PARTNERSHIP E DATI CAMBIANO L’HEALTHCARE ITALIANO
L’adozione delle nuove tecnologie e l’evoluzione del contesto sociodemografico accelerano trend diversi e concomitanti. E se gli assicuratori (così come le aziende ospedaliere, farmaceutiche e biomedicali) si stanno impegnando a fare di più, il loro grado di maturità digitale non è ancora sufficiente per assecondare nel breve termine le proprie ambizioni. Ecco quali sono gli aspetti chiave della maturità digitale che i player del settore salute dovrebbero implementare quanto prima, secondo l’analisi di Boston Consulting Group
28/02/2022
Assumendo una prospettiva oltre la contingenza dell’emergenza pandemica, la digitalizzazione emerge come il fenomeno su larga scala che sta profondamente modificando l’ecosistema sanitario, a ogni latitudine. L’adozione delle nuove tecnologie e l’evoluzione del contesto sociodemografico agiscono sui player del settore – che siano ospedali, aziende sanitarie, compagnie assicurative, società farmaceutiche o biomedicali – come acceleratori di trend diversi e concomitanti. Tra questi i nuovi bisogni dei pazienti, un focus sempre più pressante sulla tenuta dei conti, il passaggio a nuovi modelli di accesso alle cure anche da remoto, lo sviluppo di nuove tecnologie e cure potenzialmente dirompenti. Di fronte alle sfide a cui la digitalizzazione sottopone il mondo dell’healthcare, gli attori del settore sembrano rispondere alzando le ambizioni. Tuttavia, il grado di maturità digitale di ospedali, aziende sanitarie, società farmaceutiche e biomedicali e imprese assicuratrici non è ancora sufficiente per assecondare nel breve termine queste strategie.
Abbiamo raccolto queste evidenze nella nuova ricerca Bcg sul Digital Acceleration Index (Dai), che analizza il grado di maturità digitale attuale del settore della sanità in Italia, aprendo nuovi scenari sui modelli di collaborazione, integrazione dei dati e sviluppo della telemedicina come tappe di un percorso di sviluppo dell’ecosistema salute, a beneficio del paziente e del sistema sanitario. L’analisi, condotta su 42 player dell’healthcare italiano rappresentanti in egual misura da società farmaceutiche, medtech, provider diagnostici & ospedalieri e compagnie assicurative, evidenzia un generale ritardo del settore sanitario italiano sia rispetto ad altri settori industriali, sia agli standard sanitari statunitensi, asiatici e del resto d’Europa.
Tuttavia, le aziende e gli operatori sanitari italiani dimostrano una consapevolezza superiore alla media in termini di obiettivi, fornendo nelle proprie dichiarazioni d’intenti e nei piani di sviluppo a lungo termine una visione molto ambiziosa sul digitale, spingendo le previsioni di crescita a un livello che è superiore a quello atteso nei settori più maturi e ben oltre la media del settore sanitario globale. Questa distonia tra le ambizioni e il livello di maturità digitale riscontrato rende ancora più evidente la necessità di trovare una strada per scaricare a terra questa disponibilità, ovvero rendere operativa la strategia.
GLI ASSICURATORI AUMENTANO GLI INVESTIMENTI
Nonostante il generale livello di adozione digitale sia ancora basso, a livello di sottosettore si osservano delle differenze: il medtech dimostra un grado di digitalizzazione ben superiore alla media, totalizzando un punteggio medio Dai 50 contro la media globale di 39, seguito dalle compagnie assicurative (42), il mondo pharma e infine i provider.
