L’ARTE CONTEMPORANEA ITALIANA IN CERCA DI PROTEZIONE
Gli italiani sono un popolo di battitori liberi, allergici a fare squadra. Eppure, senza una rete organizzativa e di supporto, anche il nostro bene più prezioso, la cultura, rischia di perdere competitività. Un rapporto, presentato a Roma e realizzato con la collaborazione di Arte Generali, fa il punto della situazione, fissa alcuni obiettivi e indica come raggiungerli
13/04/2022
Oltre a Maurizio Cattelan c’è di più, ma in pochi lo sanno, sia in Italia, sia all’estero. Cattelan è l’artista italiano vivente più conosciuto al mondo: è il protagonista di mostre, inseguito dai collezionisti più facoltosi, rappresentato dalle più importanti gallerie internazionali, e molte sue opere dimorano nelle collezioni permanenti dei più importanti musei d’arte contemporanea del mondo. Eppure non basta. L’Italia non fa sistema, si affida alle singole eccellenze che esporta, ma che paradossalmente non sa valorizzare in casa propria. C’è bisogno di coordinare gli sforzi dei singoli attori del settore, abbattere la burocrazia, riformare le leggi. Una sintesi che si potrebbe applicare a praticamente tutte le industry e i settori italiani, e che si presta perfettamente anche per l’arte contemporanea.
COME FUNZIONA L’ARTE IN ITALIA
Argomento poco conosciuto e portato però in primo piano dal corposo rapporto dal titolo Quanto è (ri)conosciuta l’arte italiana all’estero, a cura di Silvia Anna Barrilà, Franco Broccardi, Maria Adelaide Marchesoni, Marilena Pirrelli e Irene Sanesi, pubblicato dallo studio di professionisti per l’arte e la cultura Bbs-Lombard con il sostegno di Arte Generali.
Lo studio, presentato recentemente allo Spazio Generali Valore Cultura, a Palazzo Bonaparte a Roma, ha come oggetto il funzionamento del sistema di sostegno alla produzione artistica contemporanea nel nostro Paese. L’obiettivo, che è solo un primo passo, è individuare le possibilità di integrazione nel sistema internazionale dell’arte, dando quindi uno strumento di analisi agli attori coinvolti.
Marco Sesana, country manager, ceo di Generali Italia e global business lines, ha sottolineato in apertura della presentazione come la cultura sia da sempre uno “strumento eccezionale per parlare con le persone”. Soprattutto in questo momento di crisi internazionale, Generali vuole porsi come “una fonte di dialogo anche attraverso le iniziative incentrate sulla cultura”. Sesana ha parlato di Valore Cultura, che ha l’obiettivo di dare accesso all’arte a più persone possibili, sia in forma fisica sia digitale: “noi siamo assicuratori – ha detto –, proteggiamo i beni e le persone, ma con questa iniziativa vogliamo proteggere anche le emozioni”.
ANNO 1960: ANNO ZERO
Il rapporto si focalizza sugli artisti nati dopo il 1960, analizzando la presenza delle loro opere nei principali luoghi istituzionali e commerciali dell’arte contemporanea internazionale negli ultimi 10-20 anni. Il report è diviso in due parti: la prima contiene una serie di interviste a 24 curatori e direttori museali sulle potenzialità del sistema dell’arte italiano; la seconda è dedicata all’analisi dei dati e alla mappatura della presenza dell’arte italiana all’estero.
Su 76 musei esteri esaminati l’arte contemporanea italiana è presente in 61 collezioni permanenti, ma sono pochi gli artisti nati dopo il 1960. Marilena Pirrelli, esperta del mercato dell’arte, ha invocato “riforme strutturali che facciano sistema intorno all’arte contemporanea”. Pirrelli, parlando del rapporto, ha spiegato che ci sono una quindicina di artisti italiani molto presenti nelle mostre all’estero (il primo e più conosciuto è ovviamente Maurizio Cattelan), ma i galleristi portano all’estero solo i nomi noti: “non si riesce a far fare il salto di qualità ai giovani o a chi è a metà del percorso artistico: c’è come un gap nelle carriere che devono sbocciare”. Nelle aste internazionali svettano artisti francesi e tedeschi non perché non ci siano validi artisti italiani, ma perché manca il sistema che li fa conoscere e crescere.
