LE FRODI DEI COLLETTI BIANCHI
Un sondaggio globale sulla criminalità dei dipendenti infedeli, realizzato da Protiviti e Utica College, evidenzia nel management delle aziende una mancanza di consapevolezza sulle conseguenze dannose che questi crimini posso avere per l'impresa. Ma anche una scarsa attitudine a implementare efficaci azioni di risk management
04/04/2016
Riciclaggio di denaro. Furti d’identità di terzi. Intrusione nei sistemi informatici. Violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Spesso annoverati tra i cosiddetti emerging risk, le minacce derivanti dalle frodi e dall’infedeltà dei dipendenti rappresentano un ambito verso cui le aziende non prestano ancora sufficiente attenzione. Eppure si tratta di rischi capaci di incidere non poco sui conti di un’azienda.
PERDITE PARI AL 5% DEL FATTURATO
Le tecniche di frode informatica, ad esempio, si rivelano spesso più sofisticate dei sistemi che dovrebbero impedirle, e determinano perdite per milioni di euro, come ha rilevato uno studio statunitense condotto dall’Acfe (Association of certified fraud examiners), secondo cui un’impresa, in questi casi, subisce una perdita media pari al 5% del proprio fatturato.
Più di recente ha fatto luce su questo scenario un’ampia ricerca realizzata dalla società di consulenza Protiviti, in collaborazione con il dipartimento sui crimini economici e gli studi giuridici dell’Utica College, un ateneo americano con sede nello Stato di New York. Il report si basa sulle risposte di quasi 300 tra dirigenti di livello C, membri di consigli di amministrazione, direttori audit e risk manager, che sono stati intervistati la scorsa estate sul tema dei reati societari. A loro è stato chiesto quali fossero, nella propria azienda, le modalità con cui sono gestiti i crimini commessi dai colletti bianchi, la corruzione di parti terze, la frode e la cattiva condotta dei dipendenti infedeli.
NESSUN OCCHIO VIGILE
Il rapporto rivela che in quasi la metà delle aziende intervistate (il 48%) non si effettua una valutazione dei rischi di frode almeno una volta all’anno, mentre il 27% non ne ha addirittura mai eseguito alcuna. Attraverso una grande varietà di schemi utilizzati, nel lungo periodo i dipendenti disonesti possono trovare una lacuna nei meccanismi di controllo interno agendo così indisturbati. E dal momento che, come detto, un’impresa frodata perde in media il 5% del proprio fatturato annuale, è importante che le organizzazioni adottino un approccio proattivo e preventivo per gestire le potenziali frodi interne, lavorando per implementare programmi di valutazione di questo rischio.
INDAGINI POCO SISTEMATICHE
Eppure dallo studio di Protiviti e Utica College sembra emergere un quadro abbastanza chiaro: la maggior parte delle aziende non è nelle migliori condizioni per condurre indagini. Il sondaggio ha evidenziato come le imprese che indagano sembrino più intente a impiegare tempo e risorse per “spegnere gli incendi” piuttosto che nell’adottare un approccio sistematico e un metodo investigativo coerente per scovare frodi e infedeltà dei dipendenti. Nel campione che ha partecipato all’indagine, il 37% degli intervistati ha rilevato nella propria azienda una mancanza di gestione proattiva dei rischi di frode, mentre il 14% ha ammesso che all’interno della propria organizzazione non compare una figura dirigenziale designata alla gestione di questo rischio. Probabilmente, molti manager hanno una profonda fiducia nei propri dipendenti e sono convinti del fatto che l’azienda in cui operano sia poco o per nulla esposta a questo genere di rischi; in questo modo, ci si affida alle sole procedure di controllo e di verifica interne, che però possono rivelarsi pericolosamente insufficienti.
UN INVENTARIO DELLA VULNERABILITA'
Laddove presente, è soprattutto il chief financial officer (18% dei casi) il responsabile di questo controllo, mentre il 13% dei rispondenti indica nel chief risk officer colui che se ne occupa. Secondo gli autori dello studio, il primo passo per combattere in modo efficace la criminalità dei colletti bianchi nelle aziende è quello di effettuare una valutare dei rischi almeno una volta all’anno. E una delle migliori pratiche che un’impresa può adottare per stabilire un programma di valutazione della potenziale minaccia di frode è quella di realizzare un inventario della vulnerabilità che può aiutare a rilevare e prevenire i rischi. Il consiglio che la survey offre è quello di avvalersi di una figura esterna per effettuare questo inventario, mentre il cda deve essere coinvolto sia nello stabilire sia nell’eseguire una valutazione dei rischi di frode in diversi modi, evitando di attivarsi solo dopo aver osservato nel concreto la vulnerabilità della propria azienda, e optando per un approccio di risk management più proattivo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
👥