TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: ISTRUZIONI PER L’USO
Asset green, nuova energia, meno globalizzazione e più g-localizzazione, piccoli sistemi resilienti e connessi: questi gli ingredienti per la svolta, ma occorrono gli strumenti su cui allocare i capitali. Gli investitori istituzionali e l’industry del risparmio gestito chiedono proprio questo: investire in progetti infrastrutturali a lungo termine con una vision, una roadmap per mettere tutti insieme
10/06/2022
Per fare una rivoluzione industriale ci vogliono tre condizioni fondamentali, e devono accadere tutte insieme. Dev’esserci un cambio di paradigma nella comunicazione; l’energia deve essere prodotta con nuovi combustibili che rimpiazzano quelli usati fino a quel momento; i cambiamenti profondi dovranno coinvolgere sia la logistica sia la mobilità. Quando convergono questi elementi, cambia il modo in cui vivono le società.
La seconda rivoluzione industriale ha avuto il suo culmine nel 2008 e la domanda che la società occidentale si pone oggi è a che punto siamo con la terza. Secondo l’economista-guru Jeremy Rifkin, il mondo è pienamente nella terza rivoluzione industriale, solo che molti non se ne sono ancora accorti.
COMBUSTIBILI FOSSILI: UNA CULTURA MORIBONDA
Qualche segnale. Nel 2019, per esempio, il costo dell’energia solare, per la prima volta, è sceso sotto quello dell’energia prodotta dagli idrocarburi (anche se poi è risalito). Secondo Rifkin, è molto importante “uscire il più velocemente possibile da una cultura moribonda come quella dei combustibili fossili”. I capitali lo stanno già facendo, come apprendiamo quasi quotidianamente dalle iniziative net-zero comunicate dalle istituzioni finanziarie. Ma mancano ancora gli strumenti su cui investire: e purtroppo è un problema che riguarda soprattutto l’Italia. “Manca un piano scalabile per sfruttare un’infrastruttura che metta insieme tutti i piccoli progetti locali. L’Italia sta ricevendo la maggior parte dei fondi europei del Next Generation Eu: ci si attende, perciò che il vostro Paese traghetti l’Europa verso la transizione verde”, ha spiegato l’economista a una platea di gestori e stakeholder del settore del risparmio gestito, durante l’ultima edizione del Salone del risparmio, che si è svolta a Milano lo scorso mese.
L’ENERGIA È VOLONTÀ POLITICA
I combustibili fossili avranno prezzi sempre più alti perché non sono più profittevoli. I capitali sono pronti a trasferirsi sull’infrastruttura verde che, sulla carta, già c’è: “va solo messa in moto”, sottolinea Rifkin. “C’è un’enorme opportunità per fondi assicurativi e fondi pensione – ha sottolineato Rifkin –, sono gli asset più importanti a livello mondiale. Serve però la volontà politica”.
L’energia solare, come accennato, sta seguendo la dinamica di prezzi dei computer dagli anni ‘80 a oggi. I costi marginali di solare ed eolico, fa notare l’economista, sono ormai vicini allo zero: grazie a un modello di sviluppo che già esiste, ma che deve essere implementato, l’energia, se messa in rete, è gratis. “Noi, però, siamo ostaggio dei combustibili fossili e quindi della Russia”, ha chiosato Rifkin.
I CAPITALI CERCANO UNA STRADA
Il mondo di cui ha parlato Rifkin è evidentemente l’unico possibile, giacché non solo ci è imposto dai cambiamenti climatici che abbiamo causato noi, ma è anche l’unico che permette lo sviluppo. Gli investitori istituzionali chiedono proprio questo: i fondi assicurativi e pensionistici vogliono poter investire in progetti infrastrutturali a lungo termine; bisogna creare una vision, una roadmap per mettere tutti insieme.
Anche perché, l’industry del risparmio gestito, ha spiegato il presidente di Assogestioni, Carlo Trabattoni, in occasione del Salone del Risparmio, non è mai stata così forte in Italia, con oltre 2.500 miliardi di euro di masse in gestione e una raccolta netta di 93 miliardi solo lo scorso anno. “Una crescita importante – ha aggiunto – e non isolata, giacché condivisa con gli altri principali mercati europei, e avvenuta soprattutto grazie al segmento retail.
