IL WELFARE PER I PICCOLI IN CRISI
Small business e Pmi rappresentano per il settore protection percentuali da prefisso telefonico. La diffusione di prodotti e servizi a protezione del patrimonio e delle figure aziendali è rallentata dalla crisi, ma anche dalla scarsa conoscenza dei rischi
30/05/2014
Se per i clienti privati e le grandi aziende la protection è ancora qualcosa di lontano, lo è ancor di più per lo sterminato popolo dello small business, delle partite Iva e anche delle Pmi. Per small business si intende la platea di mini (talvolta micro) aziende sotto i tre milioni di euro di fatturato, spesso guidate da un amministratore unico, un factotum: praticamente la tipica impresa italiana, magari consorziata in distretti, con le radici nel territorio, ma, nonostante la dimensione, con la testa all’estero, ai mercati in via di sviluppo. Questa categoria, incensata da tutti come “la spina dorsale dell’economia italiana”, è la meno protetta e quella che ha più risentito della crisi finanziaria ed economica di questi anni.
In un contesto complesso come questo, lo small business è praticamente privo di un welfare dedicato. Ma se da un lato i servizi dello Stato si restringono, dall’altro l’impoverimento delle aziende impedisce il ricorso alle coperture.
DIFFIDENZA E SCARSA CONOSCENZA
“A queste difficoltà – spiega Alessandro Lazzaro, agente Axa e vice presidente di Anapa – si sommano sia una grossa diffidenza delle Pmi, e soprattutto delle micro imprese, verso i modelli di protezione attuali, ma anche una scarsa conoscenza dei rischi. Il ruolo degli intermediari diventa, a mio avviso, insostituibile”. Tuttavia, la categoria è troppo adagiata sull’auto: se le partite Iva sono il target del futuro, non sarà facile intercettarlo a breve. Anche perché, continua Lazzaro, “troppi oneri fiscali e burocratici levano tempo e denaro da poter dedicare alla protezione. È necessario che il legislatore dia la possibilità di liberare risorse, che gli intermediari sappiano proporre un certo tipo di ragionamento alle imprese e che le compagnie migliorino l’offerta: per esempio concentrandosi sulle coperture per le figure chiave delle aziende. Serve – conclude – un salto di qualità da parte di tutti”.
Se l’agente recupera la sua funzione di consulente può fare cultura del rischio presso le piccole imprese e le partite Iva. Ma c’è già chi, con professionalità, può aiutare il piccolo imprenditore a proteggere i propri asset. Il broker, per esempio, è l’ideale anello di congiunzione tra aziende e compagnie: attraverso un confronto costante, l’intermediario può trasmettere al mercato quelle che Carlo Marietti Andreani, presidente di Aiba, definisce “le problematiche articolate ed eterogenee” di fronte alle Pmi. “Per dimensioni – ricorda Marietti – le piccole e medie imprese non hanno gli strumenti necessari: mancano uffici legali e risorse per approfondire i mercati assicurativi”. La funzione del broker è anche quella di far capire alle aziende che la tutela degli asset e del risparmio è una carta vincente per ottenere finanziamenti.
“INTESA” SUL PIANO INDUSTRIALE
A proposito di finanziamenti, gli istituti bancari hanno da sempre cercato di abbinarvi polizze di protezione: ma finora con scarsi risultati. È anche ciò che ammette Roberto Lenzi, responsabile offerta affluent e special project di Intesa Sanpaolo, quando evidenzia che lo small business è stato finora un segmento poco curato. “Ci siamo concentrati – spiega – sulla tutela del welfare dei privati, trascurando la gestione del rischio e la protezione dello small business. Ma da un anno abbiamo unito le direzioni marketing di imprese, small business e privati”. Il piano industriale dall’ad Carlo Messina si basa, tra l’altro, sulla cessione di attività non core e l’individuazione di nuovi input per la crescita. Banca 5, il progetto all’interno della Banca dei Territori, sarà (nel 2017) una realtà con 3000 gestori e circa cinque milioni di clienti cui saranno offerti cinque prodotti chiave: carte di debito, carte di credito, finanziamenti personali, assicurazioni danni e investimenti, come piani previdenziali e di accumulo.
