IL SOCCORSO DELLA BANCASSICURAZIONE
Se tutto ormai si gioca su fiducia, affidabilità e sicurezza, il settore assicurativo deve fare le mosse decisive. Mai come in questi ultimi anni (o ultimi mesi), il comparto dei rischi è stato la cinghia di trasmissione tra consumatori e mondo del risparmio e della finanza
08/04/2016
Riflettendoci, è strano quanta sia contraddittoria la percezione delle assicurazioni nell’opinione pubblica: da un lato sono viste come soggetti di cui diffidare perché fanno pagare la polizza Rc auto a prezzi folli, azzardano a non risarcire i sinistri e riempiono i contratti di clausole difficili da interpretare; dall’altro sono gli investitori più affidabili e convenienti, cui si consegnano i propri risparmi, si affida la pensione con fiducia e con tranquillità e si riceve protezione per la propria casa o azienda. Ed è proprio per queste ultime caratteristiche che le banche non devono perdere il rapporto che le lega alle compagnie attraverso partnership di bancassicurazione: non devono lasciare che questi crediti (di fiducia) si deteriorino.
LA PERCEZIONE DELLA SOLIDITÀ
Il settore assicurativo ha sempre visto, e continuerà a vedere, il canale bancario come partner centrale e come punto di riferimento per la distribuzione di prodotti assicurativi.
“Pur considerando alcune difficoltà di taluni player del settore del credito – spiega Luigi Di Falco, responsabile vita e welfare di Ania –, il sistema bancario nel suo complesso rimane solido e i partner bancari restano un importante riferimento, sia in termini di partecipazione al capitale delle imprese di assicurazione sia quale principale distributore dei prodotti assicurativi”.
Resta il problema che alcuni clienti cominciano a diffidare di tutto ciò che è connesso alle banche e quindi potrebbero nutrire dubbi anche sulle polizze che passano dallo sportello. I prodotti assicurativi venduti in banca non sono prodotti bancari ma prodotti garantiti dall’impresa di assicurazione e solamente distribuiti dalla banca. Come far comprendere bene questa differenza, che è poi il fulcro della questione?
“Ci può essere – ammette Di Falco – un tema di percezione della solidità del settore assicurativo da parte del cliente, che però deve essere in grado di distinguere chi distribuisce un prodotto da chi ne garantisce le prestazioni. In questo senso, ci sono diversi presidi normativi che mirano all’obiettivo, sia in termini di documentazione, sia in termini di regole di comportamento dell’intermediario”.
IL RENDIMENTO È UN PORTO SICURO
È indubbio, d’altra parte, che il settore assicurativo italiano, nell’ambito dei prodotti con contenuti finanziari, può vantare una condizione di solidità, non avendo mai registrato compagnie in difficoltà, anche grazie una vigilanza sul margine di solvibilità che è sempre più puntuale. È vero anche, però, che siamo in un ambiente finanziario particolare: il risparmiatore è spinto a cercare nuove strade per ottenere rendimenti interessanti in una fase (prolungata) di stagnazione dei tassi d’interesse dei bond e dei titoli di Stato. Ma a questo si aggiunge l’insicurezza: le performance dei prodotti di risparmio garantito sono molto basse e tuttavia le gestioni assicurative separate, cui sono collegati i prodotti con rendimento minimo garantito, nel 2015 chiuderanno con ogni probabilità intorno al 3,5% lordo, con medie che nell’ultimo quinquennio sono state all’incirca del 3,7%, confermando andamenti stabili e poca volatilità. “In definitiva – precisa il responsabile Ania –, avendo anche un rendimento minimo garantito, che va dallo 0%, che significa almeno restituzione del capitale investito, fino all’1%, l’offerta assicurativa tradizionale riesce ancora a costituire un porto sicuro per i risparmi delle famiglie, in grado di restituire valore”.
IL NUOVO INVESTIMENTO: TRA PAZIENZA E FLESSIBILITÀ
In questi ultimi due anni, è stata la domanda a spingere tipologie di prodotti assicurativi un tempo poco venduti: parliamo ovviamente di polizze di ramo III e polizze di nuovo tipo, le cosiddette multiramo. È il risparmiatore stesso a non voler più investire in bot se il rendimento è pari a zero o addirittura negativo.
“L’offerta che sta crescendo di più, nell’ambito del ramo III – ricorda Di Falco –, è quella costituita da fondi flessibili protetti: il cliente acquista un fondo in cui l’impresa si muove con flessibilità, promettendo però a una data scadenza temporale una forma di protezione, ovvero la restituzione di quanto versato, integrato dagli interessi eventualmente maturati. Chiaramente siamo su un terreno più rischioso rispetto all’investimento garantito in qualsiasi momento si richieda il rimborso del capitale, ma si tratta di un adattamento al mutato e più complesso contesto dei mercati”.
La reattività dell’industria assicurativa alle mutate esigenze di risparmio è stata esemplare e i dati lo confermano: i nuovi premi del ramo III, esclusivamente di tipo unit, sono cresciuti nel 2015 di quasi il 50% rispetto al 2014. L’incidenza delle polizze linked sull’intera nuova raccolta è stata pari al 30%: dieci punti percentuali in più rispetto sia al 2014 sia al 2013.
A fronte di questi dati, l’Ivass non ha mancato di sottolineare come il presidio di trasparenza nei confronti dei clienti debba essere ancor più saldo. “È giusto che l’Ivass – conclude Di Falco – abbia sottolineato l’esigenza che il cliente sia consapevole dei prodotti che acquista, specialmente laddove sia presente una componente non garantita”. Il rischio è sempre lo stesso: la perdita della fiducia e della reputazione.
DIVERSITÀ NEI MODELLI DISTRIBUTIVIIl 70% della nuova produzione vita nel 2015 è stato collocato dalle banche, per un incremento del 5,4%. La bancassicurazione prospera, quindi, in tutte le sue forme. Proprio questa varietà di modelli rappresenta, secondo Luigi Di Falco, responsabile vita e welfare di Ania, un valore aggiunto per il cliente: “è opportuno – spiega – che diversi modelli distributivi possano convivere, purché per il cliente sia chiaro chi distribuisce il prodotto e chi lo garantisce”.All’inizio dello sviluppo della bancassicurazione in Italia, i modelli prevalenti erano quelli della joint venture e dei rapporti distributivi in esclusiva tra compagnie e banche; nel corso degli anni, si è affermato inoltre il modello captive, anche grazie a un numero concentrato di operatori che stanno raccogliendo i volumi più importanti. “Comunque – ricorda Di Falco –, nel mercato prosperano anche, a livello distributivo, molti accordi non in esclusiva”.
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