COVID-19, LA MEDICINA DELLA FINANZA SOSTENIBILE
Un rapporto di Cerved lancia l’allarme sugli effetti a lungo termine della pandemia: uno scenario particolarmente avverso potrebbe comportare la perdita di posti di lavoro e investimenti. Per evitare ogni rischio, è necessario che tutti, pmi comprese, adottino un approccio più attento alle tematiche esg
10/05/2021
L’economia italiana è ancora malata di coronavirus. I sintomi li ha elencati recentemente un medico di nome Istat: Pil in crollo verticale dell’8,9% nel 2020, balzo del debito pubblico a quota 155,6% del Pil, tasso di disoccupazione in rialzo al 10,2% e 945mila posti di lavoro persi in appena un anno di pandemia. Numeri da malato grave, che non ha ancora superato la fase più acuta della malattia. E che anzi rischia adesso pesanti ricadute. L’allarme è arrivato dal rapporto Italia Sostenibile, prima edizione di un nuovo progetto di ricerca curato da Cerved Group che è stato presentato lo scorso 19 aprile con un evento in diretta streaming: in uno scenario particolarmente severo, stando ai risultati della ricerca, si potrebbero perdere 1,9 milioni di posti di lavoro e 65 miliardi di euro in investimenti per le imprese italiane.
“Il rapporto è il contributo che Cerved vuole dare al Paese per stimolare un approccio data-driven ai problemi della sostenibilità”, ha commentato in apertura Andrea Mignanelli, amministratore delegato della società. “Stimiamo che per effetto del Covid-19 – ha proseguito – il tasso di disoccupazione potrebbe arrivare al 17%, con effetti potenzialmente critici per le province che hanno sistemi sociali più deboli”.
LA MAPPA DELLA SOSTENIBILITÀ
Per la ripresa economica, per restare nel lessico medico a cui ci ha abituato la pandemia, non esiste alcun vaccino. Qualche terapia da seguire, però, potrebbe esserci. Il rapporto consiglia con forza la medicina della finanza sostenibile: secondo la ricerca, per esempio, lo strumento dei mini green bond potrebbe avere un potenziale complessivo di 7,2 miliardi di euro per le imprese italiane.
Il problema è che non tutti sembrano pronti allanovità. Innanzitutto a livello territoriale. Il rapporto, a tal proposito, arriva a disegnare una sorta di mappa della sostenibilità, in cui a ogni provincia è assegnato un punteggio in termini di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Il quadro che emerge è quello di un’Italia a macchia di leopardo, in cui le differenze territoriali si fanno sentire. Al primo posto si colloca Bolzano, seguita a breve distanza da Milano e Bologna, mentre in coda si piazzano soprattutto le province del Mezzogiorno. “C’è un divario di sostenibilità che occorre affrontare”, ha illustrato Enea Dallaglio, partner di Innovation Team, durante la presentazione del rapporto. “Abbiamo rilevato – ha proseguito – ha forte correlazione fra i vari elementi della sostenibilità: ambientale, sociale ed economica”. Detto in altri termini, i territori che vantano performance migliori in ambito ambientale e sociale hanno maggiori possibilità di imboccare la strada della ripartenza.
L’IMPATTO SUI TERRITORI PIÙ FRAGILI
Il rovescio della medaglia, però, è che i territori più fragili faranno anche più fatica a ripartire. Il rapporto, in questo contesto, ha incrociato i dati sulla sostenibilità delle province italiane con le sue previsioni di scenario. In una situazione particolarmente avversa, come visto, la ricerca stima una perdita di 1,9 milioni di posti di lavoro e di 65 miliardi di euro in investimenti. L’impatto, in un’Italia disegnata a macchia di leopardo, non sarà tuttavia uniforme.
Guido Romano, responsabile dell’ufficio studi di Cerved, ha infatti fatto notare che gli effetti economici della pandemia si faranno sentire soprattutto in particolari settori industriali e, di conseguenza, in territori che basano le loro attività proprio su questi settori. Il caso di scuola è quello del turismo. Ebbene, stando alle previsioni del rapporto, anche province con buoni livelli di sostenibilità ambientale e sociale, come Rimini, Aosta o Livorno, potranno risentire degli effetti a lungo termine della pandemia.
PMI, MA POCO ESG
Le differenze non sono tuttavia soltanto territoriali: secondo il rapporto, le dimensioni infatti contano quando si parla di finanza sostenibile. E le piccole e medie imprese italiane, tessuto fondamentale del nostro sistema produttivo, rischiano di essere di fatto escluse da uno strumento, quello appunto della finanza sostenibile, su cui l’Unione Europea sta puntando moltissimo per convogliare risorse verso investimenti più attenti all’ambiente e alla società.
Adottare un approccio più attento alle tematiche Esg (ambiente, società e governance) porta con sé numerosi vantaggi. Innanzitutto, come ha spiegato Romano, “le imprese che hanno ottime performance Esg hanno una più bassa possibilità di default”. E poi essere sostenibili potrà consentire di attrarre maggiormente gli investimenti e, più nello specifico, i fondi messi a disposizione dal Next Generation Eu. Il problema è che le Pmi italiane attualmente sono poco Esg. O, se lo sono, non riescono a comunicarlo abbastanza. “I bilanci di sostenibilità sono obbligatori soltanto per poche aziende e, nella maggior parte dei casi, risultano piuttosto vaghi: solo il 33% presenta chiari obiettivi quantitativi”, ha osservato Romano.
L’IMPEGNO DELLA POLITICA
Quella della sostenibilità non è più dunque soltanto un’alternativa: è ormai una scelta obbligata a cui tutti, anche il più piccolo operatore economico, devono adeguarsi. In caso contrario, c’è il serio rischio di ritrovarsi fuori dal mercato. Lo si è capito anche dalle parole di Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili, intervenuto nelle battute conclusive dell’evento per portare il punto di vista della politica in materia di sostenibilità. “Il cambiamento sta avvenendo già adesso”, ha osservato. E tutti dunque, dalla politica all’economia, devono cambiare.
“Il Pnrr, con un investimento senza precedenti che il governo intende integrare con altri 30 miliardi di euro di fondi nazionali, dedicherà una parte importante proprio agli interventi sulle infrastrutture”, ha commentato. E saranno tutti, ha assicurato, “interventi per infrastrutture sostenibili”. Sul settore c’è moltissimo da fare: il ministro ha ricordato che decenni di bassi investimenti hanno comportato forti ritardi e pesanti disuguaglianze fra le diverse aree del Paese. Adesso, però, le condizioni di fondo sono cambiate. E c’è davvero la possibilità di colmare questo ritardo e di avere, allo stesso tempo, un impatto positivo sulla popolazione. “Le politiche di quantitative easing hanno creato un livello elevatissimo di liquidità”, ha commentato in chiusura. “Adesso – ha concluso – abbiamo la possibilità di convogliare questi capitali pazienti, che non cercano un rendimento nel breve termine, in interventi infrastrutturali che possono avere un impatto positivo a livello ambientale, sociale ed economico”.
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