CLIMATECH, IL RUOLO DELLE ASSICURAZIONI
Potenzialità e ostacoli allo sviluppo del settore delle tecnologie per il clima in un recente rapporto di The Geneva Association, in cui si parla della mancanza di finanziamenti adeguati, ma anche della necessità di nuovi modelli di gestione del rischio che possano favorire il dialogo fra assicuratori e operatori del settore
13/05/2024
Qualcuno ha iniziato a chiamarle climatech, indugiando nella mania per i portmanteau che negli ultimi anni ci ha regalato neologismi come fintech e insurtech. Molti continuano a definirle climate tech, in italiano possono essere chiamate tecnologie per il clima. Sono tecnologie che si pongono l’obiettivo dichiarato di contribuire a portare a zero le emissioni nette di CO2 a livello globale entro il 2050. Rientrano nella categoria sistemi già sperimentati per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma anche progetti più innovativi e ambiziosi come l’idrogeno verde, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e della robotica per l’ottimizzazione del riciclo dei rifiuti e l’elaborazione di strumenti per la cattura dell’anidride carbonica nell’atmosfera.
Inutile dire che il fenomeno abbia già alimentato grandi aspettative. Aspettative che rischiano tuttavia di rimanere frustrate se non si riuscirà a trasferire i progetti dall’ambiente controllato dei laboratori alla realtà concreta del mercato. “La maggior parte delle iniziative resta fermo alla fase di pre-commercializzazione per mancanza di finanziamenti, difficoltà di espansione e scarsità di dati sul rischio”, si legge in un recente rapporto di The Geneva Association dedicato proprio allo sviluppo di queste tecnologie. Per questo, come ha sottolineato il managing director Jad Ariss in una nota, “l’adozione delle tecnologie per il clima richiede uno sforzo di collaborazione fra industria, politica, assicurazioni e altri operatori del settore”. Ariss si è soffermato soprattutto sul ruolo che i professionisti delle polizze possono ricoprire in questo ambito. “Gli assicuratori sono fondamentali per garantire il finanziamento e la gestione del rischio: affrontando le lacune negli investimenti e sfruttando gli strumenti assicurativi – ha proseguito – possono accelerare la realizzazione delle tecnologie per il clima e contribuire così al raggiungimento di obiettivo comune”.
UNA COLLABORAZIONE CROSS-SETTORIALE
Il rapporto dell’associazione, intitolato (non a caso) Bringing climate tech to market, costituisce il secondo capitolo di un più ampio progetto di ricerca dedicato al fenomeno delle tecnologie per il clima. L’iniziativa era stata inaugurata lo scorso gennaio, con la pubblicazione di un’indagine focalizzata sul contributo delle climatech nella decarbonizzazione dell’industria. Anche in questo caso, a fronte di grandi aspettative, erano emersi alcuni ostacoli strutturali per lo sviluppo del settore. A cominciare dalla mancanza di finanziamenti adeguati alla crescita del fenomeno.
“Serve una gran quantità di fondi pubblici e privati, ma al momento banche e investitori istituzionali appaiono restii a finanziare questo genere di tecnologie”, si legge nell’ultimo rapporto dell’associazione. Pesano fattori come i vincoli regolamentari e la mancanza di competenze specifiche, così come la complessità del panorama di rischio. Ecco perché, secondo i curatori del rapporto, “una maggiore collaborazione cross-settoriale volta a identificare, comprendere e gestire il rischio sarà fondamentale per mobilitare capitali e accelerare la preparazione del mercato”.
UN NUOVO MODELLO DI GESTIONE DEL RISCHIO
Il rapporto torna spesso sul tema della gestione del rischio e, più nel dettaglio, sull’assicurabilità di questo particolare tipo di progetti. L’associazione non nega che possano esserci sfide difficili da affrontare in questo ambito ma, aggiunge subito, “in genere possono essere tutte superate”. Quello che serve è forse un nuovo modello per l’analisi e la gestione del rischio che possa favorire il dialogo con gli assicuratori, la conoscenza del fenomeno e, di conseguenza, anche l’assicurabilità dei progetti.
Il rapporto, a tal proposito, coglie l’occasione per illustrare i dettagli di una nuova cornice per l’interpretazione e l’analisi del rischio che è stata elaborata dall’associazione e che è stata battezzata Insurability readiness framework. Il modello, nel dettaglio, scompone il rischio in sette dimensioni e fornisce indicazioni agli operatori del settore per favorire il dialogo con il mercato assicurativo. “Il framework garantisce un confronto più informato fra gli stakeholder delle tecnologie per il clima e gli assicuratori per definire i rischi, esplorare le condizioni di assicurabilità e considerare le possibili strategie di gestione del rischio”, si legge nel rapporto. “Il sistema – prosegue la ricerca – consente di focalizzarsi sui rischi principali assumendo una prospettiva assicurativa”.
SUBITO A SUPPORTO DEL FENOMENO
“Attraverso l’identificazione dei rischi che può essere difficile assicurare, il nostro modello può essere utile a evidenziare quando siano necessari altri tipi di intervento, come partnership fra pubblico e privato, per trasferire i progetti sul mercato”, ha commentato Maryam Golnaraghi, direttore dell’area Climate change & environment di The Geneva Association e autrice del rapporto.
Il modello è già stato sperimentato in ambiti specifici come la produzione di idrogeno verde. E, nelle intenzioni dell’associazione, potrà favorire il coinvolgimento di assicuratori e riassicuratori già nelle fasi iniziali di sviluppo dei diversi progetti. Cosa che potrebbe poi a sua volta tradursi in una serie di benefici per il mercato: un maggior livello di trasparenza e di condivisione dei dati, una migliore identificazione del bisogno, una più stretta collaborazione fra tutti gli operatori del settore, una più puntuale definizione delle aspettative che possono essere riposte in questi progetti, un allargamento della platea delle potenziali società assicurate e di conseguenza, grazie a un meccanismo di mutualità che in questo ambito risulta ancora carente, anche un ampliamento del perimetro di assicurabilità. In buona sostanza, tutto quello che il settore assicurativo, secondo l’associazione, può offrire per favorire lo sviluppo del fenomeno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA