LE INDICAZIONI DELL’UNIONE EUROPEA PER LE ETICHETTE
La questione dell’etichettatura dei prodotti alimentari sta diventando un elemento sempre più critico per le aziende del settore, dal momento che l’interesse dei consumatori per quanto attiene alla salvaguardia della salute e dell’ambiente è cresciuto a dismisura
09/02/2024
👤Autore:
Cinzia Altomare
Review numero: 111
Pagina: 52-58
☁Fonte immagine: Sergey Ryzhov – shutterstock
L’etichetta costituisce un punto cruciale, che ci aiuta a prendere decisioni consapevoli e a orientare i nostri acquisti, riportando una serie di informazioni, obbligatorie per legge, che ci aiutano a tutelare la salute nostra e dei nostri cari, ma che servono anche a fornire parametri di valutazione uniformi, consentendoci di scegliere questo, piuttosto che quel prodotto.
La consapevolezza di questa circostanza spinge quindi le aziende produttrici e distributrici ad andare oltre gli obblighi previsti dalla legge, fornendo informazioni in più: insomma delle indicazioni date volontariamente, per cercare di aumentare l’impatto sul consumatore, indirizzando la sua scelta.
In pratica, se da una parte l’Unione Europea ha fissato norme sull’etichettatura dei prodotti alimentari per aiutare i consumatori a effettuare acquisti consapevoli, dall’altra i produttori sono liberi di fornire qualsiasi altra informazione, purché sia accurata e non induca in errore il consumatore.
COME CONTRASSEGNARE GLI ALIMENTI
Per prima cosa, è necessario partire dalla definizione di etichettatura, riportata all’articolo 2 del Regolamento UE 1169/2011: “qualunque menzione, indicazione, marchio di fabbrica o commerciale, immagine o simbolo che si riferisce a un alimento e che figura su qualunque imballaggio, documento, avviso, etichetta, nastro o fascetta che accompagna o si riferisce a tale alimento”.
Dal momento che il requisito principale dell’etichetta alimentare è quello di informare il consumatore sulle reali caratteristiche del prodotto, è necessaria una totale chiarezza, a evitare qualunque tipo di illusione sul piano qualitativo e nutrizionale.
Pertanto, i requisiti minimi da garantire tramite l’etichetta alimentare saranno chiarezza, leggibilità (in termini di tipografia e dimensioni) e facilità di lettura (dal punto di vista grafico), nonché indelebilità.
Per quanto concerne la normativa vera e propria, le principali disposizioni che attengono all’etichettatura degli alimenti sono:
1. il Regolamento UE 1169/2011 summenzionato, che riguarda le informazioni che i prodotti preimballati, confezionati, sfusi o preincartati devono indicare al consumatore finale;
2. il Regolamento UE 775/2018, che indica le modalità di applicazione del precedente, con riferimento alle norme sull’indicazione del paese di origine o sul luogo di provenienza dell’ingrediente primario utilizzato;
3. il Decreto Legislativo 231/2017, che disciplina le sanzioni previste in Italia, nei casi di violazione dei Regolamenti UE.
Il Regolamento UE 1169/2011 si applica a tutti gli operatori del settore e in tutte le fasi della catena alimentare, quando l’alimento è destinato al consumatore finale.
Con questa norma, l’Unione Europea ha voluto dare un riferimento univoco a tutti gli Stati membri, armonizzando le diverse normative nazionali. Obbiettivo principale è garantire un elevato grado di protezione dei consumatori e la libera circolazione di alimenti sicuri e sani, assicurando il diritto all’informazione sugli alimenti acquistati e permettendo agli acquirenti di compiere scelte consapevoli, senza essere in qualche modo indotti in errore.
Gli alimenti che vengono commercializzati sfusi (come frutta, verdura, o pasticceria) o confezionati nel luogo di vendita al momento dell’acquisto (come pane, formaggi, carne e salumi al taglio) sono soggetti a regole di etichettatura meno restrittive, rispetto a quelle dei prodotti preconfezionati, per facilitarne la vendita. Le indicazioni da inserire obbligatoriamente in etichetta per queste tipologie di prodotti sono quelle disciplinate all’art. 44 del Regolamento per gli alimenti non preimballati, che prevede la sola dichiarazione delle sostanze che provocano allergie o intolleranze.
