RISPARMIO GESTITO A FINE CICLO? AVANTI IL PROSSIMO

Il settore, a fine 2022, contava un patrimonio di 2.212 miliardi di euro, con 14,8 miliardi di raccolta e un saldo positivo dei fondi pari a nove miliardi. Questi dati segnalano la resilienza di un comparto che ha vissuto in poco più di un anno un ribaltamento dei paradigmi legato all’innalzamento dei tassi, ha spiegato il presidente Carlo Trabattoni all’annuale evento organizzato da Assogestioni

RISPARMIO GESTITO A FINE CICLO? AVANTI IL PROSSIMO
👤Autore: Fabrizio Aurilia Review numero: 105 Pagina: 12-15
Dopo tre anni durante i quali si sono inanellate crisi generazionali inedite, dalla pandemia, evento che non si verificava con questa portata da un centinaio d’anni, all’inflazione, lontano ricordo di chi negli anni ’70 era già grande abbastanza per provarne le conseguenze sulla propria pelle, l’Italia sta per affrontare un cambio di mentalità? Se l’è chiesto il più noto sociologo italiano, nonché presidente del Censis, Giuseppe De Rita, in un intervento all’edizione di quest’anno del Salone del risparmio, tenutosi a maggio a Milano, che s’intitolava, programmaticamente, Il risparmio oltre la crisi
Il futuro si presenta “ricco di incognite”, ha sottolineato De Rita, prima di addentrarsi nel tema principale, il risparmio gestito, settore che segue venendone molto influenzato, le dinamiche della società. 
Le incognite, quindi, sono sia intrinseche al mondo del risparmio sia di natura generale, come il grande tema del riassetto demografico italiano e mondiale. Dopo dieci anni con una crescita del 65%, il risparmio gestito, secondo De Rita, sta per entrare in un “momento di latenza”, cioè di “raggiunta maturità” che poi evolverà in qualcosa di diverso. “Non sappiamo se sia effettivamente finito il ciclo – ha sottolineato il sociologo – ma potrebbe essere finita la dimensione del risparmio come preoccupazione fondamentale del cittadino. Occorre quindi capire se il ciclo ripartirà oppure se ne verrà aperto uno nuovo”. 

IL RISCHIO DEL RALLENTAMENTO DEGLI INVESTIMENTI

Il risparmio, nella visione di De Rita, resterà tra gli assi portanti della solidità del Paese, ma occorrerà capire e prospettare “un traguardo nuovo per il futuro”.
A proposito dell’andamento del Paese, il ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, all’evento organizzato da Assogestioni ha detto che “nonostante le tante difficoltà il quadro economico è moderatamente positivo”, cosa confermata dal risultato del Pil nel primo trimestre dell’anno, allo 0,5%, tra i migliori parziali dell’area euro. In questo scenario, Giorgetti ha rivendicato “l’approccio prudente e responsabile del governo”, fiducioso di essere “sulla strada giusta”. Tuttavia, ha sottolineato il ministro, “gli attuali livelli di inflazione e le politiche monetarie restrittive” necessitano “un ripensamento del ruolo dello Stato, che deve selezionare con attenzione gli interventi da perseguire”. Il clima d’incertezza potrebbe far rallentare la dinamica degli investimenti: per contrastare questa tendenza, ha chiosato Giorgetti, “è necessario incentivare il concorso del settore privato, che va coinvolto per impiegare e rendere produttiva la cospicua quantità di risparmio disponibile”.



UNO SGUARDO DI LUNGO PERIODO

Parlando di numeri, il risparmio gestito, a fine 2022, contava un patrimonio di 2.212 miliardi di euro, con 14,8 miliardi di euro di raccolta positiva e un saldo positivo dei fondi pari a nove miliardi. Questi dati segnalano “la resilienza di un settore che ha vissuto in poco più di un anno un ribaltamento dei paradigmi legato all’innalzamento dei tassi”, ha spiegato il presidente di Assogestioni, Carlo Trabattoni. Nell’andamento del comparto, secondo Trabattoni, è possibile scorgere “una maturità diversa degli investitori”, supportati anche dalla capacità dei gestori di mantenere “uno sguardo di lungo periodo”. La consulenza e la distribuzione, ha aggiunto, “hanno compreso i vantaggi delle gestioni attive”. 
Nel futuro prossimo, il presidente di Assogestioni ha messo in guardia dalla decelerazione delle stime di crescita per il 2024, dalla riduzione di quelle degli utili, e ha sottolineato come l’attenzione sempre più alta degli investitori verso la governance, il fattore umano e la sostenibilità sarà una dei motori del cambiamento anche nel settore del risparmio gestito. “La prossima generazione d’investitori – ha detto – si attende una relazione diversa con i consulenti, più attiva ma anche più digitale per sviluppare offerte su misura”. 

