UNIPOLSAI, I SINDACATI SI DIVIDONO
Le trattative per l'accordo azienda-lavoratori, in vigore dallo scorso gennaio, hanno visto la frattura tra sigle confederali (firmatarie) da una parte, e autonomi dall'altra. Terreni di scontro, il pensionamento obbligatorio per chi ha maturato i requisiti e le caratteristiche contrattuali di 150 nuovi giovani assunti
20/03/2015
Approvato dai lavoratori lo scorso gennaio con il 71% di voti favorevoli, l’accordo sindacale UnipolSai sottoscritto il 29 dicembre 2014 ha diviso il fronte delle rappresentanze: da un lato le sigle confederali, Fisac Cgil, Fiba Cisl e Uilca, soddisfatte dal risultato raggiunto; dall’altro i sindacati autonomi, Snfia e Fna, fortemente contrari ad alcune misure previste dal documento.
L’accordo ha rappresentato il punto finale di un percorso iniziato il 18 dicembre 2013, quando è stato firmato un primo documento sindacati-azienda nel quale si poneva il problema della gestione di 2240 esuberi dichiarati dall’azienda in seguito alla fusione Unipol-Fonsai, poi scesi a 900 con la cessione di asset ad Allianz. L’intento, da ambo le parti, era di gestire questi esuberi in modo sostenibile, attraverso bandi di adesione volontaria alla pensione per coloro che avevano già raggiunto i requisiti di età, e con l’utilizzo del fondo di solidarietà per sostenere economicamente i lavoratori ormai prossimi (entro i cinque anni) alla pensionabilità.
OBBLIGATORIETÀ ALLA PENSIONE
Lo scorso dicembre, a un anno di distanza, si è tornati in sede di trattativa per l’accordo di verifica. L’azienda ha chiesto ai sindacati di risolvere il nodo riguardante sia i lavoratori che, pur avendo maturato i requisiti per la pensione, non avevano aderito al bando di adesione volontaria, sia di coloro che avevano rifiutato l’adesione al fondo di solidarietà: in tutto 321 persone. “Siamo riusciti a ridurre da 321 a 240 il numero di lavoratori coinvolti – spiega Luca Esposito, segretario nazionale assicurativi della Fisac-Cgil – tenendo fuori alcune situazioni particolari e le fasce più deboli. Siamo arrivati a quella che crediamo sia la soluzione più equilibrata e sostenibile possibile: l’accordo prevede l’obbligatorietà di andare in pensione per chi ne ha i requisiti, e per quanto riguarda il fondo di solidarietà, un’ulteriore proroga per potervi accedere, mantenendo però il principio della volontarietà”.
Di tutt’altro avviso è Marino D’Angelo, segretario generale dello Snfia, secondo il quale “obbligare le persone a uscire dal mondo del lavoro equivale, di fatto, a un licenziamento collettivo. La frattura con gli altri sindacati è avvenuta perché noi ci siamo fermamente opposti a questa imposizione”. Secondo D’Angelo, “non si può imporre al lavoratore un’uscita forzata contro la sua volontà, soprattutto in un periodo di così grande difficoltà economica per le famiglie italiane. La possibilità di scegliere deve essere sempre garantita: noi di Snfia – sottolinea – siamo contro la cultura dello scarto”.
150 GIOVANI ASSUNTI CON IL JOBS ACT
Luca Esposito spiega invece che l’accordo “riesce a coniugare equilibrio, sostenibilità, contenimento dei costi e anche sviluppo, visto che una delle pietre fondanti del documento è l’impegno preso da UnipolSai ad assumere 150 giovani entro il 31 dicembre di quest’anno, con contratti non precari, ma stabili. Assumere – sottolinea – vuol dire andare a cercare al di fuori dell’azienda competenze nuove, che non si hanno al proprio interno”. Tuttavia, proprio l’entrata in azienda di questi giovani lavoratori è stato il secondo grande motivo di divergenza tra i sindacati confederali e gli autonomi: “essendo noi estremamente contrari al Jobs Act – spiega D’Angelo – chiedevamo che queste assunzioni non avvenissero nell’ambito di questa legge, e che quindi i nuovi contratti non fossero a tutele progressive. Anche perché – aggiunge – questa operazione è favorevole all’azienda: escono persone ad alto reddito, ed entreranno persone non garantite”.
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