A tali informazioni ne vanno aggiunte altre, diverse in base alla tipologia del prodotto (ad esempio, la scadenza per le paste fresche, oppure le modalità di conservazione per i prodotti facilmente deperibili). Per queste categorie di prodotti il Reg. UE 1169/2011 prevede l’esonero dall’obbligo della dichiarazione nutrizionale.
Infine, dal 1° aprile 2020, il Regolamento di Esecuzione UE 2018/775 ha previsto l’obbligo di indicare in etichetta il paese di origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario di ciascun alimento.
UN LUNGO ELENCO DI INFORMAZIONI OBBLIGATORIE
Si tratta di disposizioni molto articolate, che prevedono l’obbligo di inserire un gran numero di informazioni:
- denominazione di vendita dell’alimento: è la descrizione del prodotto. In questo caso si potrebbe trattare anche di un nome di fantasia, ma è necessario che compaia una denominazione univoca (maionese, farina 00, ecc.), per far sì che l’acquirente non sia tratto in inganno. Devono poi essere presenti le informazioni relative alle condizioni fisiche del prodotto o il trattamento specifico che ha subito (in polvere, congelato, concentrato, affumicato, ecc.).
- elenco e quantità degli ingredienti: tutti gli ingredienti devono essere elencati in ordine decrescente di peso, a eccezione dei preparati a base di frutta o verdura mista. Per quanto riguarda gli ingredienti descritti con la denominazione del prodotto (per esempio “minestra di pomodoro”) o che sono essenziali per caratterizzarlo (come “chili con carne”), occorre indicarne anche la percentuale (ad esempio, 40% di carne);
- indicazione di qualsiasi sostanza che provochi allergie o intolleranze: si tratta di una regola di vitale importanza per chi soffre di allergie o intolleranze. La dicitura “Può contenere tracce di …” seguita dal nome del potenziale allergene, significa che il prodotto può essere stato anche solo accidentalmente contaminato da sostanze di questo tipo (ad esempio, per la presenza di allergeni nello stabilimento produttivo o di macchinari che ne eseguono la manipolazione). L’assenza di queste indicazioni può causare danni gravissimi o addirittura il decesso dei consumatori affetti;
- additivi: queste sostanze sono autorizzate dalla legge italiana solo per determinati alimenti e in quantità ben precise e possono essere usate per diversi scopi (coloranti, emulsionanti, antiossidanti, edulcoranti …). Alcune possono causare gravi disturbi o intolleranze;
- quantità netta dell’alimento: indica la quantità netta di prodotto, misurata in volume per i liquidi (litro, centilitro) e in massa (grammi) per gli altri prodotti;
- termini di scadenza e modalità di conservazione e di utilizzo: le date che corrispondono alle indicazioni “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro” indicano per quanto tempo l’alimento rimane fresco e può essere consumato senza alcun rischio. La prima viene utilizzata per alimenti che si degradano facilmente (carni, uova, latticini) e dopo la data indicata i prodotti non devono essere consumati, poiché possono causare intossicazioni alimentari. La seconda si usa per gli alimenti che possono essere conservati più a lungo (cereali, riso, spezie). Non è pericoloso consumare uno di questi prodotti dopo la data indicata, ma l’alimento può aver perso sapore e consistenza;
- lotto di appartenenza del prodotto: è determinato dal produttore o dal confezionatore ed è indicato con la lettera “L”. Il codice lotto consente di risalire in modo inequivocabile al giorno di produzione e alle materie prime impiegate ed è indispensabile per la tracciabilità, nei casi in cui sia necessario ritirare dal mercato i prodotti che non dovessero risultare conformi al consumo umano o che potessero causare danni o problemi di qualunque tipo;
