SMART WORKING, IL LAVORO SENZA CONFINI?
L'editoriale di Maria Rosa Alaggio, dal numero di marzo 2018 di Insurance Review
06/03/2018
Strumento per ridurre i costi o elemento di innovazione all’interno delle imprese? È il quesito con cui si guarda alle iniziative di smart working che sempre più aziende, e sempre più compagnie di assicurazioni, stanno annunciando come segnale di cambiamento nella gestione aziendale. Alcune realtà, forse con maggiore tempestività e lungimiranza, hanno da tempo adottato lo smart working come elemento fondante di una più ampia concezione dell’impresa: un soggetto moderno, tecnologico e al tempo stesso più solidale, green, attento alle tematiche ambientali.
Secondo una ricerca di Od&M Consulting, i benefici attesi dallo smart working sono legati al concetto di responsabilità, e puntano a migliorare il work life balance (48,8%) delle persone coinvolte, l’efficienza operativa per incrementare la produttività individuale (10,7%) e ridurre i costi (8,3%).
Il passaggio da forme di lavoro tradizionale a forme di lavoro agile si concentra sugli aspetti tecnologici, e in particolare sui device più smart in cui racchiudere e custodire tutto il bagaglio di una professione: un vero e proprio patrimonio di informazioni alla base di mansioni che potranno essere svolte agevolmente da casa.
Bagagli che potranno poi essere anche accolti, due o tre volte a settimana, presso gli uffici della sede lavorativa, resa altrettanto smart e dotata di spazi comuni, più o meno eleganti e tecnologici, da condividere con altri smart worker.
Lo spirito che anima tali iniziative, e alla base di cospicui investimenti, ci parla di strategie che puntano alla flessibilità, alla riorganizzazione dell’impresa in senso moderno, capace di tradurre la tecnologia in produttività, efficienza e redditività.
Ma tra i maneggevoli bagagli del “lavoro portatile” emerge la consapevolezza di quanto sia cruciale intervenire sulla cultura aziendale e sui suoi valori, modificando la relazione tra l’azienda, il management e i dipendenti. E non solo. Perché lo smart working sembra l’espressione di un fenomeno sociale inarrestabile.
Dopo aver pervaso il modo di vivere la nostra vita privata e le nostre relazioni sociali, sempre più concentrate in un dispositivo che contiene contatti, amicizie, dialoghi con amici, parenti, conoscenti e network vari con cui ci interfacciamo (a volte non facendo più caso a chi ci sta fisicamente di fronte…), nuovi paradigmi stanno coinvolgendo (o invadendo?) anche la sfera del lavoro. Ecco allora che smart working significa sì modificare il modo di lavorare e di utilizzare il tempo, ma soprattutto il modo di pensare alla vita di ogni giorno, agli ambienti in cui la trascorriamo e agli equilibri delle relazioni in famiglia, oltre che con colleghi e superiori. Ambienti in cui il confine tra vita privata e professionale, con bagagli leggeri ma da cui non possiamo più separarci, rischia di diventare sempre più labile.
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