IMPARARE A RALLENTARE PER RITROVARE IL PROPRIO BENESSERE

I ritmi accelerati e la complessità introdotta dalla tecnologia spesso superano la nostra umana capacità di adeguamento. In un’epoca in cui i confini tra lavoro e vita personale si dissolvono, un libro di Alessio Carciofi spiega quali sono le dinamiche tossiche più frequenti e come evitarle, per recuperare la propria dimensione umana

IMPARARE A RALLENTARE PER RITROVARE IL PROPRIO BENESSERE
La fatica mentale è sempre di più una parte integrante della nostra quotidianità. E per certi aspetti è anche più complessa da gestire rispetto a quella fisica, che è stata la caratteristica costante dell’economia agricola (prima) e di quella industriale (poi). Nell’attuale contesto di economia dell’informazione, strettamente legato alla digitalizzazione, la nostra vita è troppo spesso contraddistinta da eccessivo lavoro, stress estenuante, privazione di sonno, distanza dalla famiglia e connessione costante al digitale. Il rischio che questa pressione martellante faccia deflagrare le tante ferite che si accumulano nella nostra testa è molto alto, e il diffuso aumento delle problematiche di salute mentale è un segnale evidente di ciò che sta avvenendo. 

IL VALORE DELLA NOSTRA UMANITÀ

I ritmi accelerati e la complessità introdotta dalla tecnologia spesso superano la nostra umana capacità di adeguamento. Se la frase “non riesco a staccare” è diventata il mantra di molti in un’epoca in cui i confini tra lavoro e vita personale si dissolvono, il primo passo per recuperare il proprio benessere è: rallentare. A suggerirlo è Alessio Carciofi, docente in marketing e digital wellbeing, secondo il quale per affrontare il futuro del lavoro è assolutamente necessario trovare un equilibrio tra l’accelerazione tecnologica e il valore dell’essere umano. “Saper rallentare – spiega  Carciofi – non significa mettersi in secondo piano o essere superati dalla tecnologia, ma piuttosto riconoscere il valore intrinseco della nostra umanità e impiegarla in modo strategico”. Carciofi si occupa a tempo pieno di questi temi, e di recente ha pubblicato il libro Wellbeing, il futuro umano e digitale del benessere (ed. Il Sole 24Ore) all’interno del quale offre una dettagliata panoramica su una serie di errori ricorrenti e propone numerosi consigli pratici su come vivere con maggiore serenità il nostro rapporto con gli strumenti tecnologici e con un lavoro sempre più dematerializzato. 

UNA LEZIONE APPRESA SULLA PROPRIA PELLE

Tutto quello che Alessio Carciofi oggi insegna lo ha imparato avendolo vissuto sulla propria pelle. È stato, infatti, lui per primo una vittima di burnout. “Tra il 2008 e il 2014 – racconta – mi sono occupato di digital transformation: aiutavo aziende, privati e istituzioni a digitalizzare i propri processi. Nel settembre 2014 è iniziato il mio periodo buio: ho avuto un burnout digitale, accompagnato da insonnia, e per non farmi mancare proprio nulla, anche dalla fine di una relazione tossica”. Da lì la decisione si rimettere insieme i pezzi della propria vita staccando da tutto e ritirandosi in un eremo francescano. “In quell’eremo è partita la mia rinascita. Il mio primo libro (Digital detox, ed. Hoepli, ndr) l’ho scritto tra quelle mura, nel silenzio, nel dolore, nell’introspezione, ed è stato una cura per me stesso”. 



I FRUTTI MALATI DELLA FRENESIA LAVORATIVA

Per Carciofi, alcune delle dinamiche ricorrenti che possono deflagrare in un burnout iniziano ad aggrovigliarsi quando l’orario di lavoro 9-17 per qualcuno diventa disponibilità h24, sette giorni su sette. Una spirale esacerbata dal ricorso al lavoro da casa esploso durante la pandemia, e il cui risultato è la mind scarcity, una situazione in cui le nostre risorse cognitive, come l’attenzione, la concentrazione e la capacità decisionale vengono compromesse a causa della pressione di carichi di lavoro eccessivi, da molteplici responsabilità o da troppe informazioni da elaborare. La mente si satura, non riesce a gestire in modo efficace tutte le richieste che le vengono imposte causando un senso di confusione, stress e inefficienza. “Questa frenesia lavorativa – sottolinea Carciofi – ha un impatto devastante anche sui risultati finanziari dell’azienda, perché compromette i profitti riducendo l’impegno del personale e aumentando l’assenteismo. Per superarla veramente bisogna in primis sfatare il mito che essere sempre occupati coincide con produttività e benessere”, spiega.

LESS IS MORE

Questo costante stato di essere sempre connessi invade non solo l’aspetto professionale, ma anche la vita personale, gettando ombre sul proprio benessere generale, sottraendo del tempo da dedicare ai propri affetti. I motivi sono i più svariati. Nel libro, Carciofi cita come esempio il fatto che non riusciamo a distaccarci quando ci convinciamo che, prendendoci una pausa, potremmo ostacolare il lavoro del team. “Una delle prime parole d’ordine per chiunque decida di dedicarsi al proprio benessere è rallentare. Iniziare a farlo richiede una piccola rivoluzione nella propria routine quotidiana, aprendo uno spiraglio verso un nuovo approccio. “Fai meno, e scoprirai che spesso meno è di più”, conclude Carciofi.





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