COME ANDARE OLTRE LA POLIZZA
Anche nel settore assicurativo si va verso l’arricchimento dei contratti con una componente a valore aggiunto, che il cliente possa apprezzare dal momento in cui decide l’acquisto. L’indennizzo non basta più: oggi le compagnie devono prevenire i rischi ed essere partner dei propri assicurati
24/07/2019
Il processo di servitizzazione del business assicurativo sta accelerando con particolare evidenza negli ultimi anni. Il percorso delle compagnie da semplici pagatori, risarcitori di un danno, a fornitori di servizi che i clienti riconoscono a valore aggiunto è uno degli assi portanti della rivoluzione del modello industriale assicurativo (e non solo, ovviamente).
Per il comparto dei rischi, questo processo è ancora più vitale che per tanti altri settori industriali che hanno, per così dire, un oggetto fisico da vendere, qualcosa che non sia solo una promessa di cui, per giunta, il cliente spera sempre di non aver bisogno. Collegare i servizi alla vendita di una polizza, al piazzamento di un rischio, serve a dare sostanza all’intangibile e, in certi casi, ad agevolare concretamente la vita delle persone, supportandole nei confronti di un bisogno che non è per forza di natura assicurativo.
LE TRE “P”
Come sappiamo, la relativa stagnazione del comparto danni nel nostro Paese (meno del 2% sul Pil contro il 3% circa degli altri mercati europei simili all’Italia) offre da tempo margini di crescita agli operatori: il deciso passaggio a un’economia di servizio, più che di prodotto, potrà agevolare questo sviluppo?
Lo abbiamo chiesto a Michele Inglese, insurance sector director di Capgemini business unit Italy, che ha un osservatorio privilegiato, considerata l’ampiezza del punto di vista della società di consulenza, attiva in più 30 Paesi. “Il World Insurance Report di quest’anno – spiega Inglese a Insurance Review –, che raggruppa i risultati delle interviste in più di 30 Paesi ai clienti finali e agli executive delle compagnie e che sarà presentato in Italia in autunno, mette in evidenza il paradigma delle tre P: payer, preventer e partner”. Si tratta dei tre ruoli che oggi un assicuratore deve ricoprire, e che effettivamente si evincono anche dalle strategie delle compagnie: “Generali – continua Inglese – è partner di vita dei clienti, oppure Axa, che da quest’anno ha fondato Axa Next, una legal entity costituita per creare servizi e business model così da diventare un partner reale dei propri assicurati”. Le compagnie fanno leva su servizi, quindi, che vanno molto al di là del semplice prodotto assicurativo.
LO STATO ASSICURATORE
Il World Insurance Report mette in evidenza soprattutto tre trend emergenti che guideranno l’offerta delle compagnie. Il primo è quello dei cambiamenti climatici, che avrà un forte impatto sulla domanda, e quindi sulla disponibilità di prodotti. Circa il 75% delle abitazioni del mondo, si legge nel report, è a rischio catastrofale e solo il 22% è coperto. I dati sul nostro Paese, come noto, sono molto peggiori perché in Italia il 78% delle abitazioni è a rischio, ma solo il 2% è assicurato. “Se pensiamo agli eventi sismici del 2016, ad Amatrice e comuni limitrofi, questi hanno generato danni per sei miliardi di euro e solo 188 milioni erano assicurati: questo fa capire la portata del fenomeno”, argomenta il manager. Attualmente, sul mercato italiano, con una spesa media di sette miliardi all’anno, è lo Stato che fa da assicuratore.
IL CYBER RISK DELLA CLIENTELA RETAIL
Il secondo macrotrend è legato all’evoluzione della tecnologia. Dal report di Capgemini, si evince che l’83% dei clienti a livello mondiale è esposto al rischio informatico e solo il 3% è coperto adeguatamente. “Si tratta – spiega Inglese – di una tipologia di rischio che nel mercato retail è sostanzialmente non coperta, ma che subirà una repentina crescita d’interesse da parte dei consumatori. Per loro natura i prodotti cyber hanno inclusa una forte componente di servizio, fatta di consulenza, assessment e monitoraggio”.
Ci sono almeno un paio di compagnie che si stanno attrezzando per il lancio di prodotti di questo tipo sulla clientela retail, perché il tasso di crescita dei sinistri cyber è in rapida progressione, anche presso questo ampio spicchio di mercato.
IN OSPEDALE CON UBER
Il terzo trend è costituito dalle tendenze sociali e demografiche che si legano all’evoluzione dei bisogni sanitari. L’81% dei clienti intervistati a livello globale da Capgemini prevede di dover far fronte a costi sanitari crescenti, e di questa percentuale solo il 17% ha una copertura adeguata. “Il digital health – dice Inglese – è l’esempio più emblematico di come una compagnia assicurativa stia passando dall’essere un pagatore d’indennizzo a giocare il ruolo del fornitore di servizi: dai più banali fino ai più complessi”. Il responsabile di Capgemini cita esempi, soprattutto negli Stati Uniti, di operatori che all’interno del bouquet di servizi offrono la prenotazione di Uber per trasportare il paziente da casa all’ospedale in occasione delle visite di controllo dopo un ricovero o un’operazione: “un’esigenza diventata chiara analizzando il tasso di assenteismo alle visite”, continua Inglese.
Nei programmi di assistenza sono sempre più frequenti le compagnie che offrono prodotti collegati a centrali operative dedicate alla gestione delle emergenze (e non) da remoto.
“Per attivare queste nuove modalità d’offerta – insiste Inglese – occorre che la compagnia sia totalmente data driven: a fronte di ingenti investimenti, le compagnie dovranno riuscire a gestire i dati meglio di come attualmente stanno facendo. Le grandi compagnie, in tal modo, riusciranno a differenziarsi sia sui servizi offerti sia sul prezzo”.
LO SVILUPPO PRENDERÀ TANTE STRADE
Ma cosa accadrà alle piccole e medie compagnie di assicurazione che non possono permettersi gli investimenti dei colossi internazionali o dei campioni nazionali?
Secondo Capgemini sono molte le alternative: ci saranno compagnie che andranno su mercati di nicchia, pensiamo già oggi all’instant insurance; oppure ci saranno delle aggregazioni; oppure ancora dei provider che offriranno servizi di cui le compagnie a loro volta si serviranno. “La terza P – aggiunge il manager –, la partnership, non coinvolge solo il cliente finale ma anche altri operatori, come le insurtech o le start up innovative. Il nostro World Insurtech Report fotografa come il tasso di collaborazione tra compagnie tradizionali e aziende innovative abbia avuto una crescita media annua del 37% dal 2014-2017”. Il 96% degli intervistati da Capgemini è convinto che ci sia una forte necessità di lavorare con le insurtech: ne sono convinti anche gli operatori medio-piccoli, che possono costruire un ecosistema efficace e attrattivo.
“Stiamo osservando – chiosa Inglese – che il cliente si aspetta un’esperienza omnicanale. In settori complessi, come l’automotive, questo sta già avvenendo. Tuttavia, vediamo che il contatto umano resta al centro del processo di go-to-market: il canale fisico a basso valore aggiunto, però, non avrà più spazio perché è lo stesso consumatore a non volerlo più”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
capgemini,