In particolare, le assicurazioni salute (con un ritardo sia nella digitalizzazione del modello operativo che nell’ utilizzo dei dati) sembrano aver già intrapreso un percorso di digitalizzazione dell’offerta e del modello di servizio al cliente, che sempre più spesso fa leva su telemedicina e servizi da remoto: dal symptom checker (strumento preliminare di diagnosi e triage) alla consegna dei farmaci a domicilio, passando per il monitoraggio dei malati cronici e l’orientamento dei pazienti verso le strutture sanitarie più idonee. Le compagnie assicurative, d’altronde, sono coloro che segnalano la maggiore urgenza nella digitalizzazione, sollecitate da molti cambiamenti e sfide. Tra queste: la pressione sui prezzi dovuta a fattori demografici, nuovi e costosi trattamenti e inefficienze di sistema; il livello di penetrazione assicurativa in Italia, ancora molto basso, con oltre il 90% della spesa per la salute pagata di tasca propria dai cittadini; concorrenti provenienti dal mondo high-tech come Google, Amazon e Microsoft; nuove aspettative da parte dei clienti che chiedono proposte personalizzate e digitali. In risposta a questo contesto, le assicurazioni hanno raddoppiato gli sforzi su nuove offerte, servizi e modelli di business e hanno iniziato a investire in risorse preparate.
COLLABORAZIONE, REALIZZABILE SOLO IN UN ECOSISTEMA FLUIDO
Il secondo elemento approfondito dalla ricerca è quello della collaborazione, intesa come elemento fondamentale del percorso per la realizzazione di un ecosistema della salute sempre più integrato.
Abbiamo rilevato come le assicurazioni salute siano le realtà che manifestano maggiore interesse a stringere partnership, in primis con i provider, ritenuti gli interlocutori più interessanti in quanto più vicini ai pazienti e primo punto di contatto con gli stessi, oltre che funzionali a un’attività di prevenzione e diagnosi in linea con l’interesse delle compagnie a proteggere la salute dei propri clienti. Si interpretano in questo senso le recenti operazioni di partnership strategica e integrazione verticale in corso tra assicurazioni e gruppi diagnostici/ambulatoriali, in Italia come già avvenuto in altri Paesi (Usa, Spagna). Non emerge invece, a oggi, l’interesse da parte delle compagnie assicurative a collaborare con aziende del mondo medtech e pharma, nonostante l’impatto che questo tipo di collaborazioni potrebbero generare: dall’abbattimento dei costi della protesica e delle successive fasi di riabilitazione, possibile attraverso l’uso di protesi personalizzate sui parametri fisici e biodinamici del paziente, fino alla riduzione di complicazioni e mortalità grazie ad una maggiore compliance terapeutica.
SINERGIE SU DATA & ANALYTICS, MA LO SCENARIO È FRAMMENTATO
Il grande territorio comune sul quale si può costruire il futuro dell’healthcare è l’interesse di tutti a costruire un percorso-paziente snello sin dalla prevenzione e dalla diagnosi, arrivando alla terapia e al successivo monitoraggio/follow-up. In seconda posizione tra gli obiettivi più interessanti della collaborazione sono state indicate le sinergie su data & analytics, indispensabili per una visione d’insieme di una storia clinica altrimenti frammentata e senza un chiaro responsabile ultimo di processo. L’accelerazione dell’adozione del Fascicolo sanitario elettronico prevista dal Pnrr potrebbe rappresentare un chiaro abilitatore in questo senso, compatibilmente con i vincoli normativi all’utilizzo dei dati dei pazienti.
Nonostante l’evidente interesse alla collaborazione, a oggi non sembra ancora esserci terreno fertile per lo sviluppo di veri e propri ecosistemi sanitari (digitali e non), ma vi è una generale frammentazione e mancanza di coordinamento tra gli attori del sistema. Quali sono gli ostacoli che si frappongono alla diffusione delle iniziative di collaborazione tra player del settore? Su questo tema le aziende indicano come prioritario lavorare sull’interoperabilità dei sistemi e la disponibilità dei dati. Ai temi infrastrutturali si affianca però un tema più profondo legato a incentivi non allineati e alla paura di perdere il controllo sul percorso del paziente, poiché ogni player mira a diventare il direttore d’orchestra dell’ecosistema.
Per collaborare efficacemente, dunque, è necessario non solo rimuovere gli ostacoli normativi/istituzionali alla condivisione dei dati e interoperabilità di sistema, ma anche e soprattutto indirizzare un’evoluzione culturale e organizzativa verso un ecosistema più fluido, nel quale ogni player sia disposto a essere orchestratore di un singolo segmento della catena del valore.
