NESSUNA CRESCITA SENZA L’ATTENZIONE AL PAESE
31/10/2013
Dopo anni caratterizzati dal segno negativo, nel 2013 il settore assicurativo tornerà a crescere.
Ad affermarlo sono i numeri dell’Ania, che evidenzia quanto, dopo una perdita cumulata di 4,4 miliardi di euro nel biennio 2010-2011, le compagnie italiane siano state in grado di accumulare, nello scorso esercizio, un utile netto di 5,8 miliardi di euro. Invertito anche il trend negativo del ramo danni, che ha generato 600 milioni di utile. Persino la nota dolente dell’Rc auto sembrerebbe aver trovato una giusta soluzione, con un risultato tecnico che nel 2012 è risultato positivo per 1,9 miliardi di euro.
Per il 2013 le stime dell’Ania parlano di una raccolta premi complessiva che risulterà in crescita dopo due anni consecutivi di calo, con una ripresa del settore vita di almeno il 15% e una raccolta complessiva in crescita dell’8,8% (l’incidenza sul Pil passa così dal 6,8% al 7,3%).
Ma questi risultati possono davvero essere frutto di una strategia esclusivamente basata su una “comoda scelta” (vale a dire l’aumento delle tariffe e dei prezzi) da parte delle compagnie per sistemare i propri conti in difficoltà, come da sempre sostengono le associazioni dei consumatori, e non solo, quando si parla di assicurazioni?
Le stime dell’Ania tengono conto, piuttosto, della ripresa dei mercati finanziari di qualche settimana fa. Ma, a fronte dell’incertezza politica da cui il nostro Paese sembra essere caratterizzato da troppo tempo, sembra d’obbligo ridurre la prospettiva temporale guardando con preoccupazione ad altri fronti, che necessariamente sfuggono alla logica del caro tariffa. L’incertezza politica avrà nei prossimi mesi ripercussioni sui mercati finanziari, sulla percezione della stabilità del nostro Paese, sul rischio downgrading che, come abbiamo visto, finisce per colpire direttamente l’economia italiana così come l’industria assicurativa. L’Italia che lavora per riprendersi sa che la soluzione nel lungo periodo non può essere l’aumento selvaggio dei prezzi. E delle tasse, ci mancherebbe. Il refrain è sempre lo stesso: servono misure per lo sviluppo, serve dare fiato alle famiglie e alle capacità di acquisto, risparmio e investimento.
Per uscire da questa crisi serve soprattutto un interlocutore politico credibile e stabile. Per non vedere vanificati sforzi, di carattere stategico, operativo e organizzativo, basati sul rigore tecnico in funzione di una tenuta del sistema che rappresenti una garanzia nel tempo. Ecco perché, oggi più che mai, serve una capacità di rappresentanza, sindacale, di imprese e di categoria, che sia unita, che sappia manifestare le proprie ragioni e gli obiettivi da raggiungere. E che sia in grado di enfatizzare, in prospettiva, i risultati possibili a vantaggio dell’economia del Paese.
Ad affermarlo sono i numeri dell’Ania, che evidenzia quanto, dopo una perdita cumulata di 4,4 miliardi di euro nel biennio 2010-2011, le compagnie italiane siano state in grado di accumulare, nello scorso esercizio, un utile netto di 5,8 miliardi di euro. Invertito anche il trend negativo del ramo danni, che ha generato 600 milioni di utile. Persino la nota dolente dell’Rc auto sembrerebbe aver trovato una giusta soluzione, con un risultato tecnico che nel 2012 è risultato positivo per 1,9 miliardi di euro.
Per il 2013 le stime dell’Ania parlano di una raccolta premi complessiva che risulterà in crescita dopo due anni consecutivi di calo, con una ripresa del settore vita di almeno il 15% e una raccolta complessiva in crescita dell’8,8% (l’incidenza sul Pil passa così dal 6,8% al 7,3%).
Ma questi risultati possono davvero essere frutto di una strategia esclusivamente basata su una “comoda scelta” (vale a dire l’aumento delle tariffe e dei prezzi) da parte delle compagnie per sistemare i propri conti in difficoltà, come da sempre sostengono le associazioni dei consumatori, e non solo, quando si parla di assicurazioni?
Le stime dell’Ania tengono conto, piuttosto, della ripresa dei mercati finanziari di qualche settimana fa. Ma, a fronte dell’incertezza politica da cui il nostro Paese sembra essere caratterizzato da troppo tempo, sembra d’obbligo ridurre la prospettiva temporale guardando con preoccupazione ad altri fronti, che necessariamente sfuggono alla logica del caro tariffa. L’incertezza politica avrà nei prossimi mesi ripercussioni sui mercati finanziari, sulla percezione della stabilità del nostro Paese, sul rischio downgrading che, come abbiamo visto, finisce per colpire direttamente l’economia italiana così come l’industria assicurativa. L’Italia che lavora per riprendersi sa che la soluzione nel lungo periodo non può essere l’aumento selvaggio dei prezzi. E delle tasse, ci mancherebbe. Il refrain è sempre lo stesso: servono misure per lo sviluppo, serve dare fiato alle famiglie e alle capacità di acquisto, risparmio e investimento.
Per uscire da questa crisi serve soprattutto un interlocutore politico credibile e stabile. Per non vedere vanificati sforzi, di carattere stategico, operativo e organizzativo, basati sul rigore tecnico in funzione di una tenuta del sistema che rappresenti una garanzia nel tempo. Ecco perché, oggi più che mai, serve una capacità di rappresentanza, sindacale, di imprese e di categoria, che sia unita, che sappia manifestare le proprie ragioni e gli obiettivi da raggiungere. E che sia in grado di enfatizzare, in prospettiva, i risultati possibili a vantaggio dell’economia del Paese.
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