ARTISTI SENZA RETE
“Le gallerie straniere – ha sottolineato Franco Broccardi, partner di Bbs-Lombard – fanno fatica a venire in Italia anche per ragioni fiscali. Guardiamo le differenze tra mercato francese e italiano: le aliquote d’importazione delle opere d’arte sono, in Francia, la metà rispetto all’Italia. Dal primo gennaio – ha rivelato Broccardi – in Francia compensano il credito e il debito d’imposta quando s’importano le opere: è un sistema che ha una doppia direzione, un doppio binario. Così si crea un mercato efficiente”.
Ma oltre alle ragioni della burocrazia, il tallone d’Achille dell’arte contemporanea italiana è la solitudine degli artisti, che non hanno una rete che li sorregge. Sarah Cosulich, direttrice della Pinacoteca Agnelli, ha raccontato quanto sia difficile per un soggetto straniero che volesse allestire una mostra con artisti italiani di arte contemporanea reperire le informazioni, contattare gli artisti, banalmente conoscere la scena italiana, perché mancano strutture di riferimento a cui rivolgersi per essere guidati nella ricerca, istituzioni che invece all’estero funzionano. “Occorre creare un’organizzazione che metta in rete anche le realtà più alternative, che propongono l’arte più nuova: realtà quasi sempre autofinanziate che hanno vita breve perché lasciate da sole”, ha sottolineato Cosulich.
Marco Sesana, country manager e ceo di Generali Italia
L’ARTISTA ALL’ESTERO LASCIATO DA SOLO
L’artista Patrick Tuttofuoco ha raccontato la sua esperienza e le sue difficoltà, senza vittimismo, ma facendosi in qualche modo portavoce di una classe di artisti italiani. Artisti che quasi sempre vivono all’estero per riuscire a entrare nei canali giusti e farsi notare dalle gallerie che potrebbero farli emergere. “Ma è difficilissimo essere incisivi all’estero, perché non c’è un ecosistema italiano che ti supporta”, ha commentato. “I curatori, i musei, i galleristi – ha spiegato – preferiscono puntare su un’artista francese, tedesco o inglese perché sanno di poter fare riferimento a un sistema che in quei Paesi funziona e supporta l’arte contemporanea. In Italia è tutto demandato al solista, all’identità personale. Ma è sbagliato fare affidamento soltanto alla capacità dei singoli – ha chiosato – questo atteggiamento lo paghiamo tutti, perché non si fa il bene dell’arte italiana”.
FRANCESCHINI, QUALCOSA SI MUOVE
Eppure, almeno nell’ultimo periodo, l’attenzione delle istituzioni non è mancata. Per il ministro della cultura Dario Franceschini, intervenuto alla presentazione del rapporto, iniziative così “integrano gli sforzi di settore pubblico e privato”. Oggi, ha continuato Franceschini, è “fondamentale sostenere l’arte contemporanea italiana e promuoverla a livello internazionale, soprattutto dopo le difficoltà causate a questo settore dalla pandemia”. Il ministro ha ricordato come in Italia si sia fatto l’errore di non investire abbastanza nell’arte contemporanea, perché si è creduto che “la tutela del passato fosse sufficiente, o comunque prevalente rispetto allo sviluppo del contemporaneo”.
Franceschini ha pertanto ricordato i provvedimenti presi negli anni per sostenere le esportazioni delle opere degli artisti italiani: “sono state cambiate alcune regole – ha detto – e ne saranno cambiate altre”. In ultimo, per stare sull’attualità, il ministro ha citato i due milioni di euro stanziati attraverso le fondazioni culturali pubbliche per finanziarie le residenze artistiche di artisti ucraini che vogliono venire in Italia.
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