DIMORE STORICHE, UN UNICUM ASSICURATIVO
Gli edifici privati che rientrano tra i beni culturali rappresentano una nicchia per quanto riguarda la protezione dai sinistri. Molto spesso sono assicurati come comuni edifici, con il rischio che nel momento del danno emerga l’inadeguatezza della polizza, a partire dai massimali per arrivare ai tempi previsti per il risarcimento, potenzialmente insufficienti rispetto alle esigenze di agire nel rispetto dei vincoli storico-artistici
27/06/2022
I beni culturali sono un patrimonio (pubblico e privato) ricco e diffuso che contribuisce all’immagine del Bel Paese, anche all’estero, alimentando i flussi turistici e portando ricchezza all’economia. Con un approccio ancora più prosaico, è necessario considerare che si tratta di un’eredità fragile, in cui ogni elemento è un unicum, un’opera non replicabile con valore artistico, storico, culturale e anche affettivo per chi la possiede. Per proteggere questi beni, lo Stato ha istituito il ministero dei Beni culturali e definito una normativa che ne regola la gestione e la conservazione. Da un punto di vista assicurativo, si tratta di una nicchia caratterizzata da rischi propri e molto particolari.
Secondo il d.Lgs. 42/04, tra i beni culturali sono comprese anche le ville, i parchi e i giardini che abbiano un interesse storico. Lo Stato ha definito dei vincoli nell’uso, nella gestione e nella conservazione dei beni culturali, e per quanto riguarda gli edifici impone “una coerente (…) attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro”, precisando che deve essere finalizzata “all’integrità materiale e al recupero del bene”.
In base ai dati presentati nell’evento Dimore storiche: rischi e tutele assicurative, organizzato da Strategica Group con l’Associazione Dimore Storiche Italiane (Adsi) e Argo Broker, sono “dimore storiche” 37mila edifici privati, per l’85% gestiti dai proprietari; per circa un terzo si tratta di palazzi, poi ci sono le ville, i castelli, ma anche cascine e tenute, masserie, edifici religiosi.
TRA COSTI ELEVATI E OPPORTUNITÀ COMMERCIALI
Le caratteristiche della dimora storica e i vincoli in quanto bene tutelato incidono sui costi di gestione e di manutenzione in maniera naturalmente maggiore (mediamente del 30%) rispetto alle altre tipologie abitative. Le spese ordinarie sostenute dai proprietari sono stimate complessivamente in 430 milioni di euro l’anno, gli interventi straordinari in 877 milioni; per ogni dimora storica il costo medio annuo di manutenzione è calcolato il 90mila euro. A incidere sui costi non è solo la dimensione della struttura e delle pertinenze, ma i materiali da utilizzare, che devono essere conformi agli originali, le tecniche da adottare e i costi di restauratori e artigiani specializzati.
C’è poi il tema dell’eventuale attività commerciale, finalizzata anche a sostenere i costi della gestione della struttura: le 17mila dimore storiche che ospitano qualche attività (il 47% del totale) sono in parte dedicate alla conduzione, per storica tradizione, di attività agricole (il 24.5%), ma con il tempo si sono aperte al pubblico, ospitando visite (11,2%), eventi (24,8%), ristorazione (7%), attività alberghiere (32,1%).
UN PATRIMONIO FRAGILE ESPOSTO AL RISCHIO
Il profilo di rischio di questo particolare target deve tenere in considerazione una serie complessa di fattori, di cui il vincolo culturale, le difficoltà legate alle attività di gestione e manutenzione, l’attività commerciale o produttiva che è ospitata, sono solo alcuni elementi.
Una caratteristica, correlata all’esposizione al rischio, riguarda la collocazione: il 54% del patrimonio culturale privato risiede in centri con meno di 20mila abitanti, il 56,8% si trova nei centri storici, il 31,3% è fuori dai centri abitati e l’11,9% è in città ma in posizione periferica. Nel nord e nel centro Italia, oltre una dimora storica su tre si trova in aree rurali, mentre al sud poco meno di tre su quattro sono collocate nei centri storici. La posizione è una delle caratteristiche del bene storico che possono rendere lunghi o complessi gli interventi di salvataggio, accrescendo il danno.
Incendi e allagamenti, anche a seguito di eventi naturali, sono tra i rischi che le dimore storiche temono di più: oltre al danno diretto, possono provocare un’interruzione dell’attività, altra voce di rischio particolarmente sentita perché la ripartenza sarà soggetta ai lunghi tempi necessari per il rispristino. Le tecniche di costruzione originarie sono un vincolo per il pieno recupero della dimora storica, che deve essere effettuato riportando la struttura alla forma originaria con materiali coerenti a quelli con cui era stata costruita. Ospitare un’attività commerciale può essere una potenziale fonte di rischio, laddove gli ospiti e i visitatori possono provocare dei danni o essere essi stessi vittime di incidente, così come i dipendenti. A proposito di interruzione di attività, è utile considerare che l’edificio può avere delle parti date in locazione a terzi, ad esempio negozi lungo la via di un centro storico, e in questo caso va considerato il danno da interruzione portato all’attività ospitata.
UNA PARAMETRIZZAZIONE PER LA VALUTAZIONE DEI DANNI
La valutazione dei danni è uno dei momenti di maggiore criticità nel rapporto tra i proprietari di dimore storiche e le compagnie, nel caso in cui l’edificio sia stato assicurato come una comune abitazione o sede d’impresa. La questione verte sui costi di ristrutturazione post sinistro, che per gli edifici comuni sono valutati indicativamente sui mille euro al metro quadrato mentre un ripristino allo stato originario di una dimora storica necessita di cifre che sono tre o quattro volte superiori.
Uno strumento per la valutazione dei danni è stato realizzato da Argo Broker in collaborazione con l’Università di Trieste. Si tratta di un approccio definito pluri-parametrico, perché si basa su un sistema di codificazione di ambiti omogenei valutati su una base architettonica, storico-artistica e ingegneristica, così da considerare tutti gli elementi dell’edificio nelle sue singole parti, inclusi gli elementi di decoro.
L’idea nasce dall’esperienza sul campo di Andrea Scotton, broker di Argo Broker, che si è trovato a gestire casi di sinistri da eventi atmosferici nelle ville venete della Riviera del Brenta, toccando con mano l’inadeguatezza per questi casi delle valutazioni di ricostruzione post sinistro utilizzate per le abitazioni comuni. Viene incaricata dello sviluppo dello strumento l’Università di Trieste, che aveva già impostato un sistema di stima analitica dei costi per la valutazione dei beni ecclesiastici in relazione al rischio sismico della regione Friuli Venezia Giulia.
Il professor Paolo Rosato, del dipartimento di Ingegneria e architettura dell’ateneo, ha così istituito un gruppo di lavoro che ha analizzato una cinquantina di grandi interventi di restauro su dati forniti dall’Istituto Regionale Ville Venete, attribuendo un valore ai singoli lavori eseguiti sulla base del pregio del manufatto originario e dei decori, dei materiali necessari a un ripristino del bene danneggiato, della manodopera qualificata per eseguire i lavori e degli accorgimenti necessari a completare l’intervento in ottemperanza ai vincoli dei Beni Culturali.
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