RISK MANAGER EUROPEI A CONFRONTO
Si è svolto a Venezia il Forum biennale di FERMA, importante momento di dibattiti per la categoria e per le compagnie assicurative. In questa occasione, ANRA, l'Associazione dei Responsabili dei rischi italiani, ha organizzato un evento in cui il Progetto MOSE è stato presentato come esempio di gestione del pericolo catastrofale
18/11/2015
Guardare al futuro con gli strumenti giusti e un po’ di creatività: è questa la ricetta che esce dal Ferma Forum, evento biennale organizzato da Ferma (la federazione europea delle associazioni nazionali di risk management) con l’obiettivo di sviluppare il networking tra i risk manager europei e farli incontrare con i principali player del settore assicurativo. Il Forum, organizzato a Venezia dal 4 al 7 ottobre, ha visto svolgersi una serie di appuntamenti tra sessioni plenarie, workshop, eventi e networking lunch, che hanno definito l’evento come un concreto momento di confronto sui temi della professione tra i risk manager delle principali aziende europee e i maggiori esperti delle compagnie assicurative a livello globale.
I temi di maggior rilievo sul tavolo delle discussioni hanno riguardato i rischi legati ai cambiamenti geopolitici, ai mutamenti climatici, alle catastrofi naturali, alle minacce tecnologiche, alla sicurezza dei beni fino agli strumenti assicurativi per i lavoratori, come employee benefits e tutela dei dipendenti nei viaggi all’estero.
A fare gli onori di casa Julia Graham, presidente uscente di Ferma, che nel corso della cerimonia di chiusura ha passato il testimone a Jo Willaert, corporate risk manager di Agfa-Gevaert, che resterà in carica fino al Ferma Forum del 2017.
Graham ha aperto il Forum con l’importante novità della certificazione Rimap, messa punto da un nutrito gruppo di lavoro con lo scopo di individuare linee comuni a livello europeo per accreditare la professionalità del risk manager attraverso i suoi compiti e la formazione.
IL MOSE COME PARADIGMA DELLA RESILIENZA
In questa cornice, Anra, l’associazione dei risk manager italiani, ha giocato il ruolo di ospite, organizzando nell’ambito del Forum un proprio evento. Tema della sessione convegnistica di Anra è stato il valore positivo della resilienza nella gestione dei rischi e il suo impatto sul Pil nazionale, quando tale approccio è applicato alla gestione delle opere pubbliche. Come esempio paradigmatico è stato utilizzato il progetto Mose, il sistema di dighe mobili a protezione della laguna veneziana, interpretato come archetipo di intervento finalizzato alla riduzione del rischio. L’intervento di apertura è stato affidato a Giovanni Cecconi, direttore del centro informativo del Consorzio Venezia Nuova, il quale ha ampiamente presentato il contesto in cui si è operato per la realizzazione del progetto Mose, a partire dal ruolo della tecnologia per lo sviluppo delle difese ambientali tipiche della costa lagunare. Tutelare l’ambiente e ripristinarlo dove necessario è stata un’azione finalizzata ad aumentare la resilienza e a governare quindi gli effetti delle maree. Nella sua complessa strutturazione, il sistema del Mose è una soluzione pilota a livello mondiale, che come tale sta riscuotendo l’interesse di tutti quei Paesi che si sentono minacciati dagli effetti dei cambiamenti climatici sul livello medio del mare.
L’applicazione del concetto di resilienza alle infrastrutture critiche è stato il tema affrontato da Roberto Setola, professore presso l’Università Campus Bio Medico di Roma, il quale ha sottolineato come a livello globale sia in forte crescita l’attenzione verso le infrastrutture critiche, identificate come il vero vulnus delle società moderne, così sovrastrutturate da essere impossibilitate a sopravvivere in assenza, ad esempio, di energia elettrica. Una debolezza infrastrutturale può risultare devastante in caso di attacco terroristico, cyber o anche in caso di catastrofe naturale. In tal senso, la direttiva 2008/114/CE ha stabilito che ogni paese dell’Unione Europea debba istituire un piano di emergenza finalizzato al contenimento delle conseguenze derivanti da un danno alle infrastrutture critiche evidenziate come di interesse europeo. Setola ha quindi illustrato l’esempio di quanto progettato a Roma per il controllo e la gestione delle criticità che si possono manifestare sulla rete elettrica, un progetto di resilienza applicata che ha portato benefici in termini di razionalizzazione, con conseguente risparmio economico per il gestore.
FINANZIARE I RISCHI CATASTROFALI
Di fronte ai potenziali rischi che possono impattare sulle infrastrutture critiche, è necessario prevedere dei sistemi di resilienza finanziaria in grado di fare fronte agli impegni economici conseguenti. Su questo argomento si è espresso Alberto Monti, professore ordinario presso lo Iuss di Pavia, che ha sottolineato come l’impatto che un evento catastrofale può avere su una infrastruttura critica determini la necessità di una disponibilità finanziaria finalizzata alle gestione dell’emergenza. In tal senso, anche le Nazioni Unite hanno recentemente messo in primo piano, accanto ai piani di soccorso alle popolazioni, la necessità dei Paesi di poter contare su adeguate e solide fonti di finanziamento.
Monti ha poi citato lo studio di Swiss Re che attribuisce ai danni catastrofali un impatto fino a quattropunti sul merito di credito del Paese colpito: per questo Monti identifica una serie di strumenti finanziari che possono rientrare in misure da predisporre prima e in altre da prevedere dopo l’evento dannoso. La sessione di lavori di Anra si è chiusa con gli interventi di Mario Martina, ricercatore in costruzioni idrauliche, marittime e idrologia allo Iuss di Pavia e di Paolo Bazzurro, professore ordinario di tecnica delle costruzioni presso la stessa istituzione. I due interventi hanno indagato la situazione italiana in relazione al rischio idrogeologico, illustrando la crescita del fenomeno nel nostro Paese e la necessità di applicare concreti modelli di rischio per poter prevedere, e quindi gestire, l’impatto di tali fenomeni nelle diverse zone interessate.
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