SENZA ASSICURAZIONE UN PAESE SI FERMA
Tra importanti novità normative e un non sempre facile confronto con il mondo politico, sono diversi i fronti aperti con cui si dovrà relazionare l'industria assicurativa in questo 2016. Secondo Vittorio Verdone, Direttore affari istituzionali e regolamentari di Unipol Gruppo Finanziario, la sfida per il settore è riuscire a farsi percepire come fondamentale per il benessere dell'intera società: in questo, ribadisce, sarà fondamentale anche il ruolo delle reti distributive nell'essere capaci di far emergere il bisogno di tutela assicurativa
15/02/2016
L’introduzione di Solvency II che chiede alle compagnie una maggiore attenzione alla sana e prudente gestione.L’iter del ddl Concorrenza, che rischia di trasformarsi in un boomerang se, pressato da spinte demagogiche, dovesse andare nella direzione opposta rispetto a quella per cui è stato varato. E il ruolo della tecnologia, sempre più centrale nelle strategie delle compagnie. In questo 2016 sono tante le novità (e i nodi critici che attendono di essere sciolti) per il comparto assicurativo. Un settore che “dovrebbe ricevere maggior considerazione nelle scelte legislative”, secondo Vittorio Verdone, direttore Affari istituzionali e regolamentari, presso la Direzione legale, partecipazioni e relazioni istituzionali di Unipol gruppo finanziario.
Verdone, che per anni ha ricoperto il ruolo di direttore centrale dell’Ania, ritiene che debbano essere gli stessi assicuratori a dimostrarsi capaci di farsi percepire come fondamentali, perché, come sottolinea in questa intervista a Insurance Review, “senza assicurazione un Paese si ferma”. Quanto alle sfide per il canale agenziale, il manager ribadisce che per Unipol la rete “è l’asset competitivo centrale per i piani di sviluppo” e che gli agenti dovranno rappresentare “la spinta alla domanda assicurativa”, attraverso “un dinamismo capace di creare la percezione del rischio e il bisogno della sua tutela”. La sfida con gli altri canali si giocherà “sulla professionalità”, che rappresenta “il vantaggio competitivo dell’agente oltre che una garanzia per il cliente”.
Il 2016 si apre con molti fronti caldi che il settore assicurativo deve saper gestire confrontandosi con il mondo delle Istituzioni, il legislatore e il regolatore. Quali sono i nodi più critici su cui si dovranno trovare presto soluzioni efficaci?
L’efficienza e la profittabilità dei mercati complessi, come quello assicurativo, dipendono in parte essenziale dall’assetto regolamentare. La continua evoluzione della normativa che riguarda più strettamente l’esercizio dell’attività (in termini di requisiti patrimoniali, gestione del rischio, corporate governance e rapporti con la clientela) prevalentemente di fonte comunitaria, ci impegna in una costante e progressiva revisione dei processi operativi aziendali. In taluni casi, dobbiamo scontare un aggravio eccessivo e costoso di procedure formali; in altri intravediamo prospettive di semplificazione, grazie, ad esempio, alla possibilità di impiegare le tecnologie digitali anche nelle relazioni con la clientela, impiego precluso dalle stringenti regole formali fino a ieri. L’attività più complessa da realizzare, e che è in corso di esecuzione, riguarda l’applicazione della normativa introdotta dal sistema Solvency II: definite le regole a livello europeo, si sta procedendo all’implementazione della normativa nazionale attraverso un susseguirsi di regolamenti applicativi o esplicativi delle linee guida dell’Eiopa, che Ivass sta sottoponendo alla pubblica consultazione dalla fine dell’anno scorso. Una mole rilevante di disposizioni, certamente attese, ma pur sempre di impatto nell’operatività aziendale. Sul fronte legislativo “interno” sono ripresi i lavori parlamentari sul ddl Concorrenza, che per il settore assicurativo riguarda principalmente e, del resto è una costante, la Rc auto. Sul fronte dell’intermediazione assicurativa è stata pubblicata la direttiva Idd di modifica della prima direttiva intermediari, ma i tempi di recepimento sono lunghi (due anni). Sul fronte istituzionale, va registrato un calo di interesse per il tema della copertura assicurativa delle calamità naturali, che andrebbe invece spinta, mentre si registra più attenzione per i temi del welfare, anche se l’interesse non si concretizza poi in azione: penso a meccanismi più incentivanti per la sanità assicurata o per la previdenza integrativa.
