STRETTI LEGAMI, QUALE OSTACOLO ALLA VIGILANZA?
Dopo il recepimento di Idd, gli intermediari devono dichiarare che le partecipazioni e anche le parentele all’interno della società non costituiscano un impedimento ai controlli dell’Autorità. Ma sono davvero utili queste comunicazioni?
07/06/2019
👤Autore:
Gianluigi Malandrino, avvocato e consulente legale di Sna
Review numero: 65
Pagina: 50
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L’articolo 3 della direttiva Ue 2016/97 (Idd) ha stabilito che gli Stati membri debbano garantire, in sede di registrazione degli intermediari, che gli stessi comunichino all’autorità di vigilanza: a) i nominativi degli azionisti o dei soci che detengano partecipazioni superiori al 10% nell’intermediario e l’importo di tali partecipazioni; b) i nominativi delle persone che hanno stretti legami con l’intermediario; c) le informazioni che garantiscano come le dette partecipazioni o gli stretti legami non impediscano un efficace esercizio della funzioni di vigilanza.
Tale diposizione normativa è stata quindi trasfusa nel dlgs 68 del 21 maggio 2018, con il quale l’Italia ha dato attuazione alla Idd; è stato perciò introdotto l’articolo 109, comma 4 sexies nel Codice delle assicurazioni, che riproduce testualmente la disposizione della Idd in precedenza riassunta.
Il Regolamento 40/2018 di Ivass, all’articolo 10 n.1 lett. f), che disciplina l’iscrizione al Registro delle persone fisiche, richiama l’articolo 109 comma 4 sexies del Codice, e impone alle persone fisiche che richiedono l’iscrizione al Registro di “non avere stretti legami con persone fisiche o giuridiche che impediscano l’esercizio dei poteri di vigilanza da parte dell’Ivass secondo quanto previsto dall’articolo 109, comma 4-sexies del Codice”.
Per quanto attiene alle società è inoltre stabilito dall’articolo 13, che le stesse, per ottenere l’iscrizione nelle sezioni A e B del Registro, oltre a non avere gli stretti legami, come per le persone fisiche, non siano “partecipate in misura superiore al 10% del proprio capitale in maniera tale da impedire l’esercizio dei poteri di vigilanza da parte dell’Ivass, secondo quanto previsto dall’articolo 109, comma 4-sexies del Codice”.
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Il citato impianto normativo mira evidentemente a un rafforzamento del sistema di vigilanza e controllo sull’intermediazione assicurativa; in particolare, il legislatore comunitario ha voluto individuare una regola per la quale le partecipazioni societarie e gli stretti legami tra intermediari, non possano influire sulla capacità di vigilanza delle autorità preposte.
Nella formulazione degli articoli 10 e 13 del Regolamento Ivass 40/2018, è precisato che, nelle comunicazioni informative da rivolgere all’Autorità di vigilanza, gli intermediari dovranno dichiarare che gli stretti legami, oppure le partecipazioni e controlli nelle società, non impediscono l’esercizio dell’attività di vigilanza da parte dell’Ivass stesso.
I LIMITI DELLA NORMA
Dunque, l’esistenza di partecipazioni rilevanti all’interno di società che svolgano attività d’intermediazione, così come l’esistenza di rapporti di controllo o anche di carattere familiare tali da integrare “stretti legami”, non costituiscono di per sé circostanze impeditive dell’esercizio dell’attività di intermediazione assicurativa ma possono non consentire l’iscrizione nel Registro, solo qualora impediscano la vigilanza da parte dell’Ivass.
Prima di esaminare ulteriormente i limiti che questa normativa presenta, anche in termini di una sua effettiva utilità sul piano pratico, cerchiamo anche di comprendere quali siano gli stretti legami tra soggetti che svolgono attività di intermediazione.
La definizione è individuabile nell’articolo 1, sub iii) del Codice delle assicurazioni, ove si afferma che per “stretti legami” deve intendersi: “1) un legame di controllo ai sensi dell’articolo 72; 2) una partecipazione, detenuta direttamente o per il tramite di società controllate, società fiduciarie o del capitale o dei diritti di voto, ovvero una partecipazione, che pur restando al di sotto del limite sopra indicato, dà comunque la possibilità di esercitare un’influenza notevole ancorché non dominante; 3) un legame in base al quale le stesse persone sono sottoposte al controllo del medesimo soggetto, o comunque sono sottoposte a direzione unitaria in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, oppure quando gli organi di amministrazione sono composti in maggioranza dalle medesime persone, oppure quando esistono legami importanti e durevoli di riassicurazione; 4) un rapporto di carattere tecnico, organizzativo, finanziario, giuridico e familiare che possa influire in misura rilevante sulla gestione dell’impresa”.
Va tenuto presente che secondo l’articolo 72 del Codice delle assicurazioni, il controllo societario sussiste quando attraverso maggioranza azionaria o “influenza dominante”, una società sia in condizione di controllarne un’altra, nonché quando attraverso accordi e rapporti tra soci sia possibile a un soggetto nominare o revocare la maggioranza degli amministratori; infine, anche l’assoggettamento a direzione comune, configura una ipotesi di controllo societario.
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UNA COMUNICAZIONE SU DUE ASPETTI
Il fenomeno del controllo societario risulta particolarmente ampio e complesso; l’estensione agli stretti legami, anche quelli di carattere familiare tra soggetti che esercitano l’intermediazione assicurativa, rende ulteriormente vasta la rete di interconnessioni che può risultare sensibile ai fini della vigilanza sull’attività assicurativa.
Il Provvedimento Ivass 84 del 13 febbraio 2019, stabilisce modalità e termini per le comunicazione degli intermediari assicurativi, prevedendo che debbano provvedervi i soggetti iscritti nelle sezioni A, B e D del Registro “con riferimento alla propria posizione e a quella di ciascuno degli intermediari iscritti nella Sezione E del Registro di cui si avvalgono (...)”.
L’obbligo dell’informativa riguarda pertanto tutti i soggetti iscritti nelle sezioni A e B, agenti e broker, siano essi persone fisiche o società; tale comunicazione deve anche riguardare la posizione degli intermediari derivati, iscritti nella sezione E.
La comunicazione da parte delle società è articolata su due diversi aspetti: a) l’obbligo di comunicare i nominativi dei soci (persone fisiche o giuridiche) che detengano una partecipazione superiore a 10% e il relativo importo, nonché l’esistenza di partecipazioni di controllo in altre società; b) l’eventuale esistenza di stretti legami con persone fisiche o giuridiche, dovendo peraltro attestare che ovviamente tali legami non impediscano l’esercizio delle funzioni di vigilanza.
Appare quindi necessario che la predetta comunicazione da parte delle società, individui anche l’esistenza di eventuali “stretti legami” (e quindi posizioni di controllo, oppure rapporti di carattere familiare) tra i soci; l’informativa sembra tuttavia doversi limitare all’ambito interno della società, senza quindi dover coinvolgere rapporti intercorrenti tra soci della società iscritta al Rui e altri soggetti esterni alla società stessa, a meno che non vi siano, partecipazioni di controllo in altre società.
LA REALE UTILITÀ DI UNA DICHIARAZIONE
Per quanto riguarda invece le persone fisiche, queste, in base all’articolo 10 del Regolamento 40, dovranno comunicare i nominativi dei soggetti con cui intercorrono stretti legami attestando che tali legami non impediscano l’attività di vigilanza.
Rigorosamente intesa la comunicazione degli stretti legami può risultare estremamente ampia, dovendo riguardare eventuali partecipazioni societarie di cui l’intermediario persona fisica risulti titolare e, soprattutto, i rapporti familiari, particolarmente frequenti nelle aziende di intermediazione assicurativa.
D’altra parte non si comprende la reale utilità di una pedissequa dichiarazione di rapporti familiari nell’ambito dell’attività di intermediazione, posto che tali rapporti non potranno comunque mai impedire (pena la cancellazione dal Rui o la mancata iscrizione), i poteri di vigilanza dell’autorità. Va anche sottolineato che impedire i poteri di vigilanza dell’autorità, è una espressione il cui significato si presta a molteplici interpretazioni.
È chiaro che nessun soggetto iscritto al Rui potrà dichiarare di aver organizzato la propria attività di intermediazione, sia essa in forma societaria o personale, in modo tale da impedire all’autorità di vigilanza l’esercizio dei propri poteri: in tal modo, tra l’altro, si incorrerebbe nel reato previsto dall’articolo 306 del Codice delle assicurazioni.
Né appare lecito presumere che in forza dell’esistenza di un legame di carattere familiare, o di accordi di controllo o di gestione delle società di intermediazione, vi sia un automatico impedimento alle funzioni di vigilanza. Neppure è agevole comprendere in che modo un rapporto di carattere familiare, poniamo tra i soci di un’agenzia assicurativa, oppure tra un agente e un proprio subagente (ipotesi peraltro frequentissime, attesa la prevalente natura familiare delle aziende di intermediazione assicurativa), potrebbe impedire le normali funzioni di vigilanza.
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UNA FUNZIONE DUBBIA (E RISCHIOSA)
È chiaro che nella fase in cui la vigilanza sia concretamente esercitata, poniamo nel corso di un’ispezione o di un procedimento sanzionatorio, potrebbero esservi interventi di soggetti tra loro collegati da stretti legami, mirati a limitare le attività di vigilanza. Ma ciò potrà verificarsi solo nei casi concreti, e pertanto la funzione dissuasiva delle predette comunicazioni in fase preventiva (al momento dell’iscrizione al Rui o nei termini stabiliti dal Provvedimento Ivass 84 del 2019) risulta di assai dubbia utilità.
Vi è il concreto rischio che si tratti, ancora una volta, del dover compilare un modulo piuttosto complesso, con il rischio di incorrere in sanzioni per la sua mancata o erronea tenuta, senza che da ciò derivi un effettivo vantaggio alle funzioni di vigilanza e, in definitiva, al mercato della intermediazione assicurativa.
Purtroppo la disposizione comunitaria che ha introdotto l’esigenza di una simile comunicazione, ha costretto il legislatore italiano a riprodurne gli elementi normativi nel decreto legislativo di attuazione.
Sarebbe tuttavia necessario che in sede di attuazione regolamentare l’obbligo delle predette comunicazioni, fosse maggiormente precisato e circoscritto solo a ipotesi tali da poter realmente incidere sulle funzioni di vigilanza.
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