UNA BANCA ESTESA
“Il piano – conferma Lenzi – vede nell’assicurazione una delle priorità a medio e lungo termine: la strategia di Intesa Sanpaolo si estende così su imprese e small business. Puntiamo molto sul modello di servizio: la banca deve diventare il centro catalizzatore di soluzioni bancarie-assicurative ma anche di previdenza”. L’iniziativa delle filiali aperte il sabato mattina, che può sembrare marginale, in realtà sta riscuotendo un buon successo: in quegli orari, confermano da Intesa Sanpaolo, si ricevono moltissimi piccoli imprenditori che hanno a disposizione mezza giornata per parlare con i propri gestori. In quest’ottica, l’obiettivo è “ridare vigore alla proposizione”. Oltre alle soluzioni per i key man, c’è tutto il tema della salute, affrontato attraverso un network di servizi convenzionati per dare agevolazioni a costi competitivi. “Cerchiamo anche di creare un welfare di secondo livello che può saldare il rapporto tra imprenditore e dipendenti”, conclude il manager di Intesa Sanpaolo.
PERCENTUALI DA PREFISSO TELEFONICO
Per far crescere il livello di coinvolgimento di small business e Pmi, servono certamente piani a medio e lungo termine, perché i dati disegnano una salita piuttosto impervia: soprattutto per le banche. “La raccolta premi protezione in banca – svela Daniele Tonetti, coordinatore di prodotto protezione e danni di Bnl-gruppo Bnp Paribas – si ferma al 5%; quella riferita al comparto di cui si parla è inferiore all’1%. Il rapporto premi su Pil è tra i più bassi d’Europa, intorno allo 0,2%. La vera sfida è capire come servire, in questo ambito, esigenze molto diverse”. Anche Bnl sta ovviamente provando a svegliare quel segmento di clientela: entro fine anno lancerà coperture per il patrimonio di small business e Pmi, prodotti che promettono di essere specifici e semplici. L’attenzione da parte del colosso francese non manca: tramite Artigiancassa, banca storica del mondo small business e acquistata da Bnl nel 1996, l’istituto è presente in più di 800 confidi di categoria, che si sommano ai 51 centri Creo per l’impresa, dove i gestori sono affiancati da private banker, per rispondere al cliente sia dal lato professionale sia da quello privato. Ma la strada è tortuosa. “A oggi, – conclude Tonetti – l’unica esperienza di vero successo è quella della banca spagnola Caixa, che ha affiancato al gestore bancario un agente assicurativo. Noi stiamo ancora facendo delle valutazioni”.
I COSTI DELLA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA
Tra le necessità (trascurate) da small business e Pmi c’è quella di far valere i propri diritti. Ci sono tre milioni di imprese che hanno controversie civili: il 40% di quelle con meno di 10 addetti ha una disputa con un’altra impresa, mentre la percentuale sale al 60% tra quelle che danno lavoro a più di 10 e meno di 50 persone. Far valere le proprie ragioni costa complessivamente circa 23 miliardi di euro l’anno, e una piccola realtà deve investire tra il 3% e il 4% del proprio fatturato ogni dodici mesi. “Questi dati – precisa Mattia Fasoli, product marketing manager di Das – sono solo la punta dell’iceberg, perché ci sono aree di rischio sconosciute alle imprese”.
Dal 2001, oltre alla responsabilità penale del titolare dell’impresa, esiste la responsabilità amministrativa: secondo Fasoli la maggior parte delle piccole imprese non conosce nemmeno l’esistenza di questa fattispecie di reato che comporta sanzioni e interdizioni pesanti. “Una percentuale bassissima delle imprese – sottolinea Fasoli – mette in atto il modello di organizzazione e gestione che, sostanzialmente, permette all’azienda di far fronte alle sanzioni derivanti dalla condanna per responsabilità amministrativa. Ci sono stati casi in cui interi distretti erano completamente scoperti. Esistono prodotti di tutela legale che coprono il rischio da responsabilità amministrativa e aiutano le piccole realtà a strutturare un modello di organizzazione e gestione che consente loro di superare le crisi”. Disporre di questo modello diventa quindi un elemento essenziale, perché sono oltre 120 i reati soggetti all’imputazione di responsabilità amministrativa (reati tributari, corruzione, concussione, infortuni sul lavoro, ecc.). “Si può utilizzare questo tema – conclude Fasoli – per fare informazione e cultura del rischio, ancora prima di proporre una copertura che, comunque, costa circa 150 euro l’anno”. Insomma ci sono aree di rischio poco note che possono essere risolte con facilità.
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