OPPORTUNITA' O OBBLIGO NORMATIVO?
Le assicurazioni hanno investito molto, in termini di risorse e costi, per rafforzare le strutture e i processi, adeguandoli ai requisiti Solvency II. Molto è stato fatto, ma servono interventi e accorgimenti fondamentali per procedere con successo nelle prossime azioni di adeguamento alla direttiva
30/09/2013
Negli ultimi dieci anni, sono stati svolti numerosi esercizi quantitativi (Qis), di analisi e di studio, compiendo significativi passi avanti in termini di governance interna e capacità di comprendere, valutare e gestire i rischi.
Ora siamo nella fase finale. E le compagnie restano in attesa di meccanismi di aggiustamento e di punti fermi legati all’implementazione della direttiva, nella speranza che venga valorizzato l’approccio innovativo di Solvency II, salvaguardando, al tempo stesso, le peculiarità del business assicurativo: pilastro importante per la stabilità e lo sviluppo dell’intera economia europea.
Il parere di alcune compagnie che hanno saputo trasformare un obbligo normativo in un’opportunità di crescita.
REALE MUTUA: ATTENTI ALLA CALIBRAZIONE
Tra i punti all’ordine del giorno, la corretta calibrazione della direttiva. “Il livello di protezione degli assicurati che Solvency II persegue – spiega Stefano Olocco, responsabile risk management Reale Mutua – non deve trasformarsi in una richiesta di capitale eccessiva, rispetto ai rischi assunti, che risulterebbe penalizzante”. Una corretta calibrazione può trasformarsi in un vantaggio competitivo per le imprese, arrivando al giusto equilibrio tra il rigore del modello teorico e la sua effettiva possibilità di trasposizione in ambito aziendale.
“È necessario – continua – che sia introdotto un meccanismo di aggiustamento della curva dei tassi, efficace e semplice nella sua applicazione, che consenta di ridurre l’impatto della volatilità di mercato sulla posizione di solvibilità in periodi di crisi. L’avvicinamento graduale a Solvency II, attraverso le misure transitorie definite dalle linee guida Eiopa consente alle imprese di prepararsi all’entrata in vigore della direttiva, ma vi sono criticità legate a tali misure, ad esempio sul reporting quantitativo e le richieste in tema di Orsa (requisiti quantitativi): le imprese potrebbero dover sostenere ulteriori costi per rispondere a tali richieste in un contesto regolamentare non ancora definito che potrebbe vanificare tali investimenti”.
Il gruppo Reale ha seguito l’evoluzione di Solvency II a livello europeo, cercando di coniugare gli aspetti regolamentari con la valenza strategica della direttiva, in termini di strumento a supporto dei processi decisionali. “Abbiamo predisposto – conclude Olocco – un progetto di adeguamento ai requisiti di Solvency II, coinvolgendo l’intera struttura aziendale per rispondere, in maniera soddisfacente, ai molteplici aspetti trasversali che caratterizzano la direttiva: un programma fortemente influenzato dalle attività di pre-application in corso con le autorità di vigilanza per l’approvazione del modello interno di gruppo”.
AXA MPS: DUBBI SUL REPORTING
Il vero rischio resta la volatilità. “È fondamentale – racconta Simone Borsetti, chief risk officer di Axa Mps – introdurre efficaci misure permanenti per mitigare gli effetti della volatilità dei mercati nei periodi di crisi, preservando il ruolo delle assicurazioni come investitori di lungo termine. Il Volatility Balancer, così come proposto, non risolve la questione, dal momento che si è introdotto un aggiustamento artificiale che agisce unicamente sugli own fund, senza alcun impatto sul capitale di solvibilità richiesto. Ciò conduce a un requisito di capitale che non riflette i veri rischi, essendo valutato su un curva swap incoerente con la valutazione degli own fund. Anche la calibrazione proposta è inadeguata e il suo impatto sulla curva dei tassi è del tutto inefficace”. Condivisibili gli sforzi compiuti da Eiopa: è molto positiva, per Axa Mps, l’attenzione data al sistema di governance e di risk management e alla valutazione prospettica dei rischi propri della compagnia. Ci sono dei benefici significativi anche nel definire un approccio coerente per la pre-application dei modelli interni. “Destano, invece, perplessità – spiega Borsetti – le proposte di richiedere un reporting nonostante i requisiti di capitale non siano ancora effettivi. Infine, ogni gap rispetto alle linee guida di Eiopa, nel periodo di transizione, non dovrebbe condurre ad azioni da parte del regolatore, ma costituire un’opportunità per instaurare un dialogo costruttivo sulle priorità e i progressi nell’implementazione”.
GROUPAMA ASSICURAZIONI: IL SECONDO PILASTRO OTTIMIZZA LA GOVERNANCE
“L’area dove ci sarà incertezza fino all’approvazione della direttiva Omnibus – spiega Barbara Pepponi, direttore attuariato Groupama Assicurazioni – è il secondo pilastro, relativo alla quantificazione della solvibilità. L’incertezza, che riguarda i contenuti, provoca timori relativi agli effetti sul mercato e l’estrema complessità dell’approccio previsto da Solvency rischia di provocare impatti pesanti sia all’interno del mercato assicurativo sia sul fronte più ampio dei mercati degli investimenti e del ruolo sociale degli assicuratori. Il Volatility Balancer parrebbe essere una misura più appropriata rispetto al countercyclical premium, ma c’è il rischio che i tempi strettissimi per l’approvazione di Omnibus non lascino lo spazio per un’adeguata calibrazione”.
Il secondo pilastro è l’area sulla quale Groupama Assicurazioni ha lavorato di più. La sua implementazione ha permesso di ottimizzare la governance e la gestione dei rischi oltre che rendere più efficaci e trasparenti i processi decisionali. L’area di miglioramento è sicuramente rappresentata dall’Orsa, che consente di collegare la gestione dei rischi ai processi di business.
Incertezze anche sul terzo pilastro. “Come filiale di un gruppo europeo salutiamo positivamente un più stretto coordinamento della vigilanza, ma il rischio è che agli obblighi comuni si sovrappongano obblighi locali, ad esempio nella reportistica del terzo pilastro o nella definizione del processo Orsa: per le imprese si moltiplicherebbero, non solo i costi relativi al soddisfacimento delle diverse richieste, ma anche i costi causati alla gestione di ulteriori livelli di complessità”, precisa infine Pepponi.
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