“Dobbiamo trasformare il risparmio in investimento produttivo a supporto della trasformazione digitale e della transizione verde”, ha spiegato Trabattoni, non nascondendo tuttavia i rischi e le incognite.
Carlo Trabattoni, presidente di Assogestioni
IL RITORNO DELL’INFLAZIONE (E DELLA GUERRA)
Il 2022 si è aperto per gli operatori del comparto su tre scenari preoccupanti: la guerra causata dall’invasione russa dell’Ucraina, il rialzo dell’inflazione e la persistenza della pandemia. “Stiamo sperimentando nuovi picchi di volatilità, decisamente superiori alla media storica degli ultimi anni; mentre a causa dei prezzi dell’energia e dell’accelerazione del restringimento delle politiche monetarie, la recessione è tornata a farsi vedere”, ha commentato.
L’inflazione è il rischio peggiore per il presidente, perché “durerà più di quanto ci aspettavamo”, e rappresenta “il peggior shock sul potere d’acquisto dall’introduzione dell’euro”. Secondo il presidente di Assogestioni, quella delle banche centrali di arginare il rialzo dei prezzi, ed evitare così un impatto troppo brusco per l’economia, e una “missione impossibile”.
E tuttavia, i segnali buoni dal mercato non mancano: i dubbi dei risparmiatori sulla loro futura capacità di risparmio spinge all’azione, all’investimento, e si riscontra un atteggiamento più costruttivo da parte delle famiglie che scelgono soluzioni con un orizzonte di lungo periodo. Asset reali e private market si fanno sempre più strada nei portafogli. Ora lo scatto decisivo deve avvenire nella distribuzione e nella trasparenza dei prodotti. “Sarà strategico questo profilo – ha commentato Trabattoni – perché sarà anche la base della collaborazione tra pubblico e privato: questi asset sono importanti per l’alleggerimento dei rischi”.
ESG, SERVONO DATI AFFIDABILI
E poi, ovviamente, ci sono gli strumenti Esg, che nel mondo oggi valgono otto trilioni di dollari e che saranno 15 trilioni entro il 2025. Ma c’è ancora troppo discrezionalità: i gestori fanno ancora fatica a capire il contenuto reale dei portafogli: il mercato chiede rapidamente di “definire un linguaggio comune”, e la tassonomia europea è solo “un primo passo”.
D’altra parte, l’esigenza di chiarezza è una priorità sia lato offerta, sia lato domanda. “Oggi il principale attentato alla fiducia è il green washing”, ha spiegato Giovanni Sandri, managing director di BlackRock Italia, “ma per combatterlo serve capire cosa c’è realmente nei portafogli”, obiettivo non scontato perché i set di dati disponibili sono spesso discontinui e frammentati.
“Per ritorni finanziari sostenibili nel tempo – ha aggiunto Cinzia Tagliabue, ceo di Amundi in Italia – occorre integrare le modalità di analisi finanziaria con i criteri di sostenibilità. Il tema centrale è la tassonomia Esg: il 36% degli investimenti nel mondo è già sostenibile, ma per semplificare il dialogo con il risparmiatore servono dati più affidabili”.
UN NUOVO SISTEMA NERVOSO DEL MONDO
Ma chi sono questi risparmiatori con cui bisogna parlare? Mentre la generazione dei baby boomer sta lentamente passando la mano, i Millennial e, in prospettiva, la Generazione Z mostrano già oggi di volere cose molto diverse. “È la prima volta – ha osservato Jeremy Rifkin – che i giovani parlano ai leader come rappresentati di un’intera specie: c’è un’intera generazione che si vede come una specie, senza differenze. Dobbiamo trasformare il concetto di progresso in resilienza”. E, incredibile a dirsi, secondo l’economista, l’Italia può essere l’avanguardia. “Fate vedere al mondo che cos’è la terza rivoluzione industriale, questo nuovo approccio per riunificare l’umano. La missione oggi è dare un futuro al pianeta”, ha esortato.
La terza rivoluzione industriale non è centralizzata, non è verticale ma distribuita, è come un sistema nervoso che mette in collaborazione la specie umana. “Il mondo – ha profetizzato l’economista-guru – sarà fatto di piccole comunità distribuite, dove potenza ed energia saranno locali ma condivise. Piccoli sistemi resilienti e connessi”.
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