LA TELEMEDICINA ACCORCIA (E MIGLIORA) IL PATIENT JOURNEY
Aumentare la prossimità delle cure al paziente finale è il principale obiettivo che spinge i player verso la collaborazione. In questo contesto, la telemedicina si afferma non solo come una grande opportunità per ampliare la base clienti, ma soprattutto come una direzione di sviluppo che può rispondere a molte di queste esigenze: (i) fornire assistenza remota ai malati cronici (95%), e garantire un accesso più adeguato alle cure dove è necessaria una maggiore collaborazione tra attori diversi; (ii) migliorare il benessere e la prevenzione (63%); (iii) ridurre l’esigenza di visite di controllo in presenza (43%), con un conseguente risparmio di tempo e costi sia per il paziente (e l’eventuale caregiver), sia per le strutture. Non è considerata invece di vantaggio per la diagnosi, non potendo sostituire in toto la visita di persona effettuata da un medico.
In generale, si riconosce alla telemedicina un importante ruolo complementare e di collaborazione interdisciplinare (mai sostitutivo, 0%), fondamentale in un contesto di scarsità di personale sanitario, che in Italia ha visto un calo di 46mila unità tra il 2009 e il 2017 (tra cui 8mila medici e 13mila infermieri) con soli 87 medici di famiglia ogni 100mila abitanti, di cui la metà andrà in pensione nei prossimi 10 anni. In uno scenario come questo, il potenziamento dei servizi assistenziali territoriali previsto dal Pnrr per garantire l’effettiva applicazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) in modo omogeneo sul territorio non può prescindere dall’integrazione di servizi digitali, utili sia per il reclutamento e la gestione dei percorsi dei pazienti (attraverso modelli di stratificazione del rischio, diagnosi precoce, assegnazione piani di cura), sia per l’assistenza a domicilio (tele visita/monitoraggio), sia per il supporto alla rete professionale (condivisione dati, teleconsulto e coordinamento tra professionisti sanitari, ottimizzazione della produttività e riduzione degli spostamenti).
Il Covid-19 in questo senso ha costituito già un potente fattore di accelerazione nella diffusione di pratiche di telemedicina, cresciuta nel periodo pandemico di circa il 21-25%, con un ulteriore 19-23% di pazienti che indica l’intenzione di aumentarne l’utilizzo post-pandemia .
Per dare impulso alla trasformazione del sistema sanitario italiano, tutti i player coinvolti dovrebbero muoversi verso modelli di collaborazione più fluidi e impegnarsi collettivamente con le autorità di regolamentazione per superare gli ostacoli più rilevanti (interoperabilità del sistema e disponibilità dei dati), rimanendo allo stesso tempo competitivi al proprio interno per accelerare sulla strada della digitalizzazione. In quest’ottica, il Pnrr può rappresentare un motore di cambiamento a livello nazionale, per garantire uniformità sul territorio sia a livello di finanziamenti sia di fruizione.
© tadamichi – iStock
I TRE ASPETTI CHIAVE DELLA MATURITÀ DIGITALE
In conclusione, suggeriamo dunque tre aspetti chiave della maturità digitale che tutti i player dell’Healthcare dovrebbero implementare quanto prima:
- spingere la transizione al digitale in termini operativi (e non solo come ambizioni) come imperativo necessario per garantire la sostenibilità dell’intero ecosistema sanitario italiano (a maggior ragione alla luce del Pnrr) e per favorire la competitività delle singole imprese;
- rimuovere gli ostacoli che impediscono di stabilire collaborazioni sistemiche, mettendo in campo tutte le energie per avanzare verso ecosistemi più fluidi, nei quali il patient journey non sia diretto da un singolo orchestratore ma ogni player possa candidarsi a presiederne un singolo tratto;
- far leva sulla telemedicina come strumento necessario per costruire i nuovi modelli di prossimità e facilitare l’accesso alle cure.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
👥