- nome o ragione sociale e indirizzo dell’operatore responsabile del prodotto e della sua sicurezza: queste informazioni devono essere chiaramente indicate sulla confezione, in modo che il consumatore sappia chi contattare, in caso di reclamo o se volesse ottenere ulteriori informazioni sul prodotto;
- origine: L’indicazione del paese o della regione d’origine è obbligatoria per alcune categorie di prodotti come carne, frutta e verdura. È inoltre obbligatoria se il nome commerciale o altri elementi sull’etichetta, quali un’immagine, una bandiera o il riferimento a una località, possono indurre in errore il consumatore sull’esatta origine del prodotto. È questo un punto di grande importanza nelle battaglie dei produttori italiani per l’affermazione della qualità dei prodotti made in Italy;
- prodotto biologico: l’uso del termine “biologico” sulle etichette è sottoposto a una rigorosa normativa comunitaria. La denominazione è permessa soltanto con riferimento a metodi specifici di produzione alimentare, conformi a standard elevati di protezione dell’ambiente e di benessere degli animali. Il logo europeo “agricoltura biologica regime di controllo CE” può essere usato solo dai produttori che rispettano i requisiti richiesti;
- Ogm (organismo geneticamente modificato): l’indicazione è obbligatoria per i prodotti che hanno un contenuto di Ogm superiore allo 0,9 %. Tutte le sostanze con tale origine devono essere indicate nell’elenco degli ingredienti con la dicitura “geneticamente modificato”;
- Titolo alcolometrico effettivo: per le bevande che contengano più dell’1,2% di alcol;
- Dichiarazione nutrizionale: descrive il valore energetico e gli elementi nutritivi. Queste informazioni devono essere fornite nel caso in cui al prodotto sia associata un’indicazione nutrizionale, e devono contenere il valore energetico, ossia la quantità di calorie dell’alimento, e la quantità di proteine, carboidrati, grassi, acidi grassi saturi, zuccheri e sale contenuti.
Nel 2020 la Commissione Europea ha ricevuto una proposta italiana per un nuovo sistema di etichettatura nutrizionale: il Nutrinform battery. Questo sistema utilizza il simbolo di una batteria, che indica al consumatore l’apporto nutrizionale per singola porzione dell’alimento, in rapporto al fabbisogno giornaliero. Viene inoltre posta in evidenza la percentuale di energia, grassi, grassi saturi, zuccheri e sale apportati dalla singola porzione, rispetto alla quantità giornaliera di assunzione raccomandata dall’Ue.
Il Nutrinform battery non sostituisce l’etichetta nutrizionale posta sul retro della confezione, con tutte le informazioni obbligatorie, ma rappresenta un’integrazione con informazioni aggiuntive. A partire dal mese di gennaio 2021, i produttori e i distributori del settore alimentare possono decidere di utilizzare questo particolare sistema di origine italiana.
LE SANZIONI PREVISTE DAL NOSTRO LEGISLATORE
Come sappiamo, ciascun paese membro si occupa di definire le sanzioni per le infrazioni ai regolamenti comunitari. Nel nostro caso, il decreto di riferimento è il D.Lgs. 231/2017, entrato in vigore il 9 maggio 2018.
Nello specifico, il decreto prevede multe da 500 a 40 mila euro, a seconda della gravità dell’infrazione:
- denominazione dell’alimento o elenco degli ingredienti - da 500 a 16mila euro;
- titolo alcolometrico - da 500 a 4.000 euro;
- indicazione del paese di origine o luogo di provenienza - da 500 a 16mila euro;
- quantità degli ingredienti - da 1.000 a 8.000 euro;
- indicazione degli allergeni o dichiarazioni nutrizionali - da 2.000 a 16mila euro;
- termine minimo di conservazione, data di scadenza o data di congelamento - da 1.000 a 40mila euro.
PER UNA SCELTA SOSTENIBILE, OLTRE CHE SANA
Vi sono altre informazioni utili perché la scelta degli alimenti sia non solo più sana, ma anche più sostenibile per le esigenze sempre più sofisticate dell’odierno consumatore.