Quali sono a suo avviso le modalità da adottare per rendere più proficuo, rispetto al passato, il confronto tra compagnie di assicurazioni/settore assicurativo e mondo politico?
Credo che sia da colmare un gap culturale. Dobbiamo far percepire l’apporto che il sistema assicurativo può realmente dare per lo sviluppo delle attività produttive e per l’integrazione del welfare. Non è ancora diffusa, neppure a livello istituzionale, la percezione del ruolo delle compagnie di assicurazione in economia. E non parlo solo del ruolo di investitori istituzionali, che pure è centrale per l’ordine dei conti pubblici. Mi riferisco soprattutto alla consapevolezza, da acquisire, che senza assicurazione un Paese si ferma. Non circolano auto, treni, non volano gli aerei, non si eseguono progetti edilizi, le aziende falliscono per un solo sinistro, le persone non possono sopportare il peso dei rischi che la vita pone ogni giorno. Il settore assicurativo dovrebbe ricevere maggior considerazione nelle scelte legislative. Dobbiamo sforzarci noi per farci percepire fondamentali, ma occorre una disponibilità all’ascolto, oltre il pregiudizio e la facile demagogia legata alla solita questione Rc auto. Come gruppo Unipol, da sempre ci proponiamo come interlocutori trasparenti con le Istituzioni, forti anche di un Dna ad alta vocazione sociale. In senso coerente con la nostra essenza, stiamo sperimentando iniziative di partnership con Istituzioni locali sul tema delle calamità naturali. Intendiamo poi confermare il nostro ruolo centrale nella previdenza sanitaria che, anche per la politica, è un argomento non più eludibile. Sono queste le tematiche principali dell’assicurazione del terzo millennio.
Il ddl Concorrenza rischia di rivelarsi un boomerang non solo per le compagnie ma soprattutto per i consumatori. È ancora possibile ridurre questo rischio? A quali condizioni?
Ecco, appunto, la Rc auto. Gran parte delle norme in discussione nel ddl Concorrenza riguarda l’assicurazione obbligatoria. Come si sa, il testo originario, pur in presenza di disposizioni criticabili per l’imposizione di elementi di rigidità nell’offerta dei prodotti, incoerenti con i principi della concorrenza, presentava spunti interessanti per colmare la distanza tra Italia ed Europa nella struttura dei costi della Rc auto: la tabella per la valutazione dei danni gravi alla persona finalmente avrebbe rispettato le indicazioni della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite che ha chiaramente definito la categoria unitaria del danno non patrimoniale da lesioni fisiche e sarebbe risultata coerente con l’impianto del Codice delle assicurazioni che già disciplina le lesioni lievi.
Alcune norme antifrode (sull’identificazione dei testimoni e sull’impiego probatorio delle scatole nere) avrebbero dato un contributo all’attività di contrasto alle truffe e alle speculazioni diffuse. L’equiparazione delle forme pensionistiche complementari rappresentava un’opportunità per l’apertura del mercato della previdenza integrativa. Il testo licenziato dalla Camera ha quasi del tutto ribaltato gli aspetti positivi del ddl. Una palese antinomia rispetto al titolo della legge, laddove la concorrenza nel testo si appanna a improbabile simulacro. Si sono introdotte imposizioni sulla politica tariffaria Rc auto per i contratti evoluti (polizze con scatola nera). La fissazione di sconti minimi obbligatori e il tentativo in atto di conformare le tariffe delle zone territoriali più rischiose a quelle applicate nelle zone più virtuose sono tecnicamente sbagliati, perché introducono impropri meccanismi di mutualità forzata che danneggiano la maggior parte degli assicurati, oltre a risultare non conformi ai principi comunitari di libertà tariffaria, che è la concorrenza. Ora la parola è al Senato. Vedremo se il senso logico dell’intervento normativo prevarrà sulla demagogia. In caso contrario si pubblicherà l’ennesima legge inutile.
