SPECIALTY LINES, IN CAMMINO VERSO POLIZZE AD HOC
La consapevolezza di nuovi rischi sta spingendo la richiesta di soluzioni personalizzate e taylor made. Il mercato, secondo Vittorio Scala dei Lloyd’s, è chiamato a un cambio di passo. E tutti, dalle compagnie agli intermediari, devono fare la propria parte
06/03/2019
C’è chi li chiama rischi specialistici, chi preferisce l’inglese specialty lines. In Italia, talvolta, si possono più prosaicamente assimilare ai rami elementari. Qualsiasi definizione scade inevitabilmente in un eccesso di litoti: non tradizionali, non convenzionali, non pensati per la clientela generale. E nel nostro Paese, dove da sempre le polizze assicurative non godono di grande appeal, stanno mostrando una forse inaspettata vitalità. “La cultura assicurativa in Italia sta aumentando e, con essa, anche la richiesta di prodotti specialistici da parte di clienti e intermediari”, ha affermato Vittorio Scala, country manager e rappresentante generale dei Lloyd’s in Italia, in questa intervista a Insurance Review. Una crescita che si riscontra anche nei numeri: nel 2018 il mercato italiano si è intestato il 12% della raccolta premi che il colosso britannico, focalizzato proprio in rischi specialistici, è riuscito a realizzare nell’intera Europa.
Alla base del miglioramento ci sarebbe soprattutto l’evoluzione di mercato. Le trasformazioni in corso, a cominciare dalla globalizzazione e dalle nuove tecnologie, stanno modificando i modelli di business e stanno ponendo le imprese di fronte a nuovi rischi. “Una piccola azienda manifatturiera – ha portato l’esempio – potrebbe oggi rivolgersi a un fornitore di Taiwan e ritrovarsi esposta a tutta una serie di minacce che prima potevano essere tranquillamente trascurate: in questo contesto, anche uno tsunami nel sud-est asiatico è un rischio di cui tener conto”.
DALLA CULTURA ALLA COPERTURA
Lo scatto culturale resta tuttavia ancora limitato. “L’evoluzione – ha osservato Scala – si sta manifestando a macchia di leopardo: i clienti più sensibili sono imprese che stanno sfruttando le nuove tecnologie o si stanno aprendo a nuovi mercati”. Le zone d’ombra non mancano. Ed evidenziano la necessità di un’ulteriore opera di divulgazione che possa consentire il passaggio dalla consapevolezza alla copertura. Anche su rischi che magari non vengono ancora percepiti.
“Come Lloyd’s – ha spiegato Scala – lavoriamo molto sugli emerging risks, ossia su minacce che si stanno sviluppando ma che, a conti fatti, restano sostanzialmente sconosciute”. È il caso della sharing economy, innovativo modello di business che sta prendendo sempre più piede nel nostro sistema produttivo. Resta attualmente confinata nel regno di pochi unicorni dell’epoca digitale, ma chissà che un giorno non diventi una realtà di uso quotidiano e aperta anche alle piccole aziende. Sul tema i Lloyd’s hanno promosso a ottobre un evento a Milano. “Non era un evento per proporre un prodotto – ha precisato Scala – ma un’iniziativa volta a far comprendere ai nostri intermediari che prima o poi un loro cliente potrà intraprendere un’attività di sharing economy e avrà esigenze assicurative del tutto diverse da quelle che aveva avuto finora”.
IL RUOLO DELLA NORMATIVA
Altro elemento di spinta è dato dagli interventi normativi. Emblematico, in questo contesto, è il caso della Rc professionale: un tempo circoscritta a pochi professionisti particolarmente scrupolosi, è diventata una polizza di uso comune e assai diffusa con l’introduzione di un obbligo di legge. O ancora del Gdpr, il regolamento europeo che disciplina il trattamento dei dati personali. Con questo testo, ha spiegato Scala, “si è finalmente stabilito chi è il responsabile dei dati degli utenti: senza questa indicazione, era praticamente impossibile disegnare una polizza che coprisse eventuali danni”.
Restano tuttavia ancora delle zone grigie, vuoti giuridici che attendono di essere colmati per poter consentire una più rapida diffusione di soluzioni assicurative adeguate. Scala ha portato l’esempio delle auto a guida autonoma. “Se oggi un produttore venisse a chiedermi un prodotto di responsabilità civile per un’auto che si guida da sola – ha allargato le braccia – onestamente non saprei cosa proporgli”. Il tema è noto: la responsabilità di eventuali incidenti ricadrà sul guidatore? Sul produttore dell’auto? O ancora sul gestore del software? “Noi siamo pronti a elaborare e proporre questo tipo di copertura – ha detto Scala – ma è difficile quando c’è un simile vuoto normativo”.
