PANDEMIA E RISCHI: QUALI RISPOSTE DALLA TUTELA LEGALE?

Il coronavirus ha portato con sé una serie di conseguenze sociali ed economiche che hanno aumentato l’esposizione al rischio per le imprese, i dirigenti e i professionisti, chiamati a rispondere per responsabilità sia in caso di contagio sia per le conseguenze delle scelte strategiche in contesti di mercato difficili come quelli attuali. In parallelo, la riforma della giustizia potrebbe aiutare il sistema a raggiungere una maggiore efficienza

PANDEMIA E RISCHI: QUALI RISPOSTE DALLA TUTELA LEGALE?
Il mercato delle coperture di tutela legale non si spaventa della pandemia, cogliendone al contrario stimoli utili per crescere ulteriormente. Il settore trae spunto dalla grande produzione normativa che ha accompagnato l’impatto del Covid-19 sull’attività professionale e sulle imprese, e ora anche dalle possibili conseguenze sul sistema economico e sociale dello sblocco dei licenziamenti e degli sfratti. Ne è disceso che il ramo ha chiuso il 2020 con un totale di 520milioni di euro e +6,7% sul 2019, comunque meno rispetto a quanto faceva sperare il +11 dei mesi pre-lockdown ma certamente molto più positivo del complessivo -2,3% segnato dall’intero ramo danni lo scorso anno. 
Certamente non si sarebbe ottenuto un risultato positivo se dietro non ci fosse stato un sistema (compagnie e intermediari) già attento ai cambiamenti e sulla via di evolvere, così come se il mercato non fosse stato pronto per recepire l’offerta, non ne avesse compreso l’utilità nel contesto del panorama sociale e economico del Paese. I rischi più tradizionali per la tutela legale (si pensi per primo all’omicidio stradale nel settore auto) sono stati affiancati da nuovi rischi, e altri ancora (ad esempio la Rc professionale, il cyber) hanno in poco tempo acquisito una concretezza tangibile per i clienti. La pandemia ha fatto crescere il livello potenziale di litigiosità e di rischio, in un contesto in cui affidarsi al sistema giudiziario significa mettere letteralmente “in conto” tempi lunghi, costi elevati, incertezza nel decorso del procedimento. 


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I NUMERI PER UNA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

La riforma della giustizia di cui si parla da anni come conditio sine qua non per una crescita economica del Paese potrebbe trovare applicazione, spinta da una proposizione nel Piano nazionale di ripresa e resilienza che punta alla riduzione del 40% dei tempi della giustizia civile e del 25% della giustizia penale. 
Il principio di fondo è che una giustizia più efficiente possa rendere più attrattivo il Paese per gli investimenti stranieri e migliorare l’ambiente economico.
Se il tema è un sistema giuridico efficiente, il confronto con gli altri principali paesi europei rende esplicite le difficoltà dell’Italia. 

Doing Business misura il tempo e i costi per risolvere una disputa commerciale tra privati al primo grado di giudizio e l’indice di qualità del processo giudiziario, valutando se un paese ha adottato una serie di buone pratiche per promuovere la qualità e l’efficienza del proprio sistema di giudizio. 
Nella specifica misurazione relativa alle controversie per far rispettare un contratto commerciale, l’Italia risulta 122°, la Germania è 13°, la Francia 16°, la Spagna 26°, la Svizzera 57°. 
Ovviamente tempi e costi riflettono la posizione nel ranking: in Italia i tempi della giustizia per far rispettare un contratto sono calcolati in 1.120 giorni, con un costo in percentuale sul valore pari al 27,6%, un dato composto dalle spese per gli avvocati (la quota maggiore, con il 19%), le spese di giudizio (3,9%) e le spese di esecuzione (4,7%). Nel confronto con alcuni tra i maggiori paesi europei la differenza a sfavore dell’Italia è netta: in Germania si risolve in 499 giorni con un costo pari al 14,4% dell’oggetto del contratto; in Francia in 447 giorni con una quota di costo pari al 17,4%, in Spagna 510 giorni per un 17,2% di valore del contratto.

CONTENZIOSI E FUNZIONE DELLO STRUMENTO ASSICURATIVO

Sono un po’ migliori i dati che misurano la risoluzione dei casi di insolvenza, in cui l’Italia è 21° nel ranking: tempo di risoluzione 1,8 anni (1,7 la media dei paesi Ocse ad alto reddito) ma il tasso di recupero, calcolato in centesimi su dollaro, è di 65,6 (Germania 79,8, Spagna 77,5, Francia 74,8) e i costi in percentuale sull’ammontare dell’insolvenza sono pari al 22%, molto più elevati degli altri paesi (Germania 8%, Francia 9%, Spagna 11%).
Secondo i dati del ministero della Giustizia, la durata effettiva media di un procedimento civile per quanto riguarda affari contenziosi e controversie di lavoro nel tribunale ordinario è di 889 giorni, mentre per le Corti d’Appello la durata effettiva media del civile ordinario ammonta a 1.196 giorni: tempi molto lunghi ma che mostrano comunque un trend di durata in calo costante dal 2014. 
Rimane da capire in che modo lo strumento assicurativo della tutela legale possa o meno trarre beneficio da un miglioramento del sistema di giudizio: prendendo il caso Germania, i dati sopra illustrati misurano l’efficienza della giustizia in un paese che da solo rappresenta la maggiore quota di mercato delle coperture di tutela legale (storicamente attorno al 40%).
Se in Italia si suppone che la tutela legale possa trarre vantaggio da un sistema che rende complessa la conciliazione, in Germania la diffusione di queste coperture riflette più probabilmente una maggiore cultura assicurativa specifica su questo segmento. 

