LITE SIA, MA PIU' LEGGERA

Crescono le esigenze di privati e aziende, aumentano i rischi potenziali e, con essi, il livello di contenzioso all'interno di un sistema della giustizia soffocato dalla burocrazia. Consulenza, mediazione e arbitrato rappresentano soluzioni, spesso risolutive rispetto all'avvio di procedimenti, che non sono utilizzate a sufficienza dalle aziende

LITE SIA, MA PIU' LEGGERA
I motivi di litigio nel nostro Paese sembrano non mancare, e hanno dato luogo nel tempo a un numero ormai patologico di processi civili e penali che si accumulano, con costi di gestione e spese legali spesso altissimi in proporzione al valore del contenzioso.
Una fotografia dello stato della giustizia civile che, soprattutto se messo in relazione alle esigenze di chi fa impresa, contribuisce a sostenere l’impressione di una carenza di conoscenza specifica da parte degli interessati sia degli strumenti giuridici di mediazione messi a disposizione per la risoluzione delle liti, sia di supporti assicurativi di tutela legale. Secondo il Quadro di valutazione Ue della giustizia 2016, recentemente pubblicato dalla Commissione Europea, l’Italia risulta al terzultimo posto (in media 500 giorni) nei tempi per una sentenza di primo grado nel settore civile, e quartultima nelle cause amministrative, che richiedono per la prima sentenza circa 1.000 giorni. D’altra parte, i numeri delle iscrizioni a mediazioni civili e commerciali è ancora molto basso: meno di 184mila nel 2016, a fronte di un numero di procedimenti sospesi pari a oltre 3.800mila.
Strumenti di risoluzione del contenzioso più semplici e diretti sono possibili per qualsiasi tipo di procedimento civile, e su alcune materie sono condizione di procedibilità.


QUESTIONE DI CULTURA

Si assiste al paradosso di un mondo aziendale che ricerca innovazione ed efficienza per i propri processi produttivi, ma che si arena nel momento in cui è necessario affrontare una controversia, eventualità quest’ultima sempre più frequente in un contesto di rischi emergenti. 
Secondo un’indagine condotta nel 2016 da Das e Format Research sui rischi legali, il tema più sentito dalle Pmi italiane riguarda le problematiche collegate alle fatture insolute (indicate dal 70,3% delle aziende in un questionario a risposta multipla), seguite da quelle di carattere contrattuale. In questo ambito, i problemi di redazione del contratto hanno ottenuto il 29,5% delle risposte, le implicazioni legate alla disdetta il 20,6% e i dubbi di interpretazione il 12,2%; altra area che necessita di supporto legale per consulenza o difesa riguarda le non conformità di prodotto, sia quando questo è acquisito (16,8% delle risposte) sia quando è fornito (10,4% ). Su queste tipologie di controversia, strumenti più efficienti per la risoluzione del contenzioso faticano ancora a trovare spazio. Secondo la citata indagine di Das e Format Research, la conoscenza dei prodotti di tutela legale sta prendendo piede presso le imprese italiane, ma si è ancora lontani dai numeri della maggior parte dei Paesi europei: il 30,9 delle Pmi afferma di conoscerli, il 29,2% “ne ha sentito parlare”, ma ancora il 39,9% afferma di non sapere di cosa si tratti. I più informati sono i titolari di studi professionali, segno che la semina seguita all’introduzione, nel 2011, dell’obbligo della polizza Rc per i professionisti ha aumentato la consapevolezza. 



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UNA RISPOSTA AI RISCHI EMERGENTI

In termini di potenziale di crescita del mercato gli spazi ci sono: il 78,7% delle aziende si rivolge in caso di necessità a un ufficio legale e solo il 12,2% dichiara di avere una polizza di tutela legale, ma in questo gruppo il gradimento per il servizio ricevuto è molto più ampio rispetto a quello di coloro che si sono rivolti a uno studio legale.
È, quest’ultimo, un segnale positivo per le compagnie, impegnate a far evolvere il proprio mercato dalla proposta di garanzia accessoria di altre coperture, specialmente danni e Rc, verso un’offerta di prodotti di tutela legale stand alone. Raccogliere questa esigenza latente di imprese e privati richiede la capacità di innovare il proprio modello di business, offrendo consulenza competente e strumenti tecnologici che avvicinino il cliente al dialogo con la compagnia e con l’intermediario.





PIÚ COMPETENTI PER CRESCERE

L’innovazione tecnologica, accorciando il canale comunicativo, offre l’opportunità di farsi portatori di una crescita della sensibilità del mercato verso i rischi emergenti. Un ambito di controversia che si prevede in crescita, anche per le Pmi, e che può contribuire allo sviluppo del rapporto tra compagnie e imprese, riguarda l’ampio tema della regolamentazione per le aziende, a partire dalle implicazioni del d.Lgs.231/01 sulla responsabilità amministrativa di società ed enti, e della legge 123/07 sulle misure di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, fino ai reati ambientali definiti dalla legge 68/15, con aspetti che prevedono risvolti penali. Un’altra area di progressivo rischio compliance e danni a terzi riguarda la protezione dei dati e la riservatezza: con l’emanazione da parte dell’Unione Europea del Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr), che entrerà in vigore a maggio 2018, aumentano le responsabilità e i rischi delle aziende, anche di quelle di piccole dimensioni. Temi complessi, su cui compagnie e intermediari possono lavorare per offrire competenza e assistenza.


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