PIÙ GESTORI DI RISPARMIO CHE ASSICURATORI
Compagnie profittevoli, ma esposte al rischio dei tassi. E soprattutto , ancora lontane da comportamenti virtuosi e meno propense ad assumere rischi. L'analisi del comparto, tratteggiata dal vigilante, nella relazione annuale Ivass
11/07/2017
Un settore solido, ma soggetto all’incognita dei rendimenti. E ancor di più, snaturato della sua originaria funzione sociale. Questo il quadro delineato dall’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni, che emerge dalla relazione annuale presentata dal suo presidente, Salvatore Rossi (nella foto).
Nel 2016, il totale dei premi pagati alle compagnie italiane è diminuito dell’8,7% (da 147 a 134 miliardi di euro). A soffrire di più è stato il comparto vita (-11%), dopo tre anni di continua crescita; qui la riduzione si è concentrata sulle polizze finanziarie, di ramo III (-25%), che dall’inizio del 2017 sono, però, tornate a crescere, rispetto ai prodotti tradizionali, a riprova dello snaturamento della funzione più propriamente assicurativa. “Un comparto – conferma Rossi – sempre più interessato a gestire il risparmio, che ad assicurare”.
A subire una diminuzione più contenuta è il ramo auto (-3,1%), dove i profitti sono scesi, da circa 1,5 miliardi, nel 2015, a poco meno di 700 milioni; un risultato influenzato dalla contrazione dei prezzi: nel quarto trimestre del 2016, il premio medio era a 420 euro; si riduce anche il divario sia con i principali Paesi Ue (Francia, Germania e Spagna: dagli oltre 260 euro del 2011, ai 140 euro del 2016), sia a livello regionale, di oltre un terzo. Complici la contrazione della circolazione e dei sinistri, e una più efficace lotta alle frodi, grazie alle scatole nere e all’Archivio integrato antifrode, di cui il prossimo anno, sarà operativa una versione, migliorata e potenziata.
PARTE IL DANNI
Sale, invece, il comparto danni non auto: +3%. La ragione è in parte di mercato, laddove la concorrenza inizia a spostarsi dal prezzo ai servizi accessori, in parte legata alla tecnologia, grazie all’offerta di dispositivi e programmi volti a promuovere il benessere psicofisico. Qui sta partendo il mercato dell’Rc medica, già di oltre 600 milioni di euro, dove però le compagnie nazionali sono ancora poco presenti, a causa della difficoltà a quantificare il rischio, dell’incertezza legislativa e della bassa profittabilità.
INVESTIMENTI A RISCHIO
Restano stazionari gli utili delle compagnie (poco meno di 6 miliardi di euro, con un rendimento del capitale dell’8,6%), anche se i dati Ocse rilevano, nel confronto internazionale, una maggiore profittabilità delle nostre imprese rispetto a quelle francesi e tedesche. Un fenomeno dovuto sia alle scelte più prudenti delle compagnie italiane negli impegni assunti con gli assicurati, ma soprattutto all’elevata concentrazione degli investimenti (oltre 810 miliardi) nei titoli pubblici nazionali (circa 360 miliardi, pari al 44% del totale), più redditizi perché giudicati più rischiosi dai mercati azionari, il che espone le nostre compagnie, avverte l’Ivass, al pericolo di repentini innalzamenti dei tassi d’interesse sui titoli posseduti, con conseguente abbattimento del loro valore di mercato.
IL PUNTO SU SOLVENCY II
Il capitale delle singole compagnie, misurato con la nuova direttiva, è generalmente molto superiore ai minimi regolamentari: di 2,2 volte, alla fine del 2016, seppur meno delle 2,35 volte di un anno prima.
In Italia, due gruppi e 12 imprese hanno finora scelto il modello interno; altri due gruppi e sette imprese hanno optato per la formula Usp (parametri specifici d’impresa), mentre le restanti 92 hanno preferito la formula standard.
Si attendono progressi nei metodi di stima della solvibilità prospettica, tenendo anche conto dei rischi qualitativi, non misurabili direttamente. L’indice di solvibilità, secondo l’Ivass, va reso coerente con la redditività dell’impresa, ma il cuscinetto di sicurezza rispetto al requisito minimo dev’essere il più possibile spesso e stabile nel tempo.
LA NORMA NON AIUTA
Serrata è stata l’attività di vigilanza su pagamenti e liquidazioni. In particolare, lo scorso anno l’Ivass ha irrogato una sanzione di severità senza precedenti a una compagnia che accumulava gravi ritardi nei pagamenti, richiamando tutte le compagnie a rivedere i processi liquidativi e pubblicando sul sito i nomi delle imprese che ricevono più reclami.
Il fenomeno più eclatante è quello delle polizze dormienti: da una indagine dell’Istituto, emerge che circa quattro milioni di polizze vita sono scadute negli ultimi cinque anni, ma non sono state liquidate, perché le compagnie non sanno se l’assicurato è deceduto prima della scadenza, e i beneficiari ignorano di esserlo.
Sul fronte delle liquidazioni, ne sono state chiuse otto, e ripartiti ai creditori quasi 30 milioni di euro.
In questo lavoro, purtroppo, le norme non aiutano, ma ci si aspetta qualche cambiamento dalla modifica dei parametri regolamentari sui compensi dei liquidatori, da legare ai risultati raggiunti, alle spese effettuate e al tempo impiegato.
Stesso dicasi per tutto l’apparato sanzionatorio, che secondo il vigilante, risulta obsoleto: su questo, l’Ivass ha suggerito al Governo di ridisegnare tutte le sanzioni del settore, come oggi disciplinate dal Codice delle assicurazioni, al fine di armonizzare gli strumenti di vigilanza assicurativa.
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