TUTELA LEGALE, COME GOVERNARE UN MERCATO DI OFFERTA

Sistema giudiziario farraginoso, una cultura sul prodotto da far crescere, elevata produzione normativa, sono tre elementi che aprono ampie praterie alle coperture di tutela legale. Attualmente si tratta ancora di un mercato prevalentemente di offerta, in cui gli intermediari devono conoscere i prodotti e farsi carico di spiegarli al potenziale cliente, evidenziando gli aspetti di vantaggio. 
Anche in questo senso la pandemia ha lasciato il segno, facendo emergere rischi già presenti ma che in poco tempo hanno mostrato tutta la loro concretezza, in primo luogo la responsabilità del datore di lavoro e il rischio cyber. Le compagnie affermano di aver registrato una crescita dell’interesse dal momento in cui il contagio sul luogo di lavoro è stato parificato all’infortunio rendendo potenzialmente responsabile il datore di lavoro, un rischio percepito anche dagli intermediari prima di tutto nella loro qualità di imprenditori. Il rischio cyber ha invece vissuto una crescita di attenzione in relazione al forte aumento dell’attività digitale, dalla diffusione dello smartworking, all’aumento degli acquisti online fino alle chiamate collettive per lavoro o private, con l’esposizione a potenziali attacchi cyber, a truffe e a violazioni della privacy. Ma è anche guardando all’immediato futuro che le aziende, di qualsiasi dimensione e tipo, mostrano preoccupazione: la ripartenza porta con sé la progressiva sospensione dei sostegni alle imprese e alle famiglie, con lo sblocco dei licenziamenti e degli sfratti che potrebbe aumentare il rischio di contenzioso; a ciò si aggiunge la crisi economica che porta con sé il rischio di fallimenti, di cui i dirigenti delle imprese possono trovarsi a dover rispondere. Il fronte più ampio rimane in ogni caso quello sanitario, da cui ci si attende una crescita della litigiosità.
La situazione che si è disegnata ha portato le compagnie di tutela legale ad accelerare su alcuni progetti già previsti e su percorsi che erano stati avviati, oltre che a ripensare alcune modalità di approccio al mercato. 
La spinta sul digitale ha permesso già lo scorso anno di garantire un dialogo continuo con gli intermediari, utile in particolare per quell’attività di informazione e formazione che si era resa necessaria di fronte alle nuove norme introdotte, con l’analisi del loro impatto sui rischi e i chiarimenti su come le garanzie di tutela legale potevano aiutare le imprese in caso di necessità. C’è stata una maggiore decisione nell’introdurre soluzioni tecnologiche per quanto riguarda la gestione dei contratti e le fasi di sottoscrizione da attuare a distanza; il digitale si è poi rivelato la via anche nell’introduzione di nuovi servizi, rivolti sia alla rete sia ai clienti. 

AUMENTA L’ESPOSIZIONE PER PROFESSIONISTI E DIRIGENTI

Un mercato di offerta, come quello della tutela legale, trae beneficio dalla possibilità di personalizzare la proposta e di rivolgersi a target specifici con prodotti sviluppati appositamente. Restando sul tema delle realtà produttive, due segmenti di particolare rilevanza per le compagnie sono i professionisti e i manager, chiamati entrambi a precise responsabilità con risvolti civili e penali. 
Particolare attenzione sta raccogliendo il target dei professionisti, che vede un’offerta sempre più mirata per un settore i cui rischi si distinguono da quelli delle imprese per molti versi: secondo una survey realizzata da Das, il 64% dei professionisti teme il mancato pagamento delle fatture, il 41% è preoccupato per il furto di identità informatica, il 30% dalla possibile esposizione mediatica a seguito di eventuali inchieste penali. Un tema nuovo su cui le compagnie si stanno muovendo è la responsabilità collegata all’Ecobonus del 110% sulle ristrutturazioni, che prevede regole molto complesse sulle quali è facile cadere in errore.
Per quanto riguarda i rischi per i manager e le imprese, la pandemia di Covid ha generato un contesto di complessivo aggravamento del rischio. 
Secondo una ricerca realizzata da Roland Italia presso gli intermediari con cui collabora, il 33% dei rispondenti ha affermato di avere clienti che hanno dovuto affrontare rischi legali nel corso del 2020, il 60% dei quali derivanti dal Covid-19. Gli stessi intermediari intervistati si attendono per il 2021 un aumento dei rischi legali per i propri clienti, indipendentemente dal settore di attività, in particolare riguardo a controversie di lavoro (77%), responsabilità civile degli amministratori per le loro scelte (67%), controversie con fornitori e clienti (65%), responsabilità penale degli amministratori (55%). 
Un altro studio, condotto dall’Università Napoli Parthenope, ha infine rilevato che i rischi più temuti dai cosiddetti colletti bianchi sono il danno reputazionale (26%), la perdita della libertà personale (20%), la perdita del posto di lavoro (17%), l’abuso d’ufficio o l’omissione di atti d’ufficio (12%), i reati informatici (11%). 

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