LA FINE DEL NEW NORMAL, L’INIZIO DEL NUOVO MONDO
Dopo 12 anni di tassi d’interesse bassi, o addirittura sottozero, e un’inflazione inesistente, in pochi mesi è cambiato tutto. Nell’inedito scenario che stiamo vivendo sui mercati finanziari, la moneta più solida resta quella della fiducia
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27/06/2022
Quella normalità che avevamo tanto agognato, ora che inizia la terza estate durante la pandemia, abbiamo capito che non tornerà più. Il mondo come lo conoscevamo fino al 2019 è stato sostituito (definitivamente?) da una nuova realtà. Ed è paradossale costatare come non sia stata tanto la pandemia a disegnare il nuovo mondo, come ci saremmo potuti attendere, ma l’arrivo di qualcosa che l’umanità pratica da sempre: la guerra. Il mix esplosivo di virus e conflitto armato porta con sé conseguenze di lungo periodo sui mercati finanziari globali, come l’alta inflazione, una politica monetaria restrittiva e costi esorbitanti per energia e materie prime.
INFLAZIONE: DA 0 A 100
Come ha spiegato Paola Pietrafesa, ad di Allianz Bank, durante un incontro al Salone del risparmio di Milano, “siamo stati abituati negli ultimi 12 anni a ciò che avevamo chiamato new normal, cioè un ambiente di tassi d’interesse bassi, o addirittura sottozero e un’inflazione inesistente. Questo ha favorito la migrazione di ricchezza verso il risparmio gestito. Abbiamo passato anni a fuggire dalle gestioni separate, che ormai non garantivano più ritorni: ma ora è cambiato tutto”.
L’unico punto fermo è l’inclinazione al risparmio degli italiani che, anzi, è rinvigorito da pandemia e venti di guerra. Lo sostengono Assogestioni e Censis, in occasione della presentazione del loro terzo rapporto congiunto. La propensione al risparmio, si legge nella ricerca, che era pari all’8,1% del reddito disponibile nel 2019, è aumentata al 15,6% nel 2020 e oggi è pari al 13,1%.
PORTAFOGLI GONFI MA LIQUIDI
Con un valore di 5.000 miliardi di euro il portafoglio finanziario degli italiani è cresciuto del 25,5% in termini reali negli ultimi dieci anni e del 5,9% rispetto al 2020. La liquidità e i depositi delle famiglie hanno registrato una vera e propria esplosione nell’ultimo decennio, per una crescita del 32,1%.
“Per far ripartire gli investimenti – ricorda Giorgio De Rita, segretario generale del Censis – sono quindi disponibili tante risorse private, di cui una quota rilevante è in forma liquida, ferma sui conti correnti bancari”. Mettere in circolo queste risorse, tuttavia, non sarà facile.
Secondo De Rita, la preoccupazione e la paura del futuro sono diventate strutturali negli italiani, che hanno vissuto in sequenza un’emergenza dopo l’altra: dalla crisi finanziaria del 2008 a quella del debito del 2011-2012, sono passati per la pandemia (non ancora superata), stanno vivendo la guerra in Europa, la crisi delle materie prime, l’inflazione che indebolisce il potere d’acquisto.
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GLI ITALIANI NON SONO PIÙ “BOT PEOPLE”
In questo scenario, però, circa la metà dei risparmiatori “è pronta a scongelare un po’ della propria liquidità”, dicono gli analisti, a patto di trovare gli investimenti giusti. Il 38,8% vorrebbe rendimenti più alti, il 25,6% costi dei servizi di gestione più bassi, il 22,8% rassicurazioni sul valore reale dell’investimento.
Per quanto riguarda gli strumenti d’investimento, la stragrande maggioranza (78%) vuole “investimenti etici”, mentre diminuisce l’appeal per i titoli di Stato e l’immobiliare. Il 54,4% investirebbe in piccole e medie imprese italiane. Soprattutto per quanto riguarda i titoli governativi e la casa, secondo Censis, siamo di fronte a un “cambio epocale”, confermato peraltro dai consulenti finanziari che non rilevano “significative prese di posizione dei propri clienti sugli investimenti immobiliari” e sono convinti “ci siano investimenti migliori”.
UNA CONSAPEVOLEZZA CONDIVISA
Per quanto riguarda il risparmio gestito, il 40% degli intervistati (55,7% tra le persone benestanti) ne conosce gli strumenti, e tra questi il 46,2% ne ha fiducia. Decisivo il ruolo della consulenza finanziaria, da cui il 40,8% degli italiani si aspetta chiarezza, “cioè esposizioni semplici dei rischi e delle opportunità degli investimenti”. Il 39,5% pretende competenza, il 24,3% attenzione alle esigenze del cliente, il 21,7% esperienza.
Il 50,5% dei consulenti interpellati rileva come negli ultimi due anni sia aumentata la fiducia dei clienti nel risparmio gestito (solo per il 5,8% è diminuita): “i professionisti – ha chiosato De Rita, commentando la ricerca – devono spendere bene questo bonus di fiducia. È importante investire bene, ma anche ripensare la comunicazione in senso lato, non solo l’informazione finanziaria: da parte delle persone c’è una domanda di partecipazione chiara, una richiesta di consapevolezza condivisa”.
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