PERSONALIZZARE LA SOLUZIONE ASSICURATIVA
Fra spinte in avanti e inevitabili di ritardi, la crescita del settore è comunque evidente. E comporterà, secondo Scala, anche un’evoluzione del concetto di polizza. Il futuro del mercato, ha spiegato, è fatto di “soluzioni taylor made, elaborate mediante una valutazione ad hoc che consenta veramente di mitigare il rischio del cliente”. La previsione è data dalla consapevolezza che “nessuna polizza potrà mai eliminare completamente una minaccia”. E che ogni situazione presenta caratteristiche peculiari che non possono essere soddisfatte con una copertura standard. Una classica soluzione di Rc professionale per un commercialista, tanto per citare un caso, può non offrire le giuste garanzie a un professionista che, oltre alla tradizionale revisione dei conti, sia coinvolto in attività di consulenza o merger & acquisition.
Il passaggio non è scontato. E una mano, in questa direzione, arriverà probabilmente dalle nuove tecnologie. “Il settore assicurativo – ha ricordato Scala – è quello che ha il maggior numero di informazioni sui propri clienti ma non le utilizza”. Innovazioni come l’intelligenza artificiale, in questo senso, potranno contribuire a leggere e analizzare grandi quantità di dati per capire le necessità della clientela e disegnare soluzioni sempre più tagliate sulle sue esigenze. È in quest’ottica che va letta la partnership siglata fra Lloyd’s e Expert System, società italiana specializzata in intelligenza artificiale. “Vogliamo sfruttare le nuove tecnologie per ottenere il massimo dalle informazioni che abbiamo”, ha affermato Scala.
STANDARDIZZAZIONE O SPECIALIZZAZIONE?
Il cambiamento di mercato, com’è inevitabile, investirà anche le compagnie. Le quali, secondo Scala, sono oggi chiamate a una scelta: continuare a distribuire prodotti standard oppure optare per un modello di business che abbracci il livello di specializzazione e personalizzazione richiesto dal mercato. “Sarà una scelta strategica: è possibile anche che le società decidano di far convivere i due business all’interno della stessa struttura”, ha affermato.
La recente operazione che ha coinvolto Axa e XL Catlin, con la nascita di Axa XL, del resto, sembrerebbe andare proprio in questa direzione: il modello del gruppo francese potrà continuare a esistere in prodotti tradizionali e pensati per la grande distribuzione, mentre il know how della compagnia statunitense potrà contribuire a sviluppare il business dei rischi specialistici.
Molto, a detta di Scala, dipenderà dal tipo di investimenti che le compagnie vorranno fare nella distribuzione. “Puntare su strumenti tecnologici o sulla formazione di intermediari tradizionali – ha osservato – implica una chiara scelta a livello di business: nel primo caso si va verso soluzioni standard, mentre nel secondo si nota una predilezione per soluzioni taylor made, da costruire attraverso una solida relazione fra intermediario e cliente”.
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GLI INTERMEDIARI SIANO CONSULENTI
Già, la distribuzione: secondo Scala, è qui che si giocherà gran parte della partita. L’approdo a soluzioni personalizzate passa infatti da un rafforzamento e da una solida specializzazione del canale distributivo. Agenti e broker sono chiamati alla stessa scelta che si pone di fronte alle compagnie: polizze standard o soluzioni ad hoc? Con il rischio, tuttavia, che la prima opzione possa tradursi in una sostanziale uscita dal mercato. “In futuro – ha azzardato Scala – vedo un mercato diviso in due: da una parte polizze retail che, richiedendo una sempre minore specializzazione, saranno distribuite da soggetti diversi dai tradizionali agenti o broker; e, dall’altra, prodotti specialistici che necessiteranno di una consulenza professionale”.
Gli intermediari devono quindi trasformarsi in consulenti specializzati in nuovi rischi. In caso contrario, ha avvertito, interi settori del rischio resteranno sostanzialmente scoperti. Scala nota questa dinamica già oggi, in mercati che, nonostante tutte le potenzialità, faticano ancora a inserirsi in una dinamica di crescita. Come nel caso del cyber risk. “Tutti parlano di cyber, tutte le compagnie hanno un prodotto cyber – ha affermato – ma anche se stiamo assistendo a un incremento nelle sottoscrizioni, il numero delle aziende che decidono di proteggersi con l’assicurazione non è ancora sufficiente”. Alla base, secondo Scala, ci sarebbe sicuramente una scarsa percezione del rischio da parte delle aziende, ed è qui che “gli intermediari e gli assicuratori dovrebbero impegnarsi maggiormente allo scopo di far comprendere le reali conseguenze di un eventuale attacco cyber.”
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