IMPREPARATI ALL’IMPREVEDIBILE
La pandemia ha dimostrato tutta l’inadeguatezza dei piani di risk management adottati dalle imprese. Secondo Angela Rebecchi di Qbe Italia, serve un cambio di passo per consentire in futuro ad aziende e cittadini di affrontare i rischi che, per quanto sempre difficili da prevedere, possono essere superati
21/09/2020
Rileggere oggi le pagine de L’indice di imprevedibilità, rapporto curato da Opinium per conto di Qbe, ha un sapore quasi profetico. Pubblicata nell’ottobre dello scorso anno, l’analisi arrivava infatti a stimare per il 2020 una possibile crescita di eventi inaspettati e inaspettabili che avrebbero potuto, secondo le previsioni del rapporto, mettere sotto pressione le normali attività di cittadini e imprese. Le questioni politiche, com’era inevitabile nell’anno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e della definitiva uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, dominavano lo scenario del rapporto. E si candidavano a innescare, insieme a molti altri fattori di instabilità, una nuova recessione globale.
Alla fine, almeno secondo le ultime stime del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, una recessione globale ci sarà davvero. Ma non per le ragioni che tutti si aspettavano. D’altronde, imprevedibilità è anche questo. E così, mentre tutti si preparavano alle ripercussioni della politica, è arrivato il coronavirus. “L’imprevedibilità – osserva Angela Rebecchi, general manager di Qbe Italia – è diventato un elemento caratteristico della nostra epoca. Ci aspettavamo il contraccolpo delle elezioni statunitensi o le fibrillazioni del commercio internazionale, invece ci siamo ritrovati a fronteggiare una pandemia”.
IMPRESE POCO PRONTE
L’imprevedibilità, a detta di Rebecchi, fa ormai parte delle nostre vite. “Il clima di incertezza che si respirava all’alba del 2020 – afferma – non è una novità: già il 2010 e 2015 erano stati anni caratterizzati da un alto livello di fattori non prevedibili”. Tornando indietro nel tempo si arriva anche agli attentati dell’11 settembre. A testimonianza del fatto che, se è consentito il gioco di parole, l’imprevedibilità è sempre più prevedibile.
Eppure, nonostante tutto, l’atteggiamento di aziende e cittadini non è cambiato poi tanto. In particolare, Rebecchi evidenzia che “il livello di preparazione delle piccole e medie imprese non è cresciuto in maniera significativa”. Il vertice di Qbe Italia cita a tal proposito una recente ricerca di Anra, secondo cui “oltre il 50% delle imprese non dispone di un piano di risk management e appena il 15% delle aziende ha inserito il rischio di pandemia nei suoi programmi di gestione”. In questo contesto, la sottoscrizione di una polizza assicurativa passa quasi in secondo piano. “Nel tessuto produttivo – afferma – mancano piani di risk assessment, gestione della crisi e stress test: le aziende continuano a non fare niente di tutto ciò, trovandosi totalmente impreparate quando l’imprevedibile diventa reale”.
RISCHI NOTI IN ESPANSIONE
A conti fatti, secondo Rebecchi, il Covid-19 non ha creato nuove tipologie di rischio, ma ha solamente esteso lo scenario di minacce che, almeno in teoria, dovrebbero essere già note. “La stessa pandemia non è un rischio nuovo per noi assicuratori”, dice Rebecchi.
A ciò si aggiungono poi una serie di minacce su cui le imprese erano totalmente impreparate. “Rischi come la gestione della supply chain, l’interruzione di attività e le intrusioni informatiche sono diventati sempre più palesi con la pandemia: se prima venivano sottovalutati o erano totalmente ignorati – afferma – adesso vanno gestiti in maniera coerente e integrata, attraverso processi strutturati e sforzi di immaginazione che possano consentire di controllare, quando non prevedere, gli effetti di eventi del tutto inaspettati”. Solo così, prosegue, sarà per esempio possibile “capire come l’emergenza coronavirus cambierà nel medio e lungo termine le abitudini della popolazione, consentendo alle imprese di dotarsi degli strumenti utili a gestire le nuove scelte di consumo”.
IL VALORE DELL’ESPERIENZA
Per cercare di trovare qualcosa di positivo anche in questa fase di emergenza, Rebecchi richiama il valore dell’esperienza. “Noi assicuratori diciamo a volte, un po’ cinicamente, che non esiste miglior cliente di chi ha già fatto esperienza di un sinistro”, afferma. “Spero – aggiunge – che imprese e cittadini facciano tesoro di questa esperienza per essere più attrezzati contro i rischi che dovranno fronteggiare in futuro”.
Nello specifico, secondo Rebecchi, “l’emergenza sanitaria ha mostrato quanto un’adeguata preparazione alla crisi possa essere utile per gestire al meglio i momenti di difficoltà”. La polizza, in questo ambito, diventa soltanto l’ultimo passaggio di un processo che adesso manca totalmente. “La gestione della supply chain – prende l’esempio Rebecchi – potrebbe essere gestita già attraverso un sistema di partnership che rendano la filiera più resiliente e tracciabile”. Lo stesso vale anche per il cyber risk, l’interruzione di attività e tutti gli altri rischi che la pandemia di Covid-19 ha messo in evidenza. “La speranza – conclude Rebecchi – è che potremmo uscire dall’emergenza con una nuova consapevolezza del mondo in cui ci troviamo”. In caso contrario, imprevedibile resterà sinonimo di ingestibile.
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