – dice – che le potenzialità della tecnologia siano state ancora pienamente sfruttate, nemmeno in un mercato della mobilità in cui il contributo offerto dalle scatole nere si è finora limitato alla scontistica e all’antifrode. Al momento di tariffe che possano dirsi puramente telematiche, ossia che sfruttino i dati raccolti per definire un premio davvero in linea con il profilo di rischio del cliente, non vi è traccia”. Le potenzialità del mercato restano dunque enormi. E si associano a quelle che potrebbero essere sprigionate dall’utilizzo dei dispositivi connessi in altri ambiti di business. “Strumenti digitali ormai diffusi fra la popolazione come vari wearable – prosegue Barbati – possono garantire un monitoraggio affidabile e costante della salute fisica del cliente, aprendo la strada allo sviluppo di soluzioni assicurative basate sullo stile di vita dell’utente: noi ci stiamo lavorando, ma onestamente – ammette – sono davvero poche le compagnie disponibili a ragionare su nuovi modelli e parametri di rischio”.
NESSUNA CONCORRENZA NELL’OFFERTA
Grande interesse stanno poi riscuotendo i nuovi modelli di offerta: polizze instant, micro e on demand, sistemi di embedded insurance in grado di promuovere e distribuire soluzioni assicurative in modalità 100% digitale, spesso tramite app con pochi clic sul proprio smartphone. “Credo che questo possa essere uno degli ambiti di maggior sviluppo per le insurtech”, afferma Barbati.
Bastano poche battute per capire che il broker, a differenza di quanto si sente spesso dire dagli intermediari,
non teme la concorrenza delle insurtech nell’offerta di polizze. Innanzitutto perché, a detta di Barbati, gli ambiti di business restano diversi. “Nessun agente o broker avrà mai interesse a vendere una polizza per uno smartphone o per un’auto presa a noleggio a Ibiza. Piuttosto il broker può aiutare a costruire queste soluzioni assicurative”. E poi perché, nella visione di Barbati, ogni operatore di mercato ha un ruolo ben definito all’interno del settore: le compagnie ci mettono la capacità finanziaria e gestionale, le insurtech l’infrastruttura tecnologica e l’intermediario la relazione con il cliente e la raccolta del dato per lo sviluppo di servizi a valore aggiunto. Barbati si sofferma in particolare su quest’ultimo punto. “Un intermediario moderno, che desidera distinguersi nel settore, non può oggi più limitarsi alla semplice vendita di polizze: deve essere consulente dell’assicurato, ma anche delle compagnie con cui collabora – spiega – fornendo indicazioni sulle esigenze del cliente e sviluppando servizi che possano, per esempio, migliorare la gestione sinistri dell’impresa assicurativa”.
L’OBIETTIVO DI ESSERE I PIÙ BRAVI
La vocazione alla consulenza di Acrisure si è tradotta nel lancio di Acrisure Services, una società dedicata unicamente alla fornitura di servizi a compagnie e clienti. “È ormai diventata una fetta importante del nostro bilancio”, dice Barbati.
La società proseguirà lungo questa strada. E magari aumenterà pure gli sforzi in settori che possono vantare grandi potenziali di crescita. Come nel caso degli eventi naturali e, più nel dettaglio, delle polizze parametriche. “Nel 2022 abbiamo rilevato Premium Intermediazioni Assicurative, realtà attiva proprio nel settore della gestione dei rischi naturali in ambito agricolo che, da come abbiamo avuto modo di vedere, ha registrato un crescente interesse per il comparto delle polizze parametriche”, illustra in chiusura Barbati. L’operazione è emblematica della strategia che Acrisure intende adottare nel prossimo futuro. “Vogliamo puntare forte su nicchie di mercato a elevato potenziale e alta specializzazione, non abbiamo molto interesse a comprare portafogli di massa: il nostro obiettivo – conclude – non è quello di essere i più grandi, ma i più bravi”.
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