FIDUCIA E TRASPARENZA SONO UN “BENE COMUNE”

Al centro del dibattito tra gli operatori ci sono proprio la fiducia e la trasparenza, ma anche le nuove normative europee che stanno arrivando, come la retail investment strategy che incorpora il value for money dei prodotti finanziari e tutti i risvolti sul possibile divieto di inducement (vedi box), tema caldo soprattutto in Italia.
Di questi e altri sviluppi, se n’è discusso in una tavola rotonda tra i presidenti delle principali associazioni di settore. Insieme al presidente Trabattoni, intorno al tavolo si sono seduti Massimo Doris, presidente di Assoreti; Andrea Ragaini, presidente di Aipb e Luigi Conte, presidente Anasf.
Dal punto di vista dei distributori, l’incertezza di questi ultimi anni ha esaltato il lavoro delle reti, rendendo il consulente finanziario sempre più importante: le banche tradizionali in 10 anni hanno perso il 10% della quota di mercato degli asset, mentre le reti sono passate dall’8,5% al 17%. La fiducia presso i clienti si sta consolidando, anche se si costruisce passo dopo passo, ha detto Trabattoni, se interpretiamo il risparmio come “bene comune” e se la trasparenza resta “uno dei valori essenziali di questo mercato”. 
Altro dato interessante riguarda i clienti private e il loro rapporto con la consulenza: il private banker ha incontri molto frequenti con loro, in media 13 all’anno. In circa 10 anni, il patrimonio gestito da questa categoria di consulenti è passato dai 377 miliari del 2013 ai 1.000 miliardi nel 2022. 



DEMOGRAFIA: UNA VISIONE ALTERNATIVA

Ma come si è detto tante volte, ci sono centinaia di miliardi di risparmi parcheggiati sui conti correnti che il settore dei wealth management e delle assicurazioni non riescono ancora a intercettare. La questione si ricollega al grande tema demografico, alla capacità delle generazioni di trasmettere la ricchezza e di crearla. Secondo Nicola Palmarini, esperto d’innovazione e longevità e direttore del Uk national innovation centre for ageing, occorre abbracciare “una visione alternativa”, guardando la realtà per com’è e non solo in base alle categorie nelle quali cerchiamo sempre di imbrigliarla. “Stiamo transitando dalla società della vecchiaia alla società della longevità, ma ragioniamo ancora come fossimo nella società della vecchiaia”, ha detto Palmarini. 
“Cambiamo la logica con cui misuriamo l’invecchiamento”, ha detto, ricordando che “l’aspettativa di vita è diversa dall’aspettativa di vita in salute”, ecco perché occorre parlare di “longevity economy”, rivedere “come segmentiamo il mercato”. 



VIVERE (QUASI) PER SEMPRE E IN SALUTE

Le economie legate alla longevità devono essere “le economie di tutti i giorni, quelle che riguardano tutti”. 
Per la prima volta nella storia umana coesistono cinque generazioni sul pianeta, ma trasversalmente ogni singolo individuo ha comportamenti diversi: dividere il mercato per generazioni non ha senso, occorre guardare ai comportamenti. Secondo Palmarini bisognerebbe spostare i capitali dalla cura della persona anziana alla ricerca per frenare l’invecchiamento e rendere, semplicemente, tutta la vita più vivibile, anche in età molto avanzata. “Passando da un concetto di vecchiaia a uno di longevità, l’essere attivi ha a che fare con la qualità della vita. Non bisogna investire per curare, ma investire per vivere bene”, ha chiosato. 
Insomma, per gli operatori del risparmio gestito c’è tanto lavoro da fare, tra una crisi e l’altra.

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