- Senza zucchero: una dicitura che attrae molti, ma può ingannare. Se prestassimo maggiore attenzione a quanto riportato sulle etichette, ci renderemmo conto che prodotti che si dichiarano senza zucchero risultano senza saccarosio (il comune zucchero composto da una molecola di glucosio e una di fruttosio). In realtà, però, possono contenere sciroppo di glucosio, di fruttosio, di cereali, amidi di mais, maltosio etc. Questi prodotti innalzano i livelli di glucosio nel sangue (la glicemia), con conseguente liberazione di insulina e spesso hanno una resa analoga al saccarosio.
- Dietetico/Light: con queste diciture si distinguono gli alimenti che presentano un quantitativo ridotto di grassi o di colesterolo, oppure di zuccheri, ma dietro a esse può nascondersi il ricorso a sostanze additive con poco significato sul piano nutrizionale, come emulsionanti, dolcificanti sintetici (o edulcoranti), addensanti o conservanti. Leggere attentamente l’etichetta, in particolar modo se il prodotto è destinato all’alimentazione infantile o a una dieta sotto il controllo medico, è certamente molto importante;
- Oli e grassi: questa indicazione deve per legge essere sempre abbinata alla tipologia utilizzata di grassi e oli. È quindi necessario prestare attenzione a quanto riportato nell’etichetta, in modo da poter optare per i prodotti che utilizzano grassi migliori sul piano nutrizionale, come l’olio d’oliva e il burro, piuttosto che grassi o oli vegetali, idrogenati o parzialmente idrogenati, oli di semi senza specificazione, di colza o sego.
Ma non finisce qui. L’immagine sulla confezione, ad esempio, può essere rappresentativa o evocativa del prodotto, ma è possibile incontrare delle sorprese. Per questo, dovremmo sempre trovare in etichetta la dicitura “L’immagine ha il solo scopo di presentare il prodotto”.
Infine, in una società sempre più attenta alle questioni legate alla sostenibilità ambientale, acquista grande importanza l’indicazione in etichetta del materiale usato per la confezione e delle relative modalità di smaltimento. Vanno quindi controllate le informazioni sul materiale utilizzato per le confezioni e gli imballaggi (AL alluminio, CA cartone, ACC acciaio, PE plastica, PS polistirolo, VE vetro ecc.), facendosi guidare anche dai simboli e pittogrammi, spesso presenti per aiutare il consumatore a smaltire e differenziare il rifiuto.
LA NUOVA DICITURA “SPESSO BUONO OLTRE”
La Commissione Europea ha proposto di aggiungere una nuova dicitura in etichetta: “spesso buono oltre”, a fianco di “da consumarsi preferibilmente entro”, allo scopo di ridurre lo spreco alimentare e facilitare la comprensione dell’effettiva data di scadenza del cibo.
Oltre a contribuire a un minore impatto ambientale, questa novità dovrebbe consentire anche di migliorare la scelta dei consumatori, dal momento che la maggior parte non comprenderebbe appieno la distinzione tra le etichette con la dicitura “da consumare entro” e quelle con scritto “da consumarsi preferibilmente entro”.
Come abbiamo visto, infatti, le due formule si riferiscono a due indicatori diversi: la sicurezza e la qualità dell’alimento. La prima indica l’effettiva data di scadenza e avverte il consumatore della data entro cui il consumo è ancora sano e sicuro per gli esseri umani. Al contrario, la seconda indica il momento in cui potrebbe verificarsi un cambiamento nelle qualità organolettiche dell’alimento che, pur restando completamente sicuro e sano da consumare, potrebbe non presentare più le stesse caratteristiche gustative o nutrizionali.
L’iniziativa fa parte delle misure contenute all’interno del Green deal europeo, allo scopo di ridurre l’impatto ambientale all’interno dell’Unione. In particolare, questo progetto potrebbe contribuire a ridurre la quantità di scarto alimentare, che si aggira attorno alle 57 milioni di tonnellate annue, pari a 127 chili per abitante, con un costo di circa 130 milioni di euro all’anno.
L’obiettivo sottoscritto dall’Unione e dai governi degli Stati membri è quello di ridurre del 50% lo spreco alimentare europeo entro il 2030.
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