AXA ASSICURAZIONI, L'AGENTE E' IL PLAYER PRINCIPALE
La compagnia francese è sempre più integrata e impegnata nella costruzione di un sistema multiaccess. Maurizio Cappiello, direttore generale, ribadisce il valore della rete e i focus per i prossimi anni: rami elementari, protection, commercial line e salute. Queste le condizioni per crescere a ritmi serrati
27/02/2015
Una sola Axa. Una sola compagnia forte, generalista, che sappia, attraverso la propria rete di distribuzione, essere efficiente su tutti i comparti: dall’Rc auto al risparmio, dall’Rc professionale al corporate ai rami elementari. Questo l’obiettivo di Axa Assicurazioni, guidata da luglio 2013 da Frédéric de Courtois, già numero uno della joint venture Axa Mps. Il top manager francese ha integrato, in un nuovo ruolo a tutto tondo sull’Italia, la carica di Andrea Rossi, ad dal 2008, attualmente amministratore delegato a livello globale di Axa investment managers.
Per un bilancio dell’anno passato e per capire come sarà Axa in futuro, abbiamo chiesto a Maurizio Cappiello, da qualche mese nuovo direttore generale della compagnia (prima era vice direttore), quali sono le strategie per la rete con il piano Ambition 2016 e, più in generale, per una compagnia sempre più integrata e multiaccess.
Dott. Cappiello, quali sono i risultati raggiunti per quanto riguarda l’evoluzione della vostra rete di agenzie?
Sono risultati importanti. Nel 2008 avevamo oltre 750 agenzie, e dovevamo affrontare problemi strutturali seri, perché Axa in Italia nasce con la fusione di quattro linee con approcci e filosofie diverse (Abeille, Axa, Uap e Allsecures, ndr). Quindi abbiamo cominciato insieme al Gaa e al Gaai (le due rappresentanze degli agenti Axa) un percorso che ci portasse ad avere una sola Axa, anche dal punto di vista della distribuzione. Oggi abbiamo un totale di 640 agenzie che hanno visto aumentare il loro portafoglio medio. Prima di questo percorso l’agenzia era più piccola rispetto al mercato (2,2 milioni di euro vs 2,7 milioni): oggi siamo a 2,8 milioni per agenzia, con un fatturato circa di un miliardo e 700 milioni e un mix di portafoglio equilibrato: 50% auto, 27% rami elementari e 23% vita. Sul vita, per esempio, abbiamo lavorato più sui premi annui che sui volumi. Nell’ottobre 2012 è arrivata la svolta storica, con il nuovo mandato unico e il nuovo contratto integrativo, che rappresentano forme necessarie di assistenza alla rete. Un percorso che non è terminato, perché noi vogliamo continuare a crescere con la rete. I nostri agenti sono rimasti 1000, ma i nostri distributori (subagenti e specialisti) sono passati da 3000 a 4000, dei quali 400 specialisti vita e 100 specialisti nella collocazione di prodotti per le pmi. Infine siamo pronti ad acquisire nuove agenzie, sub agenti e specialisti.
In che modo la crescita delle agenzie potrà poi abbinarsi a una mentalità realmente multiaccess?
Per noi il player principale è l’agente: non altre figure. Non è nell’intenzione di Axa utilizzare il digital multiaccess per accentrare il rapporto con il cliente: vogliamo, anzi, costruire attorno all’agente un mondo digitale, così da renderlo raggiungibile 24 ore su 24. Agli agenti intanto chiediamo di focalizzare le attività sull’accordo siglato nel maggio scorso, Ambition 2016: focus su rami elementari, protection, commercial line e salute.
Tuttavia in Italia il problema generale della redditività agenziale rimane, come la difficoltà di presidiare il territorio in modo diverso. Molti agenti lamentano di non poter uscire da una logica “autocentrica”. Esiste un rischio di disintermediazione?
Il nostro settore è fatto da un mondo di domanda e uno di offerta. Il secondo, soprattutto in Italia, è ancora poco sviluppato, e l’innovazione può aiutare lo sviluppo di nuovo business. Penso ci sia sufficiente innovazione nei prodotti già sul mercato: se venduti con professionalità e consulenza, questi possano dare buone soddisfazioni all’agente. Un esempio? La commercial line: è essenziale saper vendere le garanzie di base, che la maggior parte delle aziende non ha ancora.
Tuttavia, il rischio di una progressiva diminuzione della quota di mercato degli agenti c’è. I bisogni dei clienti stanno cambiando: il rischio di mercato è che agenti che non si evolvono dovranno diventare subagenti, cosa che continua ad accadere. L’intermediario non deve essere un esattore, ma un fornitore di servizi.
Cosa significa, oggi, fidelizzazione dell’agente? Concepire una rete solo di monomandatari?
Non penso sia un vincolo contrattuale a determinare la fidelizzazione dell’agente, piuttosto dev’essere la compagnia a farsi preferire dal distributore, attraverso prodotti, servizi e investimenti per migliorare le attività. In linea di principio, Axa non è contraria al plurimandato. Il 90% delle ultime agenzie aperte sono plurimandatarie.
Perché un accordo aziendale compagnia-agenti non è di ostacolo alla concorrenza? Quali sono i limiti di cui tenere conto?
Ritengo fondamentale che una compagnia possa strutturare accordi con le rappresentanze di agenti mono e plurimandatari al fine di trovare regole di partnership, ovviamente non in conflitto con le norme.
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