ITALIANI: PREOCCUPATI, MA INATTIVI SUL WELFARE
Secondo una ricerca ipsos presentata nel corso di un’iniziativa del gruppo unipol, Quasi due cittadini su tre giudicano negativamente i servizi sulla socialità. ma sulla sanità le valutazioni positive prevalgono su quelle negative. Il 46% è preoccupato di ammalarsi in futuro, e il 36% teme per l’inadeguatezza della pensione. Eppure solo il 22% degli italiani ha un’assicurazione sanitaria
26/02/2019
I giudizi degli italiani sui servizi di welfare sono prevalentemente negativi. La sanità è il settore considerato più importante, su cui ci si aspetta un investimento da parte dello Stato per potenziare i servizi ai cittadini. Ed emerge la consapevolezza che il sistema sanitario andrà incontro a difficoltà crescenti per l’invecchiamento della popolazione e per le risorse economiche pubbliche sempre più limitate. Nonostante ciò, gli italiani non mostrano un atteggiamento attivo sia in termini di coperture complementari, sia di informazione e approfondimento del tema, laddove permane una bassa incidenza delle coperture di previdenza e sanità integrative. Queste alcune delle evidenze emerse dalla ricerca di Ipsos, Gli italiani: bisogni, aspettative e scelte di welfare, presentata a Roma lo scorso dicembre nel corso del Welfare Italia Forum 2018, iniziativa promossa dal gruppo Unipol giunta ormai alla nona edizione.
CONSAPEVOLEZZA E INDIFFERENZA
Il primo dato che salta agli occhi è che le disuguaglianze e la povertà stanno aumentando: nel 2017, 1 milione e 778 mila famiglie viveva in povertà assoluta (pari a circa 5 milioni di persone, il numero più alto dal 2005 e in crescita rispetto al 2016). L’incidenza della povertà assoluta è peggiorata, eccetto che per i più giovani, su cui però rimane allarmante.
In generale, gli italiani si dicono preoccupati soprattutto sul fronte del lavoro (76%), dell’immigrazione (44%) e del welfare (38%). Quest’ultimo viene giudicato in modo pessimo o scarso dal 61% dei cittadini (con punte del 75% nel centro Italia), contro il 33% che lo considera ottimo o buono (39% nel Nord Ovest).
Nello specifico, i principali timori per il futuro riguardano una possibile condizione di malattia o non autosufficienza (46%), l’inadeguatezza della pensione (36%), la difficoltà a far fronte alle spese (30%) e la mancanza di una prospettiva lavorativa (29%). Nonostante ciò l’86% non si pone il problema di come affrontare in termini economici un’eventuale disabilità in vecchiaia, e lo dimostra il fatto che a disporre di un’assicurazione sanitaria e di un piano pensionistico integrativo sono rispettivamente il 22% (il 61% non intende farla) e il 30% della popolazione. Un paradosso che caratterizza il nostro Paese: da un lato cresce la consapevolezza che il sistema non potrà reggere, dall’altro gli italiani non si attivano per prepararsi a questo scenario.
SERVIZI ACCESSIBILI PER TUTTI
In linea generale, il Paese percepisce la necessità di riformare il sistema di welfare e di riallocare le risorse pubbliche in modo più efficiente. Riguardo all’accesso ai servizi, risultano chiare le opinioni sulle strategie da mettere in atto: il 54% ritiene che si debbano mantenere i servizi gratuiti, o a basso costo, solo per chi è in condizioni di povertà; il 32% vorrebbe servizi più efficienti e con più libertà di scelta, anche a costo di pagarli; per il 48% devono essere garantiti a tutte le fasce di reddito, anche accettando un aumento delle tasse e una perdita di efficienza, mentre il 6% è per la riduzione dei servizi (e dei costi).
Tra i vari settori del welfare, quello sanitario è considerato il più importante (23%), l’unico a registrare un saldo sostanzialmente neutro (+1%), che sta a indicare un egual peso dei giudizi positivi su quelli negativi, trainato soprattutto dai residenti nel Nord Ovest; tuttavia, a prevalere è il disincanto: il 68% degli italiani vorrebbe che, nei prossimi anni, lo Stato spendesse di più rispetto a oggi, ma soltanto il 15% è convinto che lo farà.
LA VIA PER ELIMINARE GLI SPRECHI
Nel complesso, circa l’80% degli italiani è d’accordo sul fatto che il sistema sanitario di assistenza gratuita o a costi bassi sia sostenibile nel lungo periodo solo se si eliminano gli sprechi e i costi eccessivi della politica; per il 66% ci sono ancora troppe differenze nella quantità/qualità dell’offerta tra le realtà del Nord e quelle del Sud, e ogni regione dovrebbe gestire la spesa sociale in autonomia usando solo le proprie risorse economiche; secondo il 62% degli intervistati, le categorie più a rischio sono i giovani e le donne, da sostenere anche riducendo i benefici delle categorie più protette (come i lavoratori più anziani); per il 59% lo Stato dovrebbe occuparsi solo dei più bisognosi e, per il resto, i servizi dovrebbero essere pagati in proporzione al reddito; per il 60% il welfare italiano offre una buona copertura per i vari rischi (disoccupazione, anzianità, disabilità, ecc..) mentre secondo il 37% il sistema ha un costo troppo elevato e sarebbe necessario ridurre i costi e i servizi offerti.
STIMOLARE CON LA COMUNICAZIONE
In definitiva, quello che emerge dalla ricerca è un giudizio negativo su sanità, sistema pensionistico e assistenziale, nonostante al welfare sia destinato il 54,2% della spesa pubblica, contro il 52% della Svezia. L’unica risposta resta l’incremento della socialità integrativa su cui appaiono necessarie iniziative di comunicazione, in ambito pubblico e privato, che arrivino a tutta la popolazione, in grado di stimolare un approccio più proattivo del cittadino nell’ambito di una nuova offerta di welfare che sia efficiente, funzionale e accessibile a tutti.
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