Anche Solvency II, in un continuo confronto con l’Europa, continuerà a rappresentare un cantiere aperto nei prossimi mesi. Quali sono le difficoltà di cui è necessario tener conto, e come superarle?
La disciplina è sostanzialmente data, ferme articolazioni di dettaglio che sono in corso di definizione in ogni Stato membro. La complicazione maggiore è di tipo organizzativo: la messa in opera di complessi sistemi di valutazione dei rischi e il loro monitoraggio in continuo, l’elaborazione di mole imponenti di dati, la strutturazione di presidi di controllo e di informativa per la vigilanza e per il mercato. Dal punto di vista del business, aumenta l’attenzione alla sana e prudente gestione. Noi siamo tranquilli. La nostra attenzione ai risultati tecnici, alle politiche di riservazione e di offerta tariffaria ci consentono di affrontare le sfide di un mercato sempre più competitivo con i conti in ordine.
Il rapporto con Ivass è legato a un’attività di regolamentazione sempre più dinamica. Gli effetti delle iniziative realizzate a oggi (pensiamo in particolare alle semplificazioni) sono positivi? O andranno a complicare un sistema già complesso?
Occorre considerare che anche le cosiddette semplificazioni sono cambiamenti, e quindi implicano modifiche operative importanti nel ciclo organizzativo delle imprese. Passare dalla carta al digitale è bene, ma per farlo è necessario cambiare processi, procedure, in qualche caso le persone stesse. Detto questo, il percorso verso l’impiego di tecnologie digitali è irreversibile. L’Ivass ha iniziato a tener conto dello sviluppo tecnologico in alcuni regolamenti che riguardano le relazioni con la clientela. Il prossimo passo sarà il regolamento sull’informativa precontrattuale nei rami danni: l’obiettivo è disporre di una nota sintetica, con le informazioni essenziali, ed effettivamente utile al contraente per una sottoscrizione consapevole della polizza. Noi, come gruppo Unipol, abbiamo avanzato proposte innovative a vantaggio dell’immediata comprensibilità delle garanzie che si intendono acquistare. Il nostro sforzo dovrà riguardare anche la semplificazione dei prodotti, sia a vantaggio della clientela sia per favorire l’attività degli agenti. Sempre tuttavia tenendo conto che la polizza è un contratto complesso, non un abbonamento a un servizio.
In chiusura, una riflessione sul mondo dell’intermediazione. Quale sarà il destino del Fondo pensione agenti (e delle pensioni delle reti UnipolSai) e quali scelte dovranno essere intraprese dal canale agenti per un’evoluzione profittevole sia per gli agenti sia per la compagnia?
Dopo il profluvio di chiacchiere e di proclami strategici sul salvataggio del fondo, la situazione è che il Fondo pensione agenti è tuttora commissariato e la gestione straordinaria, d’accordo con la Covip, non poteva che confermare la riduzione delle prestazioni resa necessaria dallo squilibrio prospettico rilevato. Il tentativo di risanamento, cui il gruppo Unipol avrebbe partecipato in parte rilevante, è al momento naufragato. Ricordo che il nostro gruppo, ha manifestato la massima attenzione a preservare le posizioni dei propri agenti, chiedendo che il piano di salvataggio non prevedesse penalizzazioni per gli agenti che decidessero di trasferire la propria posizione in altro fondo conservando gli zainetti individuali formati con la contribuzione versata. Ora vedremo i prossimi sviluppi e valuteremo il da farsi nell’ambito della continua interlocuzione con i nostri gruppi agenti. Quanto alle sfide per il canale agenziale, è certo che per noi la rete è l’asset competitivo centrale per i piani di sviluppo. Gli agenti dovranno sempre più essere spinti alla domanda assicurativa, attraverso un dinamismo capace di creare la percezione del rischio e il bisogno della sua tutela e con una predisposizione alla velocità nelle risposte da dare a tali bisogni. La tecnologia aiuterà a snellire i processi, ma la professionalità rappresenterà sempre la base di una consulenza appropriata. La sfida con gli altri canali a mio avviso si giocherà proprio sulla professionalità specifica, che costituisce il vantaggio competitivo dell’agente oltre che una garanzia per il cliente.
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