TERZO SETTORE, UN MONDO IN EVOLUZIONE

Più di 360mila enti e associazioni, 900mila dipendenti, circa 70 miliardi di euro in risorse mobilitate all’anno, un valore complessivo pari al 5% del Pil italiano: questi i numeri principali del non profit in Italia. Stabilità, efficacia, gestione del rischio sono le sfide per il presente e il futuro del comparto, secondo l’esperienza di Cattolica Assicurazioni

TERZO SETTORE, UN MONDO IN EVOLUZIONE
👤Autore: F.A. Review numero: 98 Pagina: 20-23
Prima delle elezioni del 25 settembre scorso, gli operatori del terzo settore, all’interno della cornice del Forum Terzo Settore, hanno avevano proposto la loro agenda per il futuro governo, indipendentemente dal suo orientamento politico. Al centro del programma, c’era una frase che riassumeva chiaramente la posizione di queste realtà: “La solidarietà non sia un lusso e la sussidiarietà non sia un’opzione, ma condizioni per lo sviluppo”. Il Forum ricordava ai decisori politici che l’Italia “investe solo lo 0,7% del Pil in servizi sociali territoriali contro una media europea del 2,5%, e appena lo 0,28% del reddito nazionale lordo in cooperazione allo sviluppo, contro lo 0,7% definito dagli impegni internazionali”. 
Tra le proposte per cambiare le cose, gli operatori del terzo settore chiedevano di riformare il reddito di cittadinanza; lavorare a un sistema fiscale equo, basato sul principio della progressività, evitando tagli al welfare; e ancora, istituire un sistema nazionale di presa in carico della non autosufficienza.
“Alle forze politiche che si candidano alla guida del Paese – concludeva il Forum – chiediamo di costruire un modello che abbia al centro il welfare e che sia in grado di sviluppare, dalle fragilità e dalle opportunità presenti sui territori, nuova occupazione incentrata su innovazione, cultura, prevenzione ambientale, cura della persona”. 



IL 5% DEL PIL

Ma di cosa parliamo quando parliamo di terzo settore? Parliamo di oltre sei milioni di persone attive, più di 360mila enti e associazioni, 900mila dipendenti, circa 70 miliardi di euro in risorse mobilitate all’anno, un valore complessivo pari al 5% del Pil italiano: sono i numeri del non profit in Italia, cioè tutte quelle attività che rientrano, appunto, sotto la definizione di terzo settore. Un comparto molto diversificato che comprende gli ambiti della sanità e dell’assistenza, ma anche della ricerca, cultura, sport, attività ricreative, volontariato, cooperazione internazionale ed enti ecclesiastici: un comparto che vale, come detto, il 5% del Pil, cioè quanto l’automotive. 
Al terzo settore, Cattolica Assicurazioni è da sempre stata vicino e continua a esserlo anche dopo l’operazione di integrazione con Generali. Per ribadire l’impegno, anche (e forse soprattutto) in questi momenti difficili che il Paese sta attraversando, tra inflazione, crisi energetica, aumento del costo delle materie prime, la compagnia ha organizzato recentemente un incontro, dal titolo In 4 per voi, dedicato proprio alle associazioni e agli enti del terzo settore, un insieme di attività che valgono “500 milioni di euro del ramo danni”, come ha sottolineato nella sua prima uscita pubblica il neo ad della compagnia, Samuele Marconcini



I FABBISOGNI ASSICURATIVI 

“La nostra value proposition in questo ambito è unica – ha detto dal palco dell’evento Marconcini – siamo  l’unica compagnia a livello italiano a poter vantare una business unit completa, dedicata a queste realtà”, ha ricordato riferendosi all’unità Enti religiosi e terzo settore, guidata da Piero Fusco. “Siamo in grado di offrire – ha continuato l’ad di Cattolica – non solo soluzioni assicurative, ma un vero e proprio servizio di gestione dei sinistri, consulenza, formazione e informazioni per la gestione degli enti, grazie a professionisti qualificati e a un osservatorio recentemente rinnovato”. 
L’evento è stato anche l’occasione per presentare Il non profit in evoluzione, il primo rapporto sui fabbisogni assicurativi, le scelte e le esigenze degli enti del terzo settore, realizzato in collaborazione con il Cesen, Centro studi sugli enti ecclesiastici e sugli altri enti senza fini di lucro, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e Innovation Team. “Il rapporto – come lo definiscono gli estensori – punta a rafforzare la sostenibilità delle organizzazioni attraverso la ricerca di un equilibrio tra appropriate scelte di governance, assetti organizzativi funzionali all’attrazione di nuove risorse e adeguate strategie di gestione dei rischi”.

