DENTRO AL MADE IN ITALY
Ciò che distingue e fa apprezzare nel mondo le produzioni italiane è la capacità di avere qualità e creatività artigianali applicate su scala industriale. Un esempio è Mutina, impresa del settore delle superfici ceramiche, che ha sfidato i grandi nomi del design a cogliere fino in fondo le potenzialità di un materiale basico puntando su ricerca e innovazione
23/04/2021
La storia di Mutina racconta come una passione possa diventare un business: è un mix riuscito tra capacità imprenditoriale, visione, qualità, approccio artigianale su scala industriale, innovazione e design, caratteristiche che ne fanno un completo esempio del Made in Italy.
Nello sfondo c’è un settore, quello della lavorazione ceramica, con profondissime radici nel nostro Paese, esempio di tradizione e di creatività, che include le produzioni tipiche di alcune piccole località italiane tanto quanto i distretti industriali come quello di Sassuolo, in provincia di Modena: 300 aziende (alcune in provincia di Reggio Emilia) dalle quali esce l’80% della produzione nazionale di pavimenti e piastrelle per rivestimenti, un fatturato complessivo di 4 miliardi di euro che ne fa il più importante comprensorio del settore a livello mondiale.
Nasce proprio in questo contesto, a Sassuolo, l’esperienza di Mutina (antico nome di Modena), impresa guidata da un giovane imprenditore “figlio d’arte”, Massimo Orsini, che dopo essersi formato nell’azienda di famiglia decide di seguire un proprio percorso ed è oggi il ceo della nuova realtà. Nel 2005 Orsini rileva con tre soci una piccola azienda, fondata circa trent’anni prima, che aveva già un proprio approccio raffinato alla lavorazione di piastrelle e pavimenti: Orsini raccoglie questa eredità, fatta di prodotti capaci di esaltare la qualità dei materiali e di rapporti con gli studi di architettura, e la sviluppa portandola oggi a collaborare con i maggiori designer a livello globale per realizzazioni di prestigio che rivestono ambienti privati e pubblici in tutto il mondo.
TRA RICERCA E TRADIZIONE
Mutina, che oggi fattura circa 30 milioni di euro, segue però un modello di business che non la vede operare nella produzione di linee proprie ma come editore, trait-d’union tra i designer e il mercato, capace di sviluppare le idee e di trovare tra le eccellenze del comparto ceramico italiano la realtà più affine alla realizzazione del prodotto concepito.
Fin dall’inizio l’azienda ha avuto un approccio artistico-artigianale pur su scala industriale, che si pone in contrapposizione con la produzione standardizzata: “il nostro modo di operare va a colmare dei vuoti del settore. Il progetto imprenditoriale si è distinto già all’origine per il focus orientato al prodotto innovativo e di qualità e alla ricerca”, spiega Massimo Orsini, aggiungendo che “l’amore per la materia ci ha portato a scegliere da subito di collaborare con il mondo del design, che era il grande assente nel settore ceramico”. Questa scelta ha fatto sì che, attraverso la valorizzazione della materia e del progetto, i prodotti della ceramica diventassero protagonisti, e non comprimari adattati, dello stile di un ambiente: “la ricerca è alla base della strategia di Mutina, guidata dalla volontà di continuare a portare elementi innovativi all’interno del prodotto”.
OGNI CREATIVO È UNA NUOVA SFIDA
Pietra miliare del salto di qualità è stato l’orientamento a lavorare da subito con i designer. Nel 2008 Mutina inizia la collaborazione con Patricia Urquiola, firma notissima nel design, che ha aperto la porta a ulteriori collaborazioni con i maggiori nomi a livello internazionale: Edward Barber e Jay Osgerby, Ronan e Erwan Bouroullec, Tokujin Yoshioka, Yael Mer e Shay Alkalay di Raw Edges, Inga Sempè, Konstantin Grcic, Hella Jongerius, Laboratorio Avallone, OEO Studio e l’artista Nathalie Du Pasquier.
“I creativi con cui collaboriamo accettano di affrontare la sfida lanciata da Mutina di riuscire a fare riemergere la materia, mettere la ceramica al centro del ragionamento, un elemento di potenziale creatività che nel tempo, invece, era diventato mera imitazione di altri materiali. Per questo ogni nostra collezione ha un grado di difficoltà tecnica elevatissima”, racconta Massimo Orsini. Le produzioni non nascono da un processo sequenziale che allinea le singole funzioni, ma da un metodo che si basa sul confronto e la collaborazione con tutti i protagonisti della nascita di un prodotto, così da unire subito all’idea di creatività le componenti della tecnica, dei materiali, della qualità e dell’elevata funzionalità.
Ogni designer è un mondo a sé, e qui entra in gioco il valore della ricerca. Nascono collezioni diversissime per approccio, misura e lavorazione, ragione per cui Mutina si avvale di collaborazioni con produttori selezionati, dal piccolo stabilimento semi-artigianale alle imprese industriali, “rapporti che si basano su solide partnership, realtà d’eccellenza che condividono con noi l’interesse per l’innovazione di tecniche e materiali. Negli anni si è creata con loro una forte affinità nel lavoro, e i nostri produttori conoscono molto bene gli alti standard qualitativi che il brand ricerca”.
È una filiera produttiva che si sviluppa particolarmente nel distretto emiliano-romagnolo, ma si rivolge all’esterno a monte dei progetti nella ricerca di creatività e a valle nella distribuzione. Si sono così aperte per Mutina le porte di molti studi di architettura a livello mondiale: “nella commercializzazione seguiamo due direttrici: una tradizionale, con partner distributivi che sostengono il brand a livello nazionale e internazionale, e l’altra più innovativa che ci vede investire molto nelle risorse per dialogare direttamente con gli studi di architettura”, spiega Orsini.
In questo senso il Covid non ha segnato un rallentamento. Quelli scorsi sono stati mesi utili per la costruzione di nuovi progetti, come la recente apertura di due spazi espositivi dedicati proprio agli architetti: Casa Mutina Milano, pied-à-terre fisso per i creativi che gravitano nella città ambrosiana e luogo di incontro nei giorni del Salone del Mobile, e Casa Mutina Modena, il cui edificio ospita una residenza creata appositamente per accogliere gli ospiti e i collaboratori che vengono da lontano, ma costituisce anche uno spazio che è possibile visitare su appuntamento.
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