LA BOLLA DELLE INFORMAZIONI
L'editoriale dell'edizione 42, di marzo 2017, a cura del Direttore Maria Rosa Alaggio
09/03/2017
Per molto tempo, chi ha continuato ad apprezzare la carta (oltre che il web) come strumento per scrivere, leggere, informarsi e comunicare con il mondo, è stato quasi deriso e indicato come persona retrograda. Da contrapporre ai molti che, passando velocemente all’utilizzo della tecnologia, avevano fatto del digital la bandiera dell’evoluzione e del cambiamento positivo.
Lo strumento cartaceo è diventato, progressivamente, il simbolo di una realtà superata e nostalgica, da abbandonare in nome della velocità di accesso alle informazioni e con l’obiettivo di seguire le esigenze di un mondo dinamico, in continua evoluzione.
Ma oggi, forse, stiamo assistendo a un’inversione di tendenza.
Anche se i vantaggi di questo processo sono sotto gli occhi di tutti: il web e la digitalizzazione hanno introdotto (in modo non ancora sufficiente) la possibilità di selezionare e utilizzare le informazioni che vogliamo, di personalizzare le nostre scelte e di automatizzare processi, nella vita quotidiana e professionale, altrimenti laboriosi, inefficienti e quindi costosi.
Oggi però iniziamo a comprendere che a questi vantaggi si aggiungono, purtroppo, troppe distorsioni nascoste, insidie e minacce potenzialmente devastanti a livello sociale, economico e politico.
In una recente intervista, il filosofo Luciano Floridi dell’Oxford Internet Institute ha evidenziato il pericolo di un individualismo estremo, potenziato proprio dalla possibilità di interagire soltanto con chi e con ciò che ci piace. Il mondo del singolo rischierebbe così di diventare una grande bolla, una nicchia protetta, una “stanza degli specchi”.
Siamo di fronte a un vero e proprio paradosso: il web, che fin dalla sua nascita ha promesso libertà e democrazia, finirebbe per imprigionare l’uomo allontanandolo dalla capacità di confrontarsi con il diverso, con l’altro, impedendogli di ricercare con senso critico nuove fonti di vita e traguardi forse insospettabili.
In questo caso, del resto, le insidie non sono nemmeno troppo nascoste. Impossibile, credo, non condividere l’ironia con cui Maurizio Crozza ci presenta il personaggio Napalm51, chiuso nella sua nicchia e democraticamente libero di esprimere al mondo intero la pochezza delle sue opinioni. Tralasciando poi il popolo dei “Webeti”, come li definisce Enrico Mentana, come non preoccuparsi soprattutto per il popolo dei cyber criminali e dei rischi che minacciano individui, aziende, economie e governi?
Queste preoccupazioni ci indicano che, fortunatamente, è probabilmente in atto una presa di coscienza che, puntando a mantenere i vantaggi della digitalizzazione, si traduce in un campanello di allarme e invoca il ricorso a una maggiore saggezza. Una consapevolezza latente che parte, banalmente, dalla definizione di “informazione”.
Secondo il filosofo Floridi, l’informazione contiene sia la domanda sia la risposta; l’incertezza è la domanda, ma senza la risposta; l’ignoranza è non avere nemmeno la domanda.
In una realtà che si sta impoverendo a causa di modalità errate nell’utilizzare o sfruttare le informazioni, serve allora stimolare il bisogno di comprendere, porsi domande, dare risposte. Per chi fa il mio mestiere, l’obbligo è fare almeno le domande giuste, fornire approfondimenti (soprattutto sulla carta), favorire il confronto tra opinioni diverse. Al settore assicurativo, per il ruolo economico e sociale che ricopre, spetta un compito molto sfidante: dare risposte alle incertezze. Proprio per questo, partire dalle informazioni significa governare non solo un processo digitale, ma un valore che, necessariamente, deve tradursi in una risposta fatta di sicurezza per i cittadini (del mondo fisico e, oggi, anche di quello virtuale).
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