IL 91% DELLE ASSOCIAZIONI NON HA DIPENDENTI 

“Stabilità, efficacia, gestione del rischio sono le sfide per il presente e il futuro del non profit”, ha spiegato Carlalberto Crippa, direttore marketing di Cattolica, che ha presentato la ricerca insieme ad Alberto Perrone, responsabile del Cesen. “Cattolica condivide con il terzo settore gli stessi valori – ha precisato Crippa – e non vogliamo soltanto vendere polizze agli enti, vogliamo generare valore per loro, attraverso un contributo di pensiero scientifico e un contributo operativo grazie al nostro ecosistema di prodotti e servizi”. 
Ma com’è fatto questo mondo? “La gran parte sono associazioni piccole e piccolissime – spiega Perrone, rivelando che – il 91% delle associazioni non ha dipendenti e il 41% fattura meno di 10mila euro l’anno”. Ma accanto a queste ci sono anche le fondazioni strutturate, che muovono la maggior parte delle risorse”. 



LA RIFORMA HA INTRODOTTO LA GESTIONE DEL RISCHIO

La svolta per questo comparto è arrivato con la riforma del 2017. La legge si muoveva su due direttrici: “da un lato – ha ricordato Perrone – dava al terzo settore un ruolo cruciale nell’organizzazione del welfare italiano; dall’altro cercava di responsabilizzare e dare ordine alle attività di associazioni ed enti, condizionando l’accesso alla collaborazione con le istituzioni pubbliche al rispetto di determinati requisiti di organizzazione e professionalità. La riforma – ha aggiunto – ha alzato l’asticella a proposito di organizzazione, trasparenza e governance di tutto il terzo settore”. 
Oltre ad aver introdotto il concetto di gestione dei rischi, la riforma del 2017 ha istituito l’assicurazione obbligatoria per tutti i dipendenti e i volontari di associazioni ed enti non profit, e ha equiparato la responsabilità civile dei dirigenti a quella delle aziende a scopo di lucro. 
Dalla ricerca è emerso che il 77% degli enti possiede una copertura danni a terzi, il 40% una polizza incendio e solo il 15% una per le catastrofi naturali. Assenti (o quasi) le coperture D&O, che riguardano solo tre enti su 100, e quelle sul cyber risk (4%). Enorme la disparità territoriale tra nord e sud del Paese. 



LE MOSSE DI CATTOLICA, TRA ACCADEMIA, POLIZZE E SOLIDARIETÀ

“La sottoassicurazione è tema molto serio”, ha fatto notare Crippa. “Il terzo settore è fragile – ha aggiunto – ogni anno spariscono 12mila enti e l’assicurazione è una leva essenziale. Per questo Cattolica vuole lavorare su due direttrici: in primis, aumentare la cultura del risk management e poi proporre soluzioni specifiche sui bisogni molto variegati che esprime il comparto non profit”. 
Gli strumenti per fare queste cose sono essenzialmente tre: il lavoro di ricerca e studio del settore, attraverso il rapporto presentato e l’osservatorio su enti religiosi e non profit; il programma assicurativo (Cattolica & Non Profit), lanciato nel novembre scorso e su cui il mese scorso è partita una nuova campagna pubblicitaria, e la Fondazione Cattolica, che ha messo a disposizione delle realtà non profit 500mila euro, attraverso un bando. Anche grazie agli agenti saranno individuate le realtà non profit più promettenti e ne saranno selezionate 100 entro la fine dell’anno.
In dieci anni di attività, ricorda Cattolica, la fondazione ha erogato 26 milioni di euro, contribuendo ad avviare 390 imprese sociali che hanno dato lavoro a circa 3.600 persone.

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