ITALIA, SE SCOMPAIONO I TERRENI AGRICOLI
La vegetazione spontanea sta crescendo a discapito delle aree rurali che si stanno spopolando, mentre le città si espandono. Il primo rapporto Ispra sul territorio nazionale mostra le criticità di una dinamica che mette a rischio biodiversità e tenuta del suolo
14/02/2019
Per avere un’idea chiara dei rischi naturali in Italia non basta mappare il dissesto idrogeologico: occorre un’analisi completa che fotografi l’intero territorio italiano abbracciandone tutte le diversità e soprattutto comprendendone i mutamenti nel corso degli anni. È stato questo il ragionamento alla base dell’elaborazione del primo rapporto Territorio. Processi e trasformazioni in Italia, redatto dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) con l’obiettivo di rappresentare e analizzare le principali trasformazioni del territorio italiano. Il rapporto è uno strumento di lavoro per tutti quegli operatori che si occupano di valutare lo stato e le trasformazioni geografiche del Paese, ma potrebbe essere, qualora fosse mai preso in considerazione dalla politica, anche una guida per sviluppo di policy efficaci per la protezione del suolo, delle persone, delle aziende e del paesaggio.
PIÙ ALBERI MA MENO BIODIVERSITÀ
Alcuni numeri del rapporto di Ispra non sorprendono: dagli anni 50 a oggi, si legge, le aree artificiali sono cresciute del 180%. Si tratta delle infrastrutture di trasporto, create soprattutto dal dopoguerra fino agli anni 70, ma anche costruzioni private o altri tipi di edificazioni che hanno coperto un’ampia fetta di territorio nazionale.
Nonostante questo dato, che non sorprende più di tanto, l’Ispra certifica una tendenza interessante e contraria: un aumento complessivo del verde. In particolare, per quanto riguarda gli alberi, dal 2012 al 2017 sono aumentati del 4,7% arrivando a occupare circa 14 milioni di ettari. Si tratta di un evento che riguarda soprattutto le zone definite marginali del Paese ed esclude le città. L’espansione delle aree con gli alberi, tuttavia, fa notare il rapporto, non si accompagna a un aumento della biodiversità, anche a causa dell’ingresso, avvenuto negli ultimi anni, di specie aliene e invasive.
SICUREZZA ALIMENTARE E SPOPOLAMENTO
A fronte di questo dato, occorre aggiungere, però, che nello stesso periodo le aree con vegetazione erbacea agricola o adibite al pascolo si sono ridotte del 4%, per far posto a nuove zone urbane o, appunto, ad aree boschive. Questa trasformazione porta con sé una conseguenza diretta anche per la salute delle persone, giacché un tempo l’area agricola separava nettamente le città dai boschi e teneva al riparo molte aree interne da rischi di contaminazione, cosa che rischia di compromettere la sicurezza alimentare.
In altre parole, l’Italia presenta zone sovrasfruttate, dove si concentrano grandi aree urbane, importanti infrastrutture e agricoltura intensiva, accanto ad altre totalmente trascurate, colpite da spopolamento e abbandono.
UN ECOSISTEMA PIÙ VULNERABILE
Questa dinamica è tra le principali cause del cambiamento del territorio non solo nel nostro Paese, ma anche in Europa, dove la progressiva diminuzione della superficie destinata all’uso agricolo è spesso indipendente dalla fertilità o dalla produttività dei terreni. Le zone coltivate sono abbandonate nelle aree pianeggianti del Paese, dove l’espansione urbana chiede prepotentemente spazio, mentre la ricolonizzazione forestale coinvolge soprattutto i rilievi, le colline, l’arco alpino e appenninico anche alle quote più elevate.
Parallelamente a questi fenomeni, le pratiche di intensificazione agricola, come la meccanizzazione e l’utilizzo di tecniche di coltivazione, di irrigazione, di fertilizzazione e di difesa fitosanitaria, concentrate nelle aree di pianura, determinano profondi mutamenti. Queste pratiche, fa notare Ispra, contribuiscono al degrado della qualità, rendendo l’ecosistema più vulnerabile ai cambiamenti climatici.
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I PROBLEMI DI UN TERRITORIO FRAMMENTATO
Nonostante negli ultimi 10 anni il consumo di suolo abbia subito un netto rallentamento, principalmente a causa della crisi economica, circa 5.400 ettari di aree naturali e agricole sono state cancellate nel solo 2017, per far posto a costruzioni. Lombardia, Toscana, Lazio, il Salento e la fascia costiera adriatica, ligure, campana e siciliana sono state le zone più colpite. Nelle aree pianeggianti, il 23% della superficie nazionale, vive circa la metà della popolazione italiana.
Guardando al dettaglio regionale, la Lombardia ha il primato di consumo del territorio, con 310.156 ettari, pari al 12,99% della sua superficie, cosa che ha causato anche la frammentazione degli habitat e del paesaggio. Questo processo di parcellizzazione del territorio in porzioni più piccole, in definitiva, contribuisce alla riduzione della funzionalità del suolo, limitando così la resilienza ai cambiamenti ambientali e favorendo il dissesto idrogeologico.
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