RICERCA SCIENTIFICA CONTRO I TERREMOTI

Monitorare in tempo reale la resistenza strutturale degli edifici colpiti da un sisma, salvaguardando la supply chain: è ciò che è in grado di fare Islar, sistema sviluppato da un team dell’Università Federico II di Napoli e finanziato da Axa. Con un dibattito aperto sul ruolo, presente e futuro, del settore assicurativo nelle catastrofi naturali

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Autore: Beniamino Musto Numero Review: 16 Pagina: 14 - 15
Se non si può prevedere un terremoto si può sempre imparare a gestirlo. Ma per farlo occorre mettere in campo un’autentica cultura della prevenzione abbinata ad approfonditi studi sul tema. Se lo Stato si è sempre dimostrato più un munifico liquidatore che un prudente risk manager, il mondo assicurativo sta da tempo facendo la propria parte, mettendo in campo la propria expertise e le specifiche conoscenze sul tema, ma anche finanziando e incoraggiando la ricerca scientifica. Da questo approccio è nato il progetto Industrial sismic loss assessment and reduction (Islar), ideato e coordinato del professor Iunio Iervolino, dell’Università Federico II di Napoli, che è stato reso possibile grazie ai finanziamenti dell’Axa research fund, fondo internazionale promosso dal gruppo Axa per incoraggiare la ricerca scientifica. 


RIDURRE LE PERDITE DA INTERRUZIONE DI ATTIVITA'

Islar è uno strumento che permette il monitoraggio e la gestione in tempo reale delle emergenze post-sisma: alla base c’è l’ideazione di un innovativo sistema di early warning in grado di misurare la resistenza strutturale residuale degli edifici industriali nelle fasi immediatamente successive a un evento sismico; il sistema mette così in condizione di supportare, attraverso l’acquisizione di dati reali, la decisione del management di stabilimento sulla ripresa in sicurezza della produzione. Uno strumento che può rivelarsi preziosissimo perché in grado di ridurre le perdite dovute alle interruzioni di attività, e il conseguente danno economico per le imprese. Grazie all’intermediazione di Axa corporate solutions e Axa matrix risk consultant (società specializzata nella consulenza in risk management per grandi gruppi industriali), il progetto è attualmente in fase di sperimentazione presso lo stabilimento Magneti Marelli di Crevalcore (Bologna). 


DIFFONDERE LA CULTURA DEL RISCHIO

Il sistema è stato presentato lo scorso 19 giugno presso la sede milanese di Axa in Italia: il ceo Frédéric de Courtois ha ricordato l’impegno profuso dall’Axa research fund nel promuovere e finanziare la ricerca nel lungo periodo; dal 2008 al 2012 il gruppo ha stanziato a livello globale 100 milioni di euro e altrettanti ne sono stati messi a disposizione per il quinquennio 2013-2018. Con sette milioni di euro, l’Italia è tra i maggiori Paesi beneficiari di finanziamenti, che nel 2013 hanno raggiunto 30 iniziative di ricerca e otto nuovi post doc. “Occorre stipulare un patto tra i vari attori coinvolti nel tema delle catastrofi naturali, dal pubblico al privato, in cui gioca un ruolo fondamentale il settore assicurativo”, ha spiegato de Courtois ricordando che “l’Italia è l’unico grande Paese europeo privo di partnership mista per risarcire i danni catastrofali: sebbene se ne parli ormai da trent’anni, credo questa resti l’unica possibile soluzione al problema”. 

Presso la sede di Axa era presente anche Fernando Ferioli, sindaco di Finale Emilia, comune del modenese vicinissimo all’epicentro del terremoto del 2012, la cui ottocentenaria Torre dell’orologio sventrata dal sisma è divenuta una delle tragiche icone di quell’evento. Il sindaco, che ha voluto ringraziare personalmente Axa per aver dato, attraverso il progetto Adotta una scuola, un prezioso contributo al ripristino del polo scolastico Castelfranchi di Finale Emilia, ha portato la testimonianza diretta di chi ha dovuto affrontare di petto il dramma di quel sisma, tra lo spaesamento della comunità e l’assenza di leggi e protocolli certi per affrontare la situazione: “purtroppo in Italia – ha osservato – ogni terremoto si affronta unicamente a colpi di ordinanze emesse dal commissario straordinario di turno”. 

L’eterna cultura dell’emergenza appare dunque come il ridondante e pessimo risvolto con cui, in Italia, si continuano a gestire i terremoti. Con dei pesantissimi (e non si sa per quanto ancora sostenibili) esborsi di denaro pubblico: secondo i dati forniti dall’Ocse, per fronteggiare le catastrofi naturali l’Italia ha speso, dal dopoguerra a oggi, l’astronomica cifra di 245 miliardi di euro. Questo non ha certamente aiutato la diffusione di una cultura del rischio tra la popolazione. Come ha ricordato Armando Ponzini, vice direttore generale e direttore tecnico offerta danni di Axa Assicurazioni, “solo l’1% dei nostri clienti con polizze abitazione ha una copertura terremoto”, dato che comunque è persino sopra la media nazionale, dal momento che l’Istat, nel 2009, aveva stimato allo 0,4% le abitazioni assicurate contro le catastrofi naturali.


IL FRENO DEL POPULISMO

L’introduzione di una polizza obbligatoria per i terremoti è un tema ricorrente, ma fino a ora non è stato fatto alcun reale passo avanti. Eppure, come conferma Roberto Manzato, direttore centrale vita danni e servizi dell’Ania, intervenuto presso la sede di Axa nel corso della presentazione di Islar, i prodotti ci sono, “ma sono poco acquistati dal mercato retail. Una delle principali ragioni consiste nel fatto che, sulla base di ordinanze ex post, lo Stato è sempre intervenuto economicamente con soldi pubblici”. Oltre a non garantire alcuna certezza né in termini di risorse erogate, né in fatto di tempistiche, questo modus operandi appare non più sostenibile dalle finanze dello Stato, già schiacciate da un elevatissimo debito pubblico. La strada prospettata da Manzato è quella di “un sistema misto in cui le compagnie, con le proprie polizze, offrono una certa capacità di copertura, e con lo Stato pronto a intervenire ma solo in ultima istanza”. Una soluzione del genere “andrebbe incentivata dal punto di vista fiscale”. Secondo Manzato, il mercato è pronto, “ma manca la volontà del legislatore”, frenata “da un approccio troppo populistico al tema, dove le polizze sono costantemente percepite come delle nuove tasse”. 


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