UN QUADRO DAI TANTI TASSELLI
È necessario orchestrare al meglio l’impegno per rispondere fattivamente a esigenze di assistenza mutevoli e sempre più profilate: questa una delle evidenze messe in luce dal sesto rapporto sul neo-welfare realizzato da Assimoco, da cui emerge che il 72,4% dei caregiver sta esplorando sistemi di assistenza integrati. in questo contesto, le B-Corp potranno rappresentare un punto di riferimento
19/06/2019
Solo mettendo insieme i tanti tasselli di un puzzle ancora frammentato si può costruire il quadro di un welfare davvero integrato. È questo ciò che si propone di fare Assimoco attraverso il suo annuale Rapporto sul neo-welfare, quest’anno dedicato al tema Cooperare per costruire un welfare integrato. Il welfare a cui fa riferimento il report è rappresentato dall’insieme delle coperture (pubbliche e non) che la famiglia già utilizza allo scopo di fornire ai propri membri protezione della salute, tutela assistenziale, servizi per l’infanzia, costruzione di una futura pensione integrativa, ma anche coperture del rischio infortuni e vita.
CAREGIVER CONSAPEVOLI
Assimoco ha scelto di esplorare questo tema attraverso due indagini parallele, realizzate da un lato su un campione nazionale di cosiddetti caregiver (ciò coloro che si occupano di assistere altre persone del nucleo familiare) tra i 18 e i 64 anni, dall’altro su un campione rappresentativo di clienti del gruppo Assimoco. Uno dei principali dati emersi dalla ricerca riguarda la consapevolezza che il sistema pubblico non basta: quasi l’80% dei capi famiglia pensa che per rispondere ai bisogni sociali del nucleo familiare sia necessario non limitarsi al solo utilizzo delle prestazioni di welfare pubblico, in quanto quest’ultimo risulta essere in progressiva contrazione e peggioramento. Il 72,4% dei caregiver, inoltre, è convinto che l’esplorazione di altri sistemi di welfare rappresenti una modalità per ottenere risposte maggiormente adeguate.
RESPONSABILITÀ, COOPERAZIONE E INNOVAZIONE
“Quando abbiamo iniziato a realizzare il nostro report sul neo-welfare – ha detto il direttore generale di Assimoco, Ruggero Frecchiami, nel corso della presentazione del rapporto – la crisi economica iniziava a farsi sentire, e avevamo il sentore che avrebbe agito da detonatore di un corto circuito tra i bisogni delle persone e la capacità di trovare risposte”. Nel tempo sono emersi i problemi strutturali del welfare, che stanno facendo emergere la necessità di un nuovo welfare. Il dg di Assimoco ha evidenziato tre sfide attuali: la prima riguarda la responsabilità, “perchè non c’è più tempo da perdere, è il momento di agire”. La seconda riguarda la cooperazione, in quanto “il problema va risolto in modo coordinato e con il contributo di tutti gli attori del sistema”. La terza sfida riguarda l’innovazione: “non è guardando al passato – ha osservato Frecchiami – che si può trovare una soluzione. Bisogna reinterpretare il ruolo del welfare”. Attualmente sono in campo diverse risposte “non strutturate”, all’interno delle quali si inserisce lo stesso welfare familiare che “ha mostrato una mutazione che ne ha cambiato la capacità di incidere sui bisogni”. In questo senso il report ha provato a mettere ordine tra “risposte disordinate che non offrono una soluzione sistemica: per questo serve un approccio integrato”, ha ribadito Frecchiami.
COME È UTILIZZATO IL WELFARE
Secondo l’indagine commissionata a Ermeneia, il welfare pubblico, viene privilegiato dal 50,7% dei caregiver, ma viene riconosciuto, subito dopo, il ruolo importante del welfare familiare e interfamiliare, cioè la capacità di copertura dei bisogni che risulta legata ai servizi e al livello di reddito e al patrimonio della famiglia insieme al welfare fornito dalle altre generazioni: l’utilizzo reale di queste tipologie di welfare varia tra il 22,5% e il 29,7% degli intervistati. Tra il 18,5% e il 37,8% delle famiglie inoltre, utilizza il welfare assicurativo in tutti i suoi aspetti (copertura dei beni posseduti, del rischio salute, degli infortuni, della vita, della pensione integrativa, dei piani di accumulo di capitale). Al quarto posto viene collocato il welfare di territorio, su cui convergono il welfare di volontariato, il welfare di vicinato, il welfare che deriva da cooperative, associazioni o gruppi spontanei di famiglie e il welfare aziendale o di categoria: in tal caso il livello di utilizzo reale è compreso tra il 12,5% e il 18,2% degli intervistati.
SCIOGLIERE L’ICEBERG
La combinazione ideale del cargiver mette sempre al primo posto il welfare pubblico, ma vorrebbe ricorrere maggiormente al welfare assicurativo in tutte le sue articolazioni: come le coperture sanitarie (al secondo posto), quelle pensionistiche (al terzo posto) e quelle relative alla copertura dei beni posseduti (al quarto posto). E infine intenderebbe utilizzare la forza di copertura della famiglia grazie alla relativa capacità di produrre reddito e al possesso di un buon patrimonio (quinto posto). Per poter usufruire in maniera ottimale delle singole tipologie di welfare servono risorse, soprattutto in termini di tempo. Tant’è che per il 78,5% dei capifamiglia intervistati sarebbe importante avere a disposizione un aiuto qualificato, in grado di assistere il caregiver nella scelta delle diverse tipologie di welfare e nella relativa combinazione, tenuto conto anche dei bisogni, delle priorità e delle risorse economiche disponibili da parte della famiglia. Commentando i dati del report, il presidente di Ermeneia, Nadio Delai, ha usato la metafora dell’iceberg da sciogliere, laddove il ghiaccio rappresenta la riottosità delle famiglie a rivolgersi al mondo assicurativo per cercare le risposte alle proprie necessità. Delai ha sostenuto che questo gelo sta iniziando a sciogliersi, ma ha avvertito le compagnie sul fatto che le famiglie non vogliono “la polizza a scatola chiusa”, ma cercano innanzitutto “qualcuno che si dimostri capace di comprendere i bisogni e faccia capire loro che è in grado di poter offrire delle soluzioni adeguate”.
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