WELFARE AZIENDALE, DALLE IMPRESE AL TERRITORIO

I servizi di sostegno ai lavoratori e alle famiglie forniti dalle imprese raggiungono un grado sempre maggiore di adozione, tanto che tre aziende su quattro registrano un livello almeno medio. Tra Pmi e imprese medio–grandi sussiste ancora un gap qualitativo determinato dal ruolo fondamentale della funzione risorse umane. Emerge sempre di più anche la valenza del welfare come fattore sociale sul territorio e la relazione positiva con i risultati di business

WELFARE AZIENDALE, DALLE IMPRESE AL TERRITORIO
Il welfare aziendale cresce all’interno delle Pmi e matura sempre di più come strumento di protezione sociale, passando da pura scelta di incentivo per i dipendenti a forma di sostegno che si integra con le politiche sociali sul territorio. Il motore di questo cambiamento sono le piccole e medie imprese, sempre più addentro alle politiche di welfare e diffuse capillarmente sul territorio italiano, con cui hanno un rapporto simbiotico. 
Un quadro approfondito emerge dall’ottava edizione del Rapporto Welfare Index Pmi, presentato a giugno da Generali Italia che conferma la sempre maggiore diffusione dei sistemi di welfare aziendale e della loro importanza a sostegno dei bisogni primari di salute e assistenza per i lavoratori e le loro famiglie. L’indagine è stata svolta in collaborazione con Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio, e ha coinvolto oltre 6.900 imprese in tutta Italia.

UN TERZO DELLE PMI HA UN LIVELLO DI ADOZIONE ELEVATO

Negli ultimi otto anni, la quota di imprese che ha raggiunto un livello di welfare aziendale alto o molto alto è passata dal 10,3% al 33,3%. Sommando questo dato alla quota di imprese con un livello di adozione medio (41,2%) si raggiunge il 74,5% di aziende che hanno un livello di welfare almeno medio. Il trend riguarda tanto il nord quanto il sud del Paese, è trasversale per settori produttivi e, come ci si può attendere, vede più coinvolte le imprese medio-grandi, più strutturate nell’Hr e sui temi della sostenibilità. 
In questi casi aumenta anche il coinvolgimento dei lavoratori nell’individuazione delle loro esigenze, attività svolta in oltre il 70% delle realtà con livello di welfare molto alto. Le imprese più sviluppate, inoltre, mostrano un grado più elevato di collegamento con il territorio, in una logica di responsabilità sociale d’impresa.
Tra le iniziative messe in atto nell’ambito del welfare, le più diffuse riguardano la conciliazione vita-lavoro (56,4% delle imprese indagate), salute e assistenza (52,2%), previdenza e protezione (51,4%), tutela dei diritti e D&I (50,4%), condizioni lavorative e sicurezza (46%); a seguire lo sviluppo del capitale umano, il sostegno economico ai lavoratori, il welfare di comunità, la responsabilità sociale verso consumatori e fornitori, e in chiusura il sostegno per educazione e cultura, ambito di recente attivazione.
Il Rapporto dedica un focus al terzo settore, che riunisce oggi in Italia 125 mila organizzazioni e interessa quasi 900mila dipendenti. Il terzo settore è attivo nel welfare con l’erogazione di servizi specifici alle imprese, ma si mostra particolarmente attento nell’offerta di sostegno ai propri lavoratori, ambito che interessa il 59,3% delle imprese no profit contro il 33,3% delle altre. 

UNA MAGGIORE RICADUTA SUL TERRITORIO

Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, il primo ostacolo nell’erogazione di servizi adeguati è l’assenza di una massa critica di lavoratori al proprio interno, situazione che può essere superata con l’associazione ad altre realtà, ad esempio nelle reti d’impresa o con l’adesione a servizi comuni. La dimensione rappresenta un ostacolo per la capacità di gestire in maniera efficace i servizi di welfare, da qui la richiesta delle Pmi di poter avere accesso a servizi di informazione e consulenza (59,3% delle risposte), di disporre di servizi comuni (50,9%), di contare su supporti che aiutino a mettersi in rete (47,6%). Giancarlo Fancel, country manager & ceo di Generali Italia, ha sottolineato il ruolo che possono avere le Pmi nel portare al territorio un beneficio di benessere che va oltre la sola capacità di occupare risorse: “una parte sempre più rilevante delle Pmi ha un elevato livello di welfare aziendale, che utilizza in chiave strategica e che estende alle famiglie dei dipendenti, fino all’intera comunità in cui opera. Il tessuto imprenditoriale italiano composto dalle piccole e medie aziende assume, dunque, un ruolo sociale importante, diventando punto di riferimento sul territorio”. Per Generali, è questo uno spunto da cui partire per ragionare su possibilità di collaborazione pubblico – privato anche in questo ambito, in risposta alle crescenti istanze sociali in tema di assistenza e salute.

IL WELFARE NELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA

Il crescente ricorso da parte delle aziende a forme di welfare ha fatto sì che esso si consolidasse come servizio ai lavoratori, ma nello stesso tempo che la sua attuazione registrasse una ricaduta sul territorio che ne ha aumentato la valenza di strumento della responsabilità sociale di impresa (e oggi come fattore di sostenibilità in una logica Esg). Nel Welfare Index Pmi, gli analisti distinguono due “anime” del welfare aziendale, che dalla sua accezione originaria di “componente del sistema retributivo e premiante” si è poi sempre più distinto come “fattore delle strategie di sostenibilità e di responsabilità sociale dell’impresa”. Questi due aspetti sono altrettante facce della stessa medaglia, che permettono all’azienda di creare benefici diretti per i propri dipendenti (ottenendo vantaggi fiscali) e nello stesso tempo di mettere in atto iniziative socialmente sostenibili verso gli altri portatori di interesse.
Ma non solo. Considerando che le famiglie italiane si fanno carico del 22% della spesa sanitaria, del 71% di quella assistenziale verso bambini e anziani e del 16% della spesa per l’istruzione, i servizi di welfare aziendale consentono di trasferire una parte di queste spese dalle famiglie alle imprese, agendo come fattore di efficienza e di equità.

IMPATTO POSITIVO SULLE PERFORMANCE AZIENDALI

Un’ulteriore analisi è stata effettuata mettendo in relazione i livelli di welfare aziendale delle Pmi con i bilanci delle imprese nel periodo 2019–2022, includendo quindi gli anni della crisi determinata dalla pandemia. Si è riscontrata una relazione diretta tra la produttività e il livello di welfare aziendale; ancora più marcato è il rapporto tra redditività e livello di welfare, con un utile per addetto nel 2022 che va dai 5.800 euro nelle Pmi a livello iniziale di welfare ai 22.900 euro delle realtà a livello di welfare molto alto.
Il dato più marcato si osserva però nella crescita dell’occupazione. Secondo le loro dichiarazioni, in media lo scorso anno il 26% delle piccole e medie imprese intervistate ha aumentato la propria forza lavoro, contro l’11% che l’ha ridotta. Se però si limita l’analisi alle aziende con un elevato livello di welfare, l’occupazione è aumentata nel 44,2% delle Pmi e si è ridotta